Lisa Zengarini – Città del Vaticano
Dare cibo e acqua è un’assistenza di base, e non un trattamento medico, hanno ribadito i vescovi britannici, esprimendo preoccupazione per l’interruzione della nutrizione e idratazione artificiale ad un cittadino polacco in coma ricoverato in un ospedale di Plymouth. L’uomo, a cui ci si riferisce pubblicamente solo come R.S., ha avuto un infarto lo scorso novembre e a dicembre la Court of Protection ha dato il permesso all’University Hospitals Plymouth National Health Service Trust di procedere con l’interruzione dell’idratazione e della nutrizione artificiale. La rimozione dei sondini di alimentazione è stata, tuttavia, ritardata mentre la famiglia ha presentato ricorso affermando inotlre che R.S. è un cattolico praticante e non avrebbe accettato tale decisione. Il 13 gennaio la Corte d’appello britannica ha respinto il ricorso. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha anche respinto una richiesta del governo polacco di rimpatriare il paziente. I sondini dell’alimentazione sono stati successivamente rimossi.
Lettera al Segretario alla Sanità
A seguito di una richiesta dell’arcivescovo Stanisław Gądecki, presidente della Conferenza episcopale della Polonia (KEP), il vescovo John Sherrington, responsabile del settore vita per la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles (CBCEW), e il vescovo Mark O’Toole di Plymouth hanno scritto una lettera al segretario alla Sanità, Matt Hancock.
No alla definizione di idratazione e nutrizione artificiale come trattamento medico ma, si legge nella lettera, “Fornire cibo e acqua a pazienti molto malati, anche con mezzi assistiti, è un livello base di cura” e “questa cura deve essere data ogni volta che è possibile, a meno che non sia medicalmente indicato come eccessivamente oneroso o che non raggiunge il suo scopo”.
L’impegno delle autorità polacche
La lettera mette inoltre in evidenza che R.S. “non aveva rifiutato cibo e fluidi né aveva espresso alcuna opinione sul fatto di non voler essere nutrito in modo artificiale e che non ci sono prove che considerasse la nutrizione e l’idratazione assistita come un trattamento medico”. I due vescovi esprimono anche l’intenzione delle autorità polacche di assistere il paziente nel trasferimento in Polonia e nelle cure future.