Antonella Palermo – Città del Vaticano
Mentre si inasprisce la pressione militare sull’Ucraina, il flusso dei profughi è continuo. In autobus, in treno, in auto. Spesso a piedi per chilometri affrontando il freddo, con i bambini più piccoli in braccio e bagagli messi su in fretta. La grande fuga è un fiume in piena: in 500 mila hanno già attraversato il confine, secondo l’Unhcr, Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati. In Polonia soprattutto, e poi in Ungheria, Moldavia, Romania, Slovacchia. Anche la Serbia è pronta ad accogliere mettendo a disposizione 6 mila posti. Proprio in Romania, nella cittadina di Sighet, a 800 metri dal confine con l’Ucraina, opera “Asociatia Suntem Vocea Lor”, “Associazione Siamo la loro voce”. Florentina Negres, che fa parte dell’organismo umanitario, racconta a Radio Vaticana – Vatican News il dramma della fiumana di persone che passano il confine e che hanno bisogno di tutto.
“Sono persone, famiglie che esprimono una grande dignità”, afferma la signora Negres. “Inizialmente non vogliono nulla”, poi pian piano capiscono che possono avere un aiuto, per i bisogni di prima necessità, ma anche per un alloggio, per spostarsi, raggiungere altre destinazioni. C’è paura nei loro occhi, tanto che nelle stanze che vengono loro assegnate si chiudono dentro a chiave. Poi la naturale diffidenza diventa gratitudine e la loro tensione si scioglie in un piano liberatorio
Una gravissima crisi umanitaria
A scappare dall’Ucraina sono circa 100 mila persone al giorno: “Potrebbe diventare la peggiore crisi umanitaria in Europa negli ultimi decenni”, dice Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu. Giovedì a Bruxelles i ministri dell’Interno dell’Unione daranno via libera alla protezione temporanea dei migranti: un visto di un anno, che renderà a tutti gli effetti gli ucraini in fuga dalla guerra soggiornanti regolari nell’Unione Europea. La direttiva introduce un sistema di distribuzione su base volontaria: saranno i profughi a scegliere in quale Paese andare. Potranno lavorare, avere l’assistenza sanitaria, frequentare scuole e corsi di formazione. L’Italia ha aumentato di 10 milioni la dotazione del Fondo per le emergenze e ha organizzato 13 mila posti nei Centri di accoglienza straordinaria e altri 3 mila nel Sistema di accoglienza e integrazione.