Michele Raviart – Città del Vaticano
Fin dai primi giorni della guerra in Ucraina la Basilica di Santa Sofia, nella zona di Boccea a Roma, la “chiesa degli ucraini”, è stata il punto di riferimento nella capitale italiana per gli aiuti a chi sta soffrendo e fuggendo dalle proprie case a causa dei combattimenti. Una grande prova di solidarietà, alla quale purtroppo sono seguite false notizie circondate sui social, che parlavano della fine della raccolta degli aiuti. Una circostanza smentita dallo stesso rettore della Basilica, don Marco Yaroslav Semehen, che ha ribadito come sia ancora necessario raccogliere cibo e medicinali da inviare nel Paese in guerra.
Trenta i camion di aiuti partiti finora
Finora sono arrivati in Ucraina circa trenta camion, diretti principalmente verso le città di Leopoli, Ternopil’ e Sambir. “Un camion è arrivato a Kiev, anche se non volevamo”, racconta il portavoce di Santa Sofia Mykhaylo Duminskyy, “ma l’autista, che non era ucraino, aveva questa grande volontà di aiutare le persone che erano bloccate nella capitale. Adesso non lo facciamo più perché è molto pericoloso. I camion infatti arrivano nelle grandi città e vengono divisi in piccoli pullman e vengono spediti in tutta l’Ucraina, dove ci sono bombardamenti e attacchi. In alcuni posti gli aiuti sono arrivati anche via treno”.
Ucraini e italiani uniti insieme per aiutare
Rispetto all’inizio della guerra, la raccolta degli aiuti ora è molto più organizzata, grazie all’aiuto della gente. “Metà dei volontari sono ucraini e metà sono italiani”, spiega Duminskyy, “tanti sono scout e volontari della protezione civile. Adesso abbiamo una grande tenda, come quelle da circo e possiamo liberare la piazzetta davanti la Chiesa”.
Cibo e medicinali
Rimane alta la necessità di cibo e medicinali. “Rispetto al bisogno quello che mandiamo è poco, però sono in tanti a ricevere gli aiuti, anche gli ospedali”, sottolinea Mykhaylo Duminskyy,. “La lista cerchiamo di aggiornarla ogni due-tre giorni. Prima di chiedere, cerchiamo di verificare le richieste perché in Ucraina ci sono tante persone che soffrono di malattie rare. Persone che non hanno più accesso a medicinali particolari e adesso li chiedono a noi”. È ferma per ora, invece, la raccolta di indumenti: “non perché non ce ne sia bisogno, ma perché dovevano essere igienizzati prima di essere spediti”. Quelli arrivati finora, spiega ancora Duminskyy, servono qui per le tante persone che vengono in Italia. “Per esempio, in questi giorni è arrivata una famiglia con una bambina di sei mesi. Sono arrivati in Italia con dei vestiti molto pesanti. La bambina aveva una tuta da doposci ed era caldissima e lei piangeva perché sudava e i genitori sono andati subito a scegliere una cosa più leggera tra quelle che avevamo”.
Aiuti che arrivano dal cuore
“Volevamo ringraziare ogni persona, soprattutto per la preghiera”, sottolinea il portavoce Duminskyy a nome di tutta la Basilica di Santa Sofia. “Ho sentito tante testimonianze dai luoghi di guerra e dei bombardamenti, con la gente che mi diceva di sentire una protezione da Dio. Ci sono dei missili che colpiscono palazzi abitati, ma non esplodono e sono proprio cose difficili da spiegare con la logica umana”. “Vogliamo ringraziare ogni persona, chi prega, chi aiuta in ogni modo, o portando aiuti, o dando una mano qui a sistemare. Vogliamo ringraziare anche le aziende che portano sostegno ai bambini e ai malati. Veramente un grande ringraziamento di cuore, perché tutto quello che vediamo qui non può essere che portato dal cuore”.