Ucraina, il seminario distrutto che è diventato un fronte di speranza

Vatican News

A un anno dall’inizio della guerra, padre Ruslan Mykhalkiv ricorda i bombardamenti e i saccheggi nella struttura che dirige a Vorzel: abbiamo provato l’umiliazione dell’impotenza ma anche compreso che intorno a noi c’è ancora tanto bene

Federico Piana – Città del Vaticano

“E’ stata un’esperienza drammatica che ci ha fatto scoprire la nostra fragilità e che ha completamente cancellato la nostra dignità di uomini”. Padre Ruslan Mykhalkiv è il rettore del seminario cattolico di Vorzel, piccolo centro urbano dell’Ucraina, a poco più di cinque chilometri dalla città di Bucha, diventata simbolo della follia della guerra con centinaia di uomini, donne e perfino bambini trucidati e sepolti in numerose fosse comuni.

Ricordo indelebile

A un anno dall’inizio dell’invasione russa, padre Mykhalkiv ha ancora negli occhi le immagini vivide e terribili del suo seminario colpito per ben due volte dalla furia dei missili che lo hanno quasi completamente distrutto. “In quei momenti – ricorda – abbiamo provato sulla nostra pelle l’umiliazione di chi non può fare nulla. Ma, in fondo, abbiamo anche riscoperto una verità profonda: la completa nudità dell’uomo nonostante le false sicurezze che cerca di conquistare nella propria vita. Paradossalmente, tutto questo male ha messo in evidenza anche il tanto bene che c’è intorno a noi come gli innumerevoli atti di carità e le infinite preghiere della Chiesa”.

Ascolta l’intervista a padre Ruslan Mykhalkiv

Nessuno è fuggito

Il seminario di Vorzel, che dopo essere stato bombardato ha subito anche diversi saccheggi da parte di civili e soldati, è ormai diventato un emblema di speranza, perché il rettore e i suoi confratelli non sono fuggiti davanti alle violenze ma hanno continuato ad assistere i fedeli e la popolazione portando loro aiuti umanitari e parole di conforto. “Uno dei primi aiuti che abbiamo organizzato – dice il rettore – è stata la distribuzione dei pacchi viveri e dei vestiti perché, anche con il ritorno di queste zone sotto il controllo ucraino, tutti i negozi erano chiusi. La gente era contenta perché percepiva la presenza dell’amore degli altri. Anche oggi la nostra speranza non crolla: sentiamo sempre più forte la vicinanza di Dio”.