Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
Occorre continuare a pregare per la pace in Ucraina. È l’invito di monsignor Gian Carlo Perego, arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Presidente della Commissione per le Migrazioni della Conferenza Episcopale Italiana e della Fondazione Migrantes. Il presule si rivolge a tutte le Chiese del Paese chiedendo di accompagnare gli sforzi della diplomazia dopo il nuovo appello del Papa all’Angelus di domenica scorsa, attraverso l’orazione. “Quella di Francesco è una preoccupazione condivisa dai vescovi italiani così come dalla Chiesa ortodossa”, dice, precisando che sono continui i contatti con i rappresentanti dei circa 2.000 italiani emigrati in Ucraina e con l’esarcato apostolico d’Italia, sede della Chiesa greco-cattolica ucraina. “In molte diocesi – spiega monsignor Perego – sono presenti diversi sacerdoti ucraini i quali rappresentano un veicolo importante attraverso il quale ogni giorno abbiamo la percezione della gravità della situazione”.
La richiesta della pace avvicina le Chiese sorelle
La comunità ucraina in Italia conta oltre 250 mila persone. “Si tratta del quinto paese come numero di presenze fra immigrati, famiglie, ma anche comunità religiose che in questi giorni si stanno unendo alla preghiera per la pace”. C’è evidentemente una dimensione ecumenica in questa incessante richiesta di intercessione rivolta al Signore. “Il timore della guerra è diventato un motivo in più che ci avvicina alle nostre Chiese sorelle”, aggiunge il presidente della Fondazione Migrantes riflettendo sul ruolo della Chiesa nella società.
Migranti, un banco di prova
Il tema dei migranti rappresenta uno dei banchi di prova di questa relazione, come conferma anche l’incontro dei vescovi e dei sindaci del Mediterraneo che il prossimo 27 febbraio vedrà la presenza di Papa Francesco. “Speriamo possa diventare un’occasione perché la politica si riappropri della questione migratoria”, afferma il presule auspicando “che si possa chiudere quell’accordo disastroso con la Libia e che invece si possa aprire un’attenzione profonda verso i corridoi umanitari di cui il Mediterraneo diventa una delle strade principali”. Il punto chiave – aggiunge – “è che l’Europa riaffermi la propria presenza nel Mediterraneo facendo in modo che questo mare diventi non un muro, ma una strada per riconoscere il diritto di asilo a molti rifugiati che lo attraversano, provenienti sia dall’Asia e sia dall’Africa”. Un processo complesso che a ben vedere parte dalle nostre comunità. Ed è proprio questo il tema dell’appuntamento di Firenze. Appuntamento che rappresenta una tappa significativa del percorso sinodale. “Il sinodo non è semplicemente un evento che guarda all’interno della vita della Chiesa, ma è un camminare assieme. E quindi diventa anche un’occasione importante per un rapporto nuovo fra la Chiesa e la società. Ecco perché a Firenze il tema della città diventa un tema ecclesiale profondo”.