Paolo Ondarza e Mariusz Krawiec – Città del Vaticano
Non accenna a placarsi la pioggia di missili sull’Ucraina, terra martoriata alla quale anche ieri Papa Francesco ha rivolto il pensiero e la preghiera auspicando una ripresa dei negoziati. Sei persone sono morte questa mattina in un bombardamento sulla città orientale di Toretsk. Raid russi nelle ultime 24 ore anche su varie zone della città di Mykolaiv dove è stato colpito un importante cantiere navale. Nel distretto di Bakhmout, nella zona di Donetsk, invece, sei persone, tra cui 3 bambini, sono rimaste ferite a seguito di bombardamenti. Secondo le autorità ucraine i russi hanno utilizzato sistemi missilistici a lancio multiplo e, solo nell’oblast di Kiev, a seguito del ritiro delle truppe di Mosca, sono stati trovati 1346 civili morti, ma mancano all’appello ancora 300 persone.
Gli aiuti militari dell’Ue
In questo scenario, il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, annuncia l’accordo sulla quinta tranche da 500 milioni di euro di aiuti militari all’Ucraina che porta il totale a 2,5 miliardi di euro. Da parte sua, l’Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea Josep Borrell punta il dito contro la Russia che – dice – sta continuando a bloccare il grano ucraino, distruggerlo, bruciarlo e prosegue a bombardare in modo “indiscriminato infrastrutture civili”. Per quanto riguarda il taglio delle forniture di gas da parte di Mosca, Borrell annuncia a breve “piani necessari ad affrontare la situazione”. Già per questa settimana l’Alto rappresentante si dice speranzoso di poter raggiungere un accordo per sbloccare il porto di Odessa e altri porti ucraini: “la vita di decine di migliaia di persone – spiega – dipende da questo accordo”.
Tensione alta
Nel frattempo, il portavoce di Putin, Dmitri Peskov, afferma che l’operazione militare russa “sarà completata dopo che tutti gli obiettivi saranno raggiunti”. Stando alle dichiarazioni odierne del ministro della difesa russo Sergei Shoigu citate dall’agenzia Tass, la priorità riguarda l’eliminazione della minaccia ucraina al Donbass e consiste nel “distruggere i missili a lungo raggio in dotazione dell’esercito di Kiev, annullando la sua capacità di artiglieria”. La tensione è altissima: di ieri la minaccia del vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Medvedev: “In caso di attacco alla Crimea l’Ucraina dovrà affrontare il giorno del giudizio.” Da parte sua il ministro degli Esteri Lavrov critica duramente lo status di candidato Ue per l’Ucraina e la Moldavia definendolo “una mossa geopolitica contro la Russia”, quindi accusa la politica estera occidentale di portare a ricercare sempre più teatri di guerra. In questo scenario dai servizi di intelligence militare britannica arriva la notizia che la Russia avrebbe fatto ricorso alla compagnia militare privata Wagner per ottenere rinforzi da inviare al fronte in Ucraina e attutire l’impatto delle perdite sul campo e delle carenze di uomini.
Arrestata e rilasciata la giornalista russa Ovsyannikova
Nelle ultime ore è stata nuovamente arrestata, per essere rilasciata dopo poco, la giornalista russa Marina Ovsyannikova, nota per essere entrata a marzo nello studio televisivo durante il tg con un cartello di denuncia della guerra lanciata contro l’Ucraina dal presidente russo Putin. Recentemente era tornata a criticare pubblicamente l’intervento della Russia in Ucraina e il presidente Putin.
Grušas (Ccee): porte e cuore aperti ai rifugiati
Intanto non accenna a fermarsi il flusso di rifugiati ucraini. Secondo Radio Poland dall’inizio della guerra la Polonia ne ha accolti quasi 5 milioni. Anche la Lituania è impegnata nell’accoglienza umanitaria. Lo conferma al microfono di Mariusz Krawiec, monsignor Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e Presidente del CCEE, il Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee:
Come la Chiesa lituana valuta la situazione in Ucraina?
I lituani hanno uno sguardo molto vicino all’Ucraina: siamo sopravvissuti al comunismo. I metodi che vediamo oggi in Ucraina durante la guerra sono molto simili a quelli che sono stati usati alla fine della seconda guerra mondiale: ad esempio la deportazione di tanta gente. Mi ha stupito il numero di ucraini che risulta siano stati deportati in Russia. I lituani sentono questa cosa come molto vicina a loro. Sono lezioni di storia che dobbiamo ricordare e condividere. È importante la preghiera, la conoscenza e la vicinanza con quanti soffrono, ma occorre ricordare anche i tanti rifugiati. La Polonia ne ha accolto un grandissimo numero che poi giungono anche in Lituania. E così anche la Chiesa e il popolo lituano hanno aperto il loro cuore e le loro case per aiutarli. Questa è una cosa molto bella: è un invito a vivere più chiaramente la nostra vita cristiana. La Chiesa in tutta Europa ha aperto il cuore a questa realtà. Il CCEE partecipa ad un gruppo che studia e risponde alla sfida rappresentata dai rifugiati: noi cerchiamo di organizzare e provvedere alla loro cura pastorale. Ci sono sacerdoti che si sono resi disponibili a portare i sacramenti e a celebrare per quanti sono lontani dalle loro comunità, non soltanto cattolici. Ci sono anche tanti ortodossi che hanno bisogno di cura pastorale che rappresenta anche un aiuto per la guarigione interiore da un’esperienza tanto dura.