Guglielmo Gallone e Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
“I segnali che arrivano dai negoziati di ieri possono essere considerati positivi”: è questa la dichiarazione del presidente ucraino Zelensky al termine del vertice tra Kiev e Mosca in Turchia. Il Cremlino ha detto di non essere contrario all’ingresso dell’Ucraina nell’Unione Europea. Intanto, per ora, nessun progresso sul cessate il fuoco, anche se Mosca sembra aver cambiato la strategia militare: le attività belliche vicino a Kiev e Chernihiv sono state interrotte. Sia la Russia sia l’Ucraina hanno tuttavia chiarito che la de-escalation non significa un cessate il fuoco. Gli scontri sul terreno non accennano a fermarsi: edifici residenziali sarebbero stati bombardati nella regione di Luhanks, a est di Odessa i missili hanno colpito un edificio amministrativo, ci sarebbero almeno 7 morti e 22 feriti, mentre una giornalista ucraina è stata arrestata a Zaporizhya. Sul fronte diplomatico, gli incontri dovrebbero proseguire con l’istituzione di un sistema di sicurezza garantito da più Paesi e con negoziati a parte sullo status di Crimea e Donbass, obiettivi principali del Cremlino. Infine, ieri il presidente francese Macron ha avuto un colloquio telefonico con il presidente russo Putin per l’evacuazione dei civili da Mariupol.
Negoziati in Turchia: un’occasione per la pace
Anche in questi colloqui di Istanbul, su cui si proiettano le speranze di pace della comunità internazionale, si parte da posizioni distanti: all’Ucraina interessa l’intangibilità della capitale Kiev, per concrete ragioni strategiche, ma anche simboliche; la Russia sembra puntare su Mariupol, sul Mar Nero, per poi puntare su Odessa, in modo da conquistare tutta la fascia costiera. Questo l’analisi d Fulvio Scaglione, esperto di questioni internazionali.
Sull’aumento delle spese militari, che diversi Paesi europei hanno annunciato, Scaglione esprime grosse perplessità. “Si tratta di Paesi che fanno tutti già parte della Nato, che ha già un efficiente apparato militare – afferma Scaglione – e quindi la cosa a comprare le armi di ogni singolo Stato sembra assurda”. Interruzione della guerra e della morte di civili o sconfitta della Russia: per Scaglione si stanno confondendo questi due obiettivi, laddove è il primo quello su cui veramente devono concentrarsi gli impegni della comunità internazionale. Il ritiro delle truppe russe deve essere una precondizione in vista di qualsiasi accordo, perché di fatto questa guerra, dopo un mese di bombardamenti e di vittime, non ha cambiato nulla. Sembra – conclude – ci si trovi nella stessa situazione del giorno prima dello scoppio del conflitto.