Guglielmo Gallone – Città del Vaticano
“Diversi progressi, ma nessuna svolta”: si possono riassumere così, usando le parole del ministro degli esteri russo Lavrov, i negoziati tra ucraini e russi avvenuti martedì in Turchia. Lo dimostrano gli scontri che, sul terreno, non accennano a fermarsi. Ieri a Mariupol sono stati bombardati un edificio della Croce Rossa e un ufficio dell’Unione Europea. Mentre l’Ucraina smentisce il ritiro delle truppe russe da Kiev e Chernihiv, la Russia dice di aver raggiunto in quei luoghi gli obiettivi chiave per «intensificare l’azione su direzioni prioritarie». Priorità che restano le regioni dell’est, tra cui Donbass e Luhanks, come testimoniano i bombardamenti di ieri sulla città di Dnipro.
Colloqui: muro contro muro
Sul fronte dei negoziati lo stallo è sempre su Donbass e Crimea: Kiev ribadisce che la questione si chiuderà solo con il ripristino della sua sovranità, mentre Mosca ne rivendica il possesso, acquisito sul terreno e, per la Crimea, con il referendum di adesione alla Russia. Domani al via un nuovo round di colloqui tra russi e ucraini. Nel frattempo è a lavoro anche la diplomazia occidentale. Il presidente americano, Joe Biden, ha avuto un colloquio telefonico con il presidente ucraino, Volodomyr Zelensky, a proposito di altri aiuti militariIl premier italiano, Mario Draghi, ha parlato con il presidente russo, Vladimir Putin, per stabilire quanto prima un cessate il fuoco.