Federico Piana – Città del Vaticano
In Ucraina, la Chiesa greco-cattolica, che come la comunità ortodossa segue il calendario giuliano, domani celebrerà la Pasqua. Sarà una solennità vissuta nel dolore più profondo ma anche nella speranza più luminosa, nonostante morte e devastazione abbiano messo in ginocchio il Paese. Prova concreta, sono i numerosi racconti che testimoniano come quasi nessuno abbia voluto rinunciare ai riti della Settimana Santa, che si è svolta in un clima di tensione: i più fortunati lo hanno fatto recandosi nelle chiese rimaste aperte, gli altri hanno utilizzato i social, anche se si sono dovuti collegare rintanati nei bunker.
Le celebrazioni attraverso i social
A Kiev, dopo settimane di assedio e distruzione, non ci sono rimasti tanti abitanti e molti meno sono i fedeli greco-cattolici: in migliaia sono fuggiti in zone più sicure del Paese, altri all’estero. “Molti sacerdoti e parroci – racconta don Maxim Ryabukha, un salesiano che opera nella capitale ucraina – hanno organizzato alcuni ritiri spirituali online per i fedeli sparsi nel mondo. E questa modalità è stata utilizzata per le celebrazioni della Settimana Santa e lo sarà anche per il giorno di Pasqua: tutto è affidato ai social”. Nelle parrocchie, le funzioni religiose non sono state cancellate ma per i pochi fedeli rimasti è molto complicato partecipare, quasi impossibile. Non solo c’è il pericolo delle bombe ma anche l’estremo disagio per i trasporti ridotti che triplicano i tempi di spostamento, soprattutto per gli anziani. “La possibilità di sentire il Signore vicino in questi momenti di grande prova, porterà una speranza molto profonda. Nella Pasqua, la vittoria appartiene alla vita, non alla morte: di questo dobbiamo esserne certi” assicura don Maxim, con una voce piena di fede.
Le zone più sicure
La storia che giunge da Dnipro, città a poco meno di 200 chilometri dalla regione del Donbass, racconta di una Pasqua preparata senza paura, nonostante, nelle scorse ore, i bombardamenti si siano intensificati. Don Oleh Ladniuk è un sacerdote che ha accettato di mettere a repentaglio la propria vita facendo la spola tra Dnipro e il Donbass per consegnare aiuti alla popolazione locale e portare indietro i profughi che cercano di scappare dagli orrori e dalla disperazione. “Nelle chiese delle zone più sicure, le celebrazioni nel giorno di Pasqua sono previste” dice il religioso, secondo il quale, però, bisognerà vedere “se tutti i fedeli avranno il coraggio di partecipare perché qui la situazione è molto pericolosa. I posti affollati sono gli obiettivi preferiti dai bombardamenti”.
Sulla linea del fronte
La cura pastorale di don Oleh si spinge fino alla linea del fronte, dove ci sono uomini e ragazzi che mai avrebbero pensato di imbracciare un fucile invece di festeggiare la Pasqua in famiglia accanto ai propri figli o ai propri genitori. A loro, e a molti civili che non hanno voluto abbandonare le proprie case, don Oleh e due suoi confratelli stanno portando pietanze pasquali tipiche: un pane speciale e vari piatti di carne. “Non possiamo fare di più: purtroppo sulla linea del fronte non possono esserci celebrazioni, è davvero rischioso. Per il giorno di Pasqua potremo solo fare una piccola preghiera e benedire la gente” ammette il religioso, con profonda amarezza.