Antonella Palermo – Città del Vaticano
Disumani! E’ il grido inconsolabile di Olga, signora ucraina paralizzata dalla paura, dal centro del Paese sotto assedio russo. E’ tornata nei suoi luoghi di origine dopo cinque lustri passati in Italia. L’abbiamo conosciuta una decina di anni fa, in occasione di una sorta di pellegrinaggio radiofonico della nostra emittente, condotto in chiave ecumenica e interreligiosa nei santuari francescani della valle reatina. Partecipò anche lei, ortodossa, fu un cammino all’insegna del dialogo e della pace.
E’ un disastro
Adesso la pace sembra un miraggio per lei, in questi giorni bui. La invoca con le lacrime. “Ora c’è l’allarme aereo”, dice a una prima telefonata. Risponde più tardi, trova un poco di calma e paragona Kharkiv, Kiev, Melitopol’ ad Aleppo, in Siria, “dove sono rimaste solo macerie”. Ripete che “è un disastro” e grida: “A noi serve la pace! Il mio appello, come semplice cittadina ucraina, è che vogliamo la pace”. “Il cuore si spezza per quello che gli invasori hanno fatto alle nostre città. Per favore!”.
Dormiamo con i piumini e gli stivali
Olga ha una sorella che abita a 150 chilometri, a Dnipro. “Lei sente le bombe, tutto trema. Ogni volta che suona l’allarme non ci sentiamo pronti; dormiamo con gli stivali e il piumino. Tutti corrono, passano di qua per andare verso la Polonia e altri Paesi”. Lei non pensa di andarsene: “Per ora no. L’unica cosa è rimanere in Ucraina per aiutare gli anziani, i bambini, i militari”. Tante donne si adoperano per fabbricare artigianalmente mimetiche per gli uomini al fronte. Si fanno forza reciprocamente. E’ il paradosso ‘bello’ della guerra: “Siamo uniti, c’è tanta solidarietà, una catena di aiuto. Il popolo protegge ciascuno”. E lo percepiscono quando si incontrano per mandare pacchi da destinare ad altre città.
Tra rabbia, disperazione e canto
Olga si dà coraggio e cita il suo presidente, Zelensky: “Il nemico può distruggere i muri delle nostre case, delle nostre chiese, delle nostre imprese ma non arrivarerà mai alla nostra anima, al nostro cuore, alla nostra capacità di vivere liberamente”. Come fai a distrarti dalla paura? “Scrivo poesie”, dice dopo aver ricomposto l’emozione. Confida, tuttavia, che tutto è difficile. Concentrarsi, soprattutto, perché “il cervello non accetta questa cosa. Un giorno piango per disperazione, l’altro arriva una rabbia atroce. Non c’è ragionamento che tenga”. Mi invia un video traballante con decine di donne che cantano con la mano al petto, la rincuora. Ci risentiremo, Olga.
Porre in salvo i vulnerabili
Olga ricordava i piccoli che vivono senza i genitori: sono quasi 100 mila in Ucraina, secondo le stime, e rischiano, più degli altri, di non avere vie di fuga protette dai luoghi di conflitto e ai confini. L’Ucraina ha un alto tasso di minori affidati alle istituzioni (1,3%). “Molti di loro sono oggi a rischio di divenire vittime dirette di un conflitto che non risparmia nemmeno scuole e orfanatrofi, o di cadere in circuiti di sfruttamento”, denunciano dal Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR) e da Save the Children, che hanno organizzato un trasferimento in sicurezza di minori profughi dal confine polacco con l’Ucraina all’Italia. “L’impegno deve essere corale”, è l’appello che si leva dalle organizzazioni sul campo.