Benedetta Capelli – Città del Vaticano
Sono parole di gratitudine quelle che l’arcivescovo maggiore di arcivescovo maggiore di Kiev-Halyic, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, rivolge a a Papa Francesco dopo la luce gettata, domenica al Regina Coeli, su quanto sta accadendo in alcune aree dell’Ucraina orientale. Il Pontefice aveva manifestato “grande inquietudine” per “l’incremento delle attività militari” e le molte violazioni del cessate-il-fuoco registratesi negli ultimi mesi.
Una preoccupazione condivisa anche dall’Unione Europea che sta perseguendo la via del dialogo e della diplomazia. Una situazione molto “allarmante” e “preoccupante”, si rischia un’escalation e pertanto “bisogna disinnescare le tensioni”, afferma l’Alto rappresentante dell’Unione Europea Borrell, che rende nota la presenza al confine tra Russia e Ucraina di 150 mila soldati russi. Sulla vicenda anche l’intervento del Pentagono che ha espresso “seria preoccupazione”.
“Auspico fortemente – aveva detto il Papa al Regina Coeli – che si eviti l’aumento delle tensioni e, al contrario, si pongano gesti capaci di promuovere la fiducia reciproca e favorire la riconciliazione e la pace, tanto necessarie e tanto desiderate”. Proprio da queste parole prende spunto a Vatican News Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk:
R. – Siamo veramente grati al Santo Padre anzitutto per l’empatia e per la preghiera per l’Ucraina, per il nostro popolo così addolorato perché nuovamente viviamo adesso un momento di grande paura. Questa paura è causata da due cose. Una tregua che è durata da quasi un anno e che purtroppo adesso sta cadendo, si intensificano gli spari e gli scontri militari in Ucraina orientale. E questa è veramente una tragedia perché noi speriamo tanto che si possa fermare la guerra, che si possa veramente trovare una soluzione politica, diplomatica, di questo conflitto perché tutti sappiamo che non esiste una soluzione militare di questa situazione. La seconda causa di questa paura della gente ucraina è la fortissima concentrazione delle truppe russe sul confine dell’Ucraina. E si teme un’invasione diretta di questo esercito sul territorio ucraino. E tutto questo succede nel contesto della pandemia. Viviamo un’ondata molto forte della pandemia di coronavirus, adesso in Ucraina, perciò viviamo un momento di grande paura. La solidarietà del Santo Padre, l’attenzione che lui ha chiamato verso le nostre sofferenze, fa nascere sentimenti di profonda gratitudine per il Santo Padre, per la sua preghiera e per il suo appoggio al sofferente popolo ucraino.
Papa Francesco al Regina Coeli ha lanciato un appello perché si abbia a cuore la grave situazione umanitaria in cui versa quella popolazione. Qual è la situazione?
R. – La situazione umanitaria in questa zona sta peggiorando perché prima della pandemia di Covid esistevano punti di passaggio, la gente poteva muoversi dalla parte occupata alla parte controllata ucraina. Gli anziani potevano venire per ritirare le loro pensioni. Gli aiuti umanitari potevano essere inviati in questa zona. Ma con l’esplosione del coronavirus tutti questi punti di passaggio sono stati chiusi. La gente è intrappolata in questa zona. Il contagio cresce, la possibilità di mandare gli aiuti umanitari, anzitutto le medicine, il cibo per coprire i bisogni fondamentali di questa gente è quasi impossibile. A questo si aggiungerebbe ancora uno scontro militare… Sarebbe una tragedia, dal punto di vista umanitario per questa gente che si sente veramente dimenticata, strumentalizzata, impaurita.
Quale l’appello che vuole lanciare perché si favorisca la riconciliazione e la pace?
R. – No alla guerra! Deponete le armi! Come diceva il Santo Padre Francesco, con la guerra non si guadagna nulla ma si perde tutto. Che la ragione, il dialogo, anche quello diplomatico, prevalga sulla tentazione di usare le armi per risolvere qualsiasi problema dal punto di vista politico internazionale. Noi rappresentanti delle chiese e delle organizzazioni religiose in Ucraina – adesso io sono il presidente del Consiglio delle Chiese – abbiamo firmato un appello per la pace soprattutto nel tempo pasquale, perché tra due settimane festeggeremo la Pasqua ortodossa in Ucraina e come Chiesa greco-cattolica seguiamo il calendario giuliano, perciò per questo tempo pasquale vogliamo che la pace prevalga, che i canti pasquali, la voce delle campane, prevalgano sugli spari, sull’uso delle armi. Questo è l’appello, questa è la preghiera, questa è la nostra volontà, il nostro più profondo desiderio: che la pace prevalga, no alla guerra, che le truppe siano ritirate e le persone possano vivere degnamente e ricevere anche l’aiuto di cui hanno bisogno.