Chiesa Cattolica – Italiana

Ucraina, Prodi: la guerra si poteva evitare. La pace si costruisce con la cultura

Antonella Palermo – Città del Vaticano

“È vero che l’Ucraina non è direttamente sul Mediterraneo, ma lo è attraverso il Mar Nero; e La Pira diceva che fino agli Urali è tutto Mediterraneo, perché questo mare abbraccia tre continenti e più di venti nazioni”, è quanto ha detto ieri il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, aprendo a Firenze i lavori dell’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” che vede riuniti una sessantina di vescovi e che domenica prossima si concluderà con la presenza di Papa Francesco nel capuologo toscano.

La cultura come strumento di convivenza pacifica

“Siamo in un momento di profonda crisi, anche per quello che sta succedendo in Ucraina: dal punto di vista della provvidenza di Dio diventa ancora più necessaria questa nostra azione di pace”, ha ancora dichiarato Bassetti, che ha inoltre evidenziato il beneficio che potrà nascere dal complementare Forum dei sindaci del Mediterraneo che si ritrovano, da domani sempre a Firenze, per confrontarsi e firmare – insieme ai presuli – una Carta comune di intenti per il bacino del mare nostrum. “I vescovi porteranno quelli che sono gli effetti dell’annuncio del Vangelo – ha aggiunto Bassetti – i sindaci ci mostreranno la situazione concreta dei popoli che essi rappresentano. Il confronto tra vescovi e sindaci, nella sintesi che farà il Papa, credo che sia un momento provvidenziale che va al di là di Firenze e del Mediterraneo”. 

Oggi i vescovi si confrontano sul tema: “Quali diritti per le comunità religiose nella città?”, mentre all’apertura dei lavori tra i sindaci si approfondirà il tema della crescita culturale e della cooperazione tra le città del Mediterraneo. In particolare, si farà il punto su come favorire progetti in ambito culturale tra città e Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, per una cultura che sia veicolo di crescita economica e sociale e quindi strumento di stabilità e convivenza pacifica. Tra i relatori, il professore Romano Prodi, già Presidente della Commissione Europea, che abbiamo intervistato: 

Ascolta l’intervista con Romano Prodi

Come non parlare della crisi ucraina…Lei come vede, la situazione? Si poteva evitare di arrivare a questo punto?

Non si poteva, si doveva! Io sono rimasto assolutamente sconvolto dall’evoluzione dei fatti perché erano in programma, alcuni in modo certo, altri in modo indefinito, incontri diplomatici che io pensavo avrebbero potuto trovare un compromesso. Quindi, la mia risposta è molto semplice: si poteva e si doveva evitare. Questo dà il via a tensioni, sanzioni, sofferenze. Ecco, è il peggio che ci si poteva aspettare in questa fase. 

Come vede oggi il ruolo dell’Europa e dell’Onu di fronte a questa crisi?

Trovo l’Onu particolarmente debole in questa fase storica, mi auguro solo che sia un po’ meno debole. Non ho elementi… Ormai nell’Onu è tutto passato al Consiglio di Sicurezza dove la Russia ha diritto di veto. In una situazione di questo genere farà ben poco. In base alla mia esperienza, l’Onu ha fatto cose bellissime soprattutto nei piccoli conflitti, ha evitato certamente stragi e sofferenze. Quando il conflitto tocca qualcuno dei ‘grandi’, l’Onu non esiste più. L’Unione europea ha una solidarietà maggiore di quanto non abbia avuto in passato, ma ha situazioni diverse da Paese a Paese. Ha Paesi che dipendono totalmente dal gas russo, Paesi che ne sono quasi totalmente indipendenti. C’è un comune sdegno riguardo all’azione compiuta dal presidente russo, ci sarà una notevole differenziazione quando si parlerà di sanzioni. La guerra generale, a mio parere, non verrà perché nessuno ha interesse a farla. Intanto è partita la guerra parziale. 

A Firenze si parla di dialogo culturale e cooperazione tra le città del Mediterraneo. Quale è la sua proposta?

L’idea è semplicissima, io la esposi vent’anni fa in Commissione europea ma fu bocciata. Parto da una constatazione semplice: il Mediterraneo è una tragedia. Tensioni all’interno di Paesi, tra Paesi, interferenza di potenze straniere, tensioni di tipo religioso e politico… Il Mediterraneo in passato ha avuto momenti di tensione e momenti di pacifica convivenza. Noi dobbiamo passare proprio da momenti di tensione a momenti di pacifica convivenza che in passato era fatta tanto dal mescolamento di persone.

Decine di migliaia di italiani vivevano ad Alessandria d’Egitto, Aleppo, Tripoli… Nello stesso impero ottomano avevamo ebrei, cristiani, musulmani che giocavano assieme… Oggi questa unità si ricostruisce soltanto se noi abbiamo il coraggio di mettere insieme le nuove generazioni. Il modo non è fare un’associazione di piccoli commercianti o di pescatori, utilissime. Ma non cambiano il mondo. Il mondo cambia se i ragazzi studiano assieme. E allora, il progetto all’epoca era molto semplice: creiamo 20-30 università miste: una sede a Catania, una a Tripoli, una a Barcellona, una a Rabat… Miste vuol dire non, per esempio, una università di Napoli con la sede a Tripoli, ma vuol dire con due sedi di pari autorità, con tanti professori del nord e tanti del sud, tanti allievi del nord e tanti del sud, tanti anni di studi al nord e tanti anni al sud. Con un centinaio di migliaia che frequentano queste università cominceremo a costruire la comunità del Mediterraneo. E’ una idea molto semplice, costosa, ma molto meglio dei pattugliamenti.

“Il mondo cambia se i ragazzi studiano assieme”

E’ chiaro che a questo punto ci vuole una responsabilità dell’Unione europea. Ci vuole una unione di tutti i Paesi interessati a esser sede di queste università. Naturalmente, nel bilancio europeo questo incide niente. Quando la proposi io, i Paesi del nord non erano interessati, mi dissero che era denaro buttato. Oggi c’è una coscienza diversa, dopo le migrazioni, dopo la Libia, la coscienza è che il Mediterraneo è casa nostra, è casa di tutti. C’è davvero un mutamento radicale, e quindi secondo me è possibile, bisogna che ci lavoriamo tutti. 

Presidente, il Papa più volte ha invocato la convivenza pacifica tra popoli e culture, ha implorato sforzi per favorire il dialogo tra le nazioni. Perché il suo appello fa così fatica a entrare nelle volontà e nell’azione politica dei governanti?

Perché si pensa sempre solo ai problemi di oggi. E allora si fa il pattugliamento perché ci sono oggi gli emigranti, non si pensa al cambiamento della società. La politica ha lo sguardo corto, la democrazia lo sguardo sempre più corto. 

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