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Se la nostra azione può aiutare noi siamo lì. E’ quanto sottolinea il cardinale Pietro Parolin, in un’intervista a Tv2000, la televisione della Conferenza episcopale italiana. Il segretario di Stato ribadisce che la prima cosa da fare è “fermare le armi”, “fermare i combattimenti, ma soprattutto evitare una escalation”. “La prima escalation – afferma il cardinale – è proprio quella verbale. E quando si comincia ad usare certe parole, certe espressioni, queste non fanno altro che accendere gli animi e portano quasi, direi, naturalmente, insensibilmente anche, all’uso di ben altri mezzi, che sono le armi micidiali che vediamo in azione in questo momento in Ucraina”.
Nell’intervista Parolin ricorda che “l’intervento della Santa Sede si colloca a più livelli”, a partire da quello religioso con l’invito a “un’insistente preghiera perché il Signore doni la pace a quella martoriata terra” e nel “coinvolgere i credenti in questa preghiera corale”. C’è poi l’intervento umanitario, attraverso le Caritas e le diocesi “impegnate nell’accogliere, come tante altre istituzioni, i profughi che vengono dall’Ucraina”. Infine “c’è la disponibilità di iniziative sul piano diplomatico. Ci sono già vari tentativi – spiega – che si stanno svolgendo in giro per il mondo e quindi noi siamo disponibili, se è ritenuto che la nostra presenza e la nostra azione può aiutare, noi siamo lì”.