Antonella Palermo – Città del Vaticano
Nonostante i timidi segnali di dialogo per la soluzione della crisi in Ucraina, rimane forte il timore che la situazione possa sfociare in un’invasione del Paese ex sovietico da parte della Russia. Lo afferma il presidente americano, Joe Biden, dopo il parziale ritiro delle truppe russe dal confine con l’Ucraina. L’azione di Mosca è avvenuta prima del colloquio tra il cancelliere tedesco Scholz e il presidente russo Putin. Intanto “l’Ue condanna fermamente la decisione della Duma di Stato russa di presentare un appello al presidente Putin affinché riconosca le aree non-governative controllate di Donetsk e Lugansk in Ucraina come entità indipendenti. Questo riconoscimento sarebbe una chiara violazione degli accordi di Minsk”. Lo dichiarava ieri in un tweet l’Alto rappresentante dell’Ue per la Politica estera, Josep Borrell, aggiungendo: “Il sostegno e l’impegno dell’Ue per l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina all’interno dei suoi confini internazionalmente riconosciuti rimangono incrollabili. Esortiamo la Russia a mantenere i propri impegni e ad adoperarsi in buona fede nell’ambito del formato Normandia e del Gruppo di contatto trilaterale”. Da parte sua, il presidente russo, Vladimir Putin, in conferenza stampa con il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, dopo i colloqui al Cremlino, ha affermato: “Non accetteremo mai l’allargamento della Nato fino ai nostri confini, il contenimento della Russia è percepito da noi come una minaccia alla sicurezza nazionale”. Ha detto peraltro di voler “continuare a lavorare” con i Paesi occidentali sul tema della sicurezza europea, mentre – attraverso le parole di Scholz – da Kiev ci sarebbero state promesse nei progressi del negoziato.
“La vita cristiana è condivisione, non cultura di morte”
“Siamo molto preoccupati della situazione, c’è una pressione altissima. Non possiamo fare altro che pregare, sempre con la speranza che i nostri leader politici possano trovare una soluzione diplomatica”: è quanto dichiara ai nostri microfoni monsignor Dionisij Liahovytch, vescovo cattolico degli ucraini in Italia.
“La logica imperialistica è causa di tutto”, aggiunge il presule che denuncia: “È un passo indietro; invece di fare un passo avanti, di dialogare, si fa il contrario”. Sottolinea inoltre che l’Ucraina è l’unico Paese davvero democratico dell’antica Unione sovietica: “Questo non va bene agli occhi degli altri. E allora c’è voglia di distruggere”. Poi chiosa riprendendo le recenti dichiarazioni del nunzio apostolico a Kiev a proposito dei venti di guerra e asserendo di appoggiarle “totalmente”. “La vita cristiana è aiuto, partecipazione, condivisione, è dare la vita per l’altro, non togliere la vita”, ci dice Liahovitch. “Abbiamo già avuto l’esperienza di chi ha tolto il pane dalla bocca degli ucraini, quasi 7 milioni di persone sono morte di fame. La storia allora si ripete. La democrazia è anche il pane per il Paese, allora non si può definire cristiano chi predica la cultura della morte e della guerra”.
Donne ucraine in Italia: la preghiera, l’unica ‘arma’ che abbiamo
La comunità degli ucraini in Italia, per lo più donne, è molto consistente. Abbiamo raccolto la testimonianza di alcune di loro, che esprimono tutta l’apprensione per i familiari e gli amici del loro Paese di origine, da cui si sono dovute allontanare per cercare altrove opportunità migliori di studio o lavoro: Tetiana Bratishko, la mamma del nord dell’Ucraina e il papà del sud, nel 2004 si è trasferita in Italia dove si è laureata; Ira Kozak, a Roma da circa cinque anni, viveva a Leopoli; Marianna Soronevych, giornalista, da vent’anni in Italia, capo redattrice di Gazeta Ukrainska, il giornale degli ucraini in Italia.
“Siamo tesi soprattutto per gli ultimi eventi. Siamo circondati al confine. Spero solo che la mano di Dio intervenga a mettere un po’ di ragionevolezza e ci lascino vivere in pace”, dice Tetiana. “I miei parenti vogliono l’Ucraina libera e indipendente. Cercano di sdrammatizzare e quando mi sentono preoccupata mi dicono di non cadere nel panico”. Poi accenna all’esperienza di suo nonno materno che fu spedito in Siberia quando era piccolo: “Fu mandato là solo perché la sua famiglia aveva una mucca e un cavallo nel paesino e il regime sovietico non lo consentiva. Volevano reprimere la lingua, la cultura. I miei nonni invece mi hanno insegnato che bisogna far conoscere l’Ucraina, che esistiamo, che ci siamo”, ricorda. Le sue sono parole piene di ringraziamento: “Grazie a chi ci sostiene, mi dispiace che ci sia chi, per ignoranza, anche tra i miei amici qui, non si rende conto che l’Ucraina è uno Stato, che ha una sua vastità e che vuole vivere nella pace. Grazie a Papa Francesco che ha sottolineato più volte di pregare, pregare. Io lo faccio ogni giorno. L’unica arma che abbiamo è la preghiera”.
Ira non vive tranquilla, ricorda Leopoli “una città bellissima, lontana dalla Russia, ma la guerra potrebbe arrivare anche là”. Riferisce che i suoi parenti cercano di fare ciò che il Presidente dice alla nazione, invitando il popolo a stare calmo. “Comprano solo quello che è necessario giornalmente”, non fanno le corse per riempirsi di viveri. Certo che la paura c’è. “Ringrazio il Papa per le preghiere. E’ importante non tacere, parlare della nostra situazione. Non credo che l’Ucraina ce la potrebbe fare contro la Russia che è molto più forte di noi”.
Molti scrivono poesie ironiche per esorcizzare il pericolo
“Stiamo pregando tutti i giorni affinché non si ricorra all’uso delle armi, ma che tutto si risolva ‘solo’ con un grande spavento”, è quanto dice Marianna, i cui parenti vivono in una regione confinante con quella del Donbass. “In diversi hanno già pensato di spostarsi nelle zone lontane da un possibile conflitto. La gente cerca anche di esorcizzare la guerra, e questo mi sorprende molto: tanti hanno scritto poesie con una vena comica proprio per scacciare la paura. Eppure a me questo spaventa ancora di più”, spiega. Ricorda che “dal 2014 il Paese ha vissuto una guerra classificata come ‘guerra regionale’ che, se da un lato non ha coinvolto altri Paesi europei, in Ucraina ha causato più di 10mila morti tra militari e civili. Non è stato un conflitto locale, ma una vera e propria guerra con effetti terribili, tra cui un gran numero di sfollati, di cui non si è parlato abbastanza. La gente ha vissuto i bombardamenti, ha conosciuto il volto terribile della guerra, senza cibo e acqua potabile”, racconta ancora. Nelle sue parole affiora anche l’appello perché non ci si dimentichi dell’Ucraina, “un cuscinetto tra l’Asia e l’Europa: dovremmo essere sempre molto attenti a ciò che succede là, ci dovrebbe riguardare tutti”.