Ucraina, il nunzio: abbiamo bisogni immensi, il Papa è uno dei pochi riferimenti

Vatican News

Alessandro De Carolis – Città del Vaticano

È la “follia” tante volte denunciata da Francesco raccontata da chi ci vive dentro e ha scelto di rimanerci, rappresentando il Papa là dove altri hanno preferito lidi più sicuri. Monsignor Visvaldas Kulbokas è diventato nunzio apostolico in Ucraina appena otto mesi prima che la tragedia della guerra deflagrasse. E ancora una volta racconta ai media vaticani la realtà di una nazione spezzata e insieme di una resilienza spinta dopo otto mesi ai limiti dell’umano, soprattutto quando si fa voce delle voci di mogli e madri che non hanno più notizie dei loro cari e ringraziano Francesco per essere uno dei “pochi riferimenti” da cui attingere speranza.
 

Eccellenza, il Papa, nel suo volo di ritorno dal Bahrein, ha parlato con grande intensità dell’urgenza di mettere fine alla guerra, a ogni guerra che in questo momento insanguina il pianeta, chiedendo di abbracciare la causa della pace e rigettare il commercio delle armi. Come le è risuonato questo appello?

Mi sembra sia molto importante sottolineare l’intenzione principale che il Santo Padre manifesta. Il primo di questi aspetti è a quale ascoltatore, a quale pubblico il Santo Padre si rivolge. Evidentemente si rivolge a tutti, ma ha citato per esempio Dostoevskij, ha citato la cultura russa, quindi è evidente che con il suo cuore ha cercato di rivolgersi soprattutto il pubblico russo. Il secondo aspetto, che io trovo molto significativo, è che il Santo Padre si pone come una voce totalmente indipendente, perciò il Santo Padre ha cercato di usare parole con cui mostra uguale affetto a tutti – ha ripetuto la parola affetto, tanto rispetto, tanta stima, tanto amore – e con questo dice: io sono completamente contrario alla guerra perché sono indipendente. E qui abbiamo il terzo aspetto che desidererei sottolineare: il Santo Padre ha parlato non soltanto come capo della Chiesa Cattolica, ma qui quando parliamo della pace parla l’essere umano, però un essere umano, un uomo, che crede nell’Aldilà. Quindi il Papa, in quanto uomo, parla a tutti coloro che credono nella vita dell’Aldilà, siano essi cristiani, siano essi musulmani o induisti o buddisti, perché nell’Aldilà ci incontreremo tutti e quindi se qualcuno provoca la guerra, la guerra diventa una condanna – io ti condanno, ti tolgo la vita, e con le guerre moderne mettiamo persino a rischio la vita di 8 miliardi di persone – quindi quando incontreremo tutte queste vittime nell’Aldilà ci chiederanno: come mai mi hai condannato così, come mai ti sei messo al posto di Dio? E quindi direi che la missione della Chiesa, di tutti i credenti, sia quella di accompagnare queste parole del Santo Padre con la preghiera perché la parola non rimanga vuota, ma produca frutto.
 

Ieri, nell’incontro avuto con Francesco in Vaticano, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk ha riferito di aver testimoniato al Papa la grande opera della Chiesa ucraina in questi mesi di guerra. Ha detto che ogni cattedrale e ogni centro sono diventati “un rifugio”. Cosa può dirci di questo aspetto?

Ho visto con i miei occhi quante chiese sono diventate depositi di distribuzione degli aiuti umanitari che arrivano, una parte direttamente del Santo Padre e tantissimi da varie organizzazioni caritative cattoliche e non cattoliche. Grazie a questo aiuto tantissime eparchie, diocesi e parrocchie sono direttamente coinvolte e a volte usano per sistemarlo lo spazio della chiesa, proprio quello degli edifici sacri. Questo senza poi menzionare che varie chiese, con il loro rifugi sotterranei, sono diventate anche rifugi a disposizione dei quartieri. Tantissime parrocchie sanno che ci sono altre località, magari più lontane dalle grandi città, dove la gente non ha luce, non ha neanche la possibilità di produrre il pane. A volte manca anche l’acqua, quindi ci sono tante cucine mobili. Questo aiuto lo sta fornendo lo Stato, ma ci sono anche tanti gruppi di volontariato e sarebbe difficile enumerare tutte le attività, ma sono immense perché anche le necessità sono immense.

Una Chiesa dunque in prima linea davvero, vicinissima alla gente là dove cadono le bombe. In che modo è possibile aiutarla?

Evidentemente l’esigenza principale sarebbe la pace. Finché non c’è pace ci sono tantissime esigenze. Una è avere l’acqua, avere la luce. Tanti centri sociali, centri pastorali e anche centri che assistono i poveri, o anche le case per bambini, cercano di provvedere il necessario per avere un minimo di energia elettrica, un minimo di acqua… Un aiuto importante sarebbe accogliere in altri Paesi i bambini. I bambini soffrono tanto perché spesso i loro genitori non possono andare all’estero. Poi ci sono tante altre necessità: avere macchine, minivan, perché tanti centri sociali, tanti centri caritatevoli, cercano di portare acqua e viveri nelle zone più direttamente colpite, dove non c’è la possibilità né di produrre il pane, il mangiare, né di acquistarlo. E poi anche avere il diesel, il carburante. Quindi adesso non si sta parlando di costruire chiese o costruire centri, ma di provvedere ai beni più direttamente essenziali: pane, acqua, luce e riscaldamento.

Com’è in particolare la situazione che lei può vedere nella capitale?

Ci sono dei quartieri più duramente colpiti dove non c’è luce per la maggior parte della giornata. Normalmente di notte c’è un po’ più possibilità di avere la luce, perché il consumo elettrico scende. Tanti mi hanno detto che è diminuita anche la possibilità di produrre il pane stesso. Per esempio a Kiev, se la situazione dovesse aggravarsi, ci sarà anche il problema del pane perché ci vuole un minimo di energia per produrre il cibo più essenziale. E poi evidentemente, se dovesse aggravarsi ancora di più la situazione umanitaria, lo scenario potrebbe diventare proprio insopportabile perché i servizi igienici si fermerebbero del tutto. Per questo le autorità civili parlano anche di dover evacuare tutti e questo vuol dire che dobbiamo essere pronti a qualsiasi evenienza.

Il Papa ha sempre a cuore quelli che più soffrono in ogni parte del mondo e in questi mesi di guerra ha evocato costantemente la tragedia degli ucraini. In che modo è avvertita dalla gente la solidarietà di Francesco?

La voce di Papa Francesco viene certamente sentita perché è una voce molto chiara, di vicinanza, ma qui vorrei sottolineare ciò che mi dicono soprattutto le mamme e le mogli dei prigionieri. Dicono: noi siamo grati per questa attenzione solidale. Dicono: abbiamo pochi riferimenti e tra questi pochi riferimenti c’è Papa Francesco, a cui possiamo affidare le nostre richieste di liberazione di persone scomparse, persone detenute in varie condizioni. Quindi questa vicinanza del Santo Padre ci tocca veramente e qui ho voluto riferire ciò che mi dicono dal cuore le mamme e le mogli.