Michele Raviart – Città del Vaticano
La Chiesa in Ucraina può contribuire a “dire no alla violenza e all’azione militare come soluzione dei problemi” e promuovere piuttosto il dialogo, la solidarietà e la cooperazione. Ad affermarlo è Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa greco-cattolica ucraina, intervenuto questa mattina in una videoconferenza organizzata dalla Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre, per riflettere sulla situazione umanitaria e sul ruolo della Chiesa in questo momento di crisi.
Il rischio di escalation militare
La preoccupazione di Shevchuk è che si sia sull’orlo di un’escalation militare che peggiorerebbe ulteriormente le tensioni in corso nel Paese dell’Europa orientale dal 2014, quando le proteste portarono al ritiro del governo di Victor Yanukovich, sostenuto dalla Russia, all’occupazione della Crimea e all’instabilità nelle regioni del Donbass. Una minaccia, quella nata dalla presenza militare russa al confine ucraino e che rischia di coinvolgere l’Europa e la Nato, che per l’arcivescovo maggiore si declina in quattro dimensioni: quella militare, quella della disinformazione, l’escalation politica e l’economia. L’aumento dei prezzi del gas e del carburante sta mettendo sotto ulteriore pressione i cittadini, che spesso fanno fatica a sostenere dei costi così alti, mentre gli investitori si allontano per paura e molte persone rischiano di perdere il lavoro.
Il ruolo della Chiesa
In questo contesto la Chiesa rimane un’istituzione affidabile per il 63% dei cittadini ucraini e lavora attivamente per sviluppare una cooperazione in rete delle comunità ecclesiali per meglio organizzare gli sforzi comuni. Di recente, ha ricordato Shevchuk, una riunione tra i vescovi ucraini ha individuato quattro punti di intervento: preghiera, solidarietà, predicazione della speranza e aiuto al consolidamento della società ucraina. Molte, poi, le parrocchie che sono diventate, anche per la pandemia da coronavirus, un punto di riferimento nell’assistenza ai bisognosi, con la distribuzione di cibo, vestiti e l’assistenza psicologica.
La preoccupazione di Papa Francesco
Il nunzio apostolico in Ucraina, monsignor Visvaldos Kulbokas, ha ribadito la preoccupazione di Papa Francesco per il Paese, sottolineando quanto detto per la Giornata di preghiera per la pace, indetta dal Pontefice lo scorso 26 gennaio. L’invito rivolto ai fedeli e alle persone di buona volontà era quello di pregare il Signore affinchè il Paese “cresca nello spirito di fratellanza e che tutte le ferite, le paure e le divisioni siano superate”. Alla Chiesa spetta il ruolo di pregare per la pace e per la conversione dei leader militari e politici, in modo che non ricorrano all’uso della forza militare.
Le iniziative diplomatiche
Intanto, sul piano diplomatico, è il momento del presidente francese Emmanuel Macron, nella doppia veste di presidente di turno dell’Unione Europea. Lunedì Macron incontrerà il presidente russo Vladimir Putin, mentre mercoledì sarà a Kiev per vedere il suo omologo ucraino Volodymyt Zelensky. Insieme al presidente degli Stati Uniti Joe Biden, è stato già ribadito ogni sostegno “alla sovranità e all’integrità territoriale di Kiev”. Sempre lunedì il segretario generale della Nato Stoltenberg riceverà invece a Bruxelles il presidente polacco Andrzej Duda, mentre il primo ministro britannico Boris Johnson e il neo cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno avuto un colloquio telefonico in cui si sono detti pronti a lavorare per un nuovo pacchetto di sanzioni congiunte contro la Russia.