Ucraina, da Kharkiv il Rosario dei “figli della guerra”

Vatican News

Suor Oleksia Pohrsnychna, religiosa della Congregazione di San Giuseppe, ha organizzato un gruppo di più piccoli per aderire all’iniziativa del milione di bambini che oggi recita la preghiera mariana: “Qui assistono ogni giorno a bombardamenti e lutti, chiedono di poter andare a scuola anche se non sappiamo mai quando arriverà un missile o scatterà il prossimo allarme”

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

Il venerdì, 18 ottobre, alla preghiera dei bambini che aderiscono all’iniziativa “Un milione di bambini recita il Rosario per la pace nel mondo”, si uniscono anche le voci dei piccoli di Kharkiv, nell’Ucraina dell’est. Nonostante la giovane età, questi bambini che vivono in una delle città più colpite dai bombardamenti russi sanno purtroppo cosa voglia dire la mancanza di pace: la paura di morire sentendo o vedendo l’esplosione di un missile, la perdita di uno o entrambi i genitori, dei fratelli o nonni, la nostalgia per la propria casa, per gli amici, gli animali domestici lasciati a seguito dell’evacuazione, la mancanza della scuola che non potevano frequentare prima a causa pandemia e adesso a causa della guerra.  

Le parole del Papa

Dell’iniziativa del Rosario, promossa dalla Fondazione “Aiuto alla Chiesa che soffre”, aveva parlato anche Papa Francesco dopo la preghiera dell’Angelus il 13 ottobre, ringraziando “tutti i bambini e le bambine che partecipano». «Ci uniamo a loro  aveva esortato – e affidiamo all’intercessione della Madonna  (…) la martoriata Ucraina, il Myanmar, il Sudan e le altre popolazioni che soffrono per la guerra e ogni forma di violenza e di miseria». «In questa preghiera di Rosario assieme ai nostri bambini preghiamo per la pace nel mondo e, in particolare, per la pace nel nostro Paese», dice  ai media vaticani suor Oleksia Pohrsnychna della Congregazione di San Giuseppe, che svolge il suo servizio a Kharkiv, presso la cattedrale greco-cattolica di San Nicola.

Spazi per il gioco in mezzo alla guerra

«I bambini che recitano il Rosario – raconta la religiosa – fanno parte dei gruppi di catechesi. Abbiamo bambini da quattro anni fino agli adolescenti. Quest’hanno alla preghiera di Rosario ha partecipato anche una bambina di circa due anni: è stata brava, stava seduta lì con il suo rosario in mano. Preghiamo questo Rosario perché tutti noi, tutte le persone che vivono in Ucraina, sia bambini che adulti, vogliamo davvero che arrivi la pace giusta, vogliamo una vita tranquilla». Suor Oleksia sottolinea che ai bambini, ai ragazzi e giovani di Kharkiv manca molto la scuola e le opportunità di stare insieme. A causa della vicinanza al fronte, nella regione l’insegnamento nelle scuole e nelle università avviene online. Due volte a settimana, presso la cattedrale greco-cattolica suor Oleksia assieme alla sua consorella organizza per bambini e adolescenti gli incontri che non sono mirati soltanto a insegnare loro la catechesi, ma soprattutto a creare spazio di gioco, conversazione, attività creative.

Grande tensione

«Sapete, purtroppo tutti i bambini che vivono a Kharkiv e nella regione possono essere definiti figli della guerra, perché sentono continuamente i bombardamenti. Domenica scorsa, mentre stavo raccontando qualcosa al gruppo dei più piccoli, una bambina mi ha interrotto, dicendo: “Aspetta, ti devo raccontare cosa è successo sabato”. Il sabato prima c’era stato un bombardamento che aveva colpito un palazzo di fronte alla suo. La piccola ha detto: “Ho avuto paura. Ho visto il fuoco nel palazzo di fronte e sono corsa da mia madre. Meno male che c‘era lei con me”. Sentire una bambina di sette anni raccontare questo, provoca un tale dolore… Però è importante che i bambini parlino, che non si chiudano, perché delle esperienze dolorose ne vivono tante. Per questo prima della preghiera, quando invitiamo ognuno a dire l’intenzione, la maggior parte dice: “Preghiamo per la pace, per giorni tranquilli”. E molti di loro spesso dicono: “Vogliamo andare a scuola, vogliamo stare insieme, vogliamo comunicare”. Ecco, purtroppo la loro infanzia sta passando così. Non sappiamo mai quando scatterà il prossimo allarme antiaereo. Per esempio, mentre sto parlando con voi, ho appena sentito un allarme e non sappiamo se arriva un missile o qualcosa altro… Anche quando i bambini sono all’aperto o al parco giochi, c’è sempre il rischio che qualcosa possa colpire. È un periodo di grande tensione».