Chiesa Cattolica – Italiana

Ucraina, Caracciolo: possibile escalation con ricorso ad armi estreme

Marco Guerra – Città del Vaticano

Un’escalation del conflitto in Ucraina che potrebbe indurre Mosca ad usare anche armi più estreme. Così il direttore di Limes, Lucio Caracciolo, analizza ai microfoni di Radio Vaticana – VaticanNews la mobilitazione dei riservisti annunciata oggi dal presidente russo Vladimir Putin. Secondo l’esperto di geopolitica la situazione sul terreno, con l’avanzata degli ucraini e i referendum delle repubbliche separatiste, per certi versi non è pienamente controllabile dai due leader.

Ascolta l’intervista a Lucio Caracciolo

Come va letto l’annuncio di Putin sul richiamo dei riservisti? Secondo Kiev e Washington si tratta un segno di debolezza e per molti osservatori segna una nuova escalation nel conflitto…

Siamo difronte ad entrambe le cose, segno di debolezza ed escalation, nel senso che dal punto di vista russo è in gioco l’esistenza stessa dello Stato. Infatti Putin ha fatto riferimento al possibile impiego di armi nucleari che la dottrina russa prevede in caso di minaccia esistenziale. Quindi la mobilitazione di altri soldati significa che la Russia sta perdendo la guerra sul terreno, quanto meno non riesce a vincerla, ed è disposta a ricorrere a tutti i mezzi possibili.

Pensare all’uso di armi nucleari è una pazzia ha detto Papa Francesco all’udienza di oggi. Nemmeno la minaccia nucleare induce a rilanciare la diplomazia a proporre trattative per la pace, quindi la prospettiva di un accordo si allontana mentre i due fronti cercano la vittoria militare?

Adesso gli obiettivi dei due Paesi sono cambiati: la Russia pensava inizialmente di vincere rapidamente e di prendersi gran parte dell’Ucraina, cosa ormai impossibile; mentre gli ucraini pensavano solo a salvare la pelle, invece ora sono andati più avanti di quanto immaginassero. Siamo pertanto in una situazione che per certi versi non è nemmeno più controllabile dai due leader (Zelenski e Putin ndr).

Proprio alla luce di questi motivi l’appello del Papa contro l’uso di armi nucleari risulta ancora più significativo?

Certamente il richiamo del Papa è fondamentale, ma sul terreno le cose si stanno giocando con un altro tipo di logica e, siccome in questo momento Ucraina e Russia stanno combattendo per la loro esistenza, è possibile che chi ha l’arma nucleare, ovvero la Russia, possa fare anche ricorso a scelte estreme.

Il richiamo di 300mila riservisti come sarà accolto da popolo russo? Potrebbe aumentare il malcontento tra i più giovani che rischiano di finire al fronte?

Questo è molto probabile, ma, da quello che si sa, la situazione interna è ancora abbastanza sotto controllo. Anche coloro che dissentono da Putin, quando c’è il richiamo della patria tendono a stringersi attorno alla bandiera.

I referendum delle autoproclamate repubbliche separatiste, che l’Ucraina considera proprio territorio, sono un ulteriore elemento di escalation del conflitto?

Sì, perché questi referendum sono tutti ben preparati e probabilmente daranno un esito schiacciante a favore dell’adesione alla Russia. Questo significa che Mosca annetterà territori che attualmente nemmeno controlla del tutto e che, di conseguenza, si continuerà a combattere. Il problema è che non sarà più territorio conquistato, ma, per Mosca, territorio russo. Quindi i russi in quel caso potranno fare teoricamente quello che vogliono, compreso il ricorrere ad armi estreme.

L’Occidente sembra mostrarsi compatto affianco di Kiev, come risponderà e che cosa succederà sul terreno?

Sinceramente non vedo grande compattezza nell’ Occidente. Ad esempio la posizione della Germania non è quella della Polonia e turchi sono nel mezzo, così come vedo disgregarsi abbastanza l’intesa della Russia con Cina e India. Siamo un po’ nella fase ognuno per sé nessuno per tutti.

Una possibile mediazione per la pace da chi potrebbe venire in questo momento?

Dagli Stati Uniti: non c’è altra soluzione. Solo l’America può mediare, dato che controlla il governo ucraino ed è considerato l’unico interlocutore credibile da parte di Mosca.

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