Turkson: nei sistemi alimentari indigeni, il futuro del cibo per tutti

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Per aumentare la produzione di cibo in tutto il mondo di oltre il 50%, e rifornire così gli oltre 9 miliardi di persone che si prevede popoleranno il pianeta entro il 2050, “è necessario promuovere i sistemi alimentari indigeni”. Per questo bisogna stabilire “un dialogo di conoscenza permanente con i popoli indigeni/tradizionali di tutto il mondo che permetta di disegnare politiche pubbliche globali che valorizzino i piccoli produttori indigeni e tradizionali come protagonisti di un’azione globale di lotta alla povertà alimentare”.

Intervento sui “Sistemi alimentari indigeni e dieta naturale”

E’ il cuore dell’intervento del cardinale Peter Kodwo Turkson, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, al pre-vertice dell’Onu sui Sistemi Alimentari in corso a Roma, dal titolo “Sistemi alimentari indigeni e dieta naturale”. Parlando oggi pomeriggio nella Sala Rossa, il porporato ha spiegato che l’utilizzo di questi sistemi alimentari, definiti “agroecosistemi”, sarà utile soprattutto “nei paesi con sistemi agricoli sensibili al cambiamento climatico (ad esempio, la variabilità delle precipitazioni, la temperatura, la siccità, le inondazioni)”.

Le sette regioni socioculturali individuate dalla Fao

Per questo, ha ricordato il cardinal Turkson, la Fao, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, “ha individuato sette regioni socioculturali per rappresentare i popoli indigeni del mondo: Africa; Asia; America Centrale, America del Sud e Caraibi; Artide; Europa Centrale e Orientale, Federazione Russa, Asia Centrale e Transcaucasia; America del Nord e Pacifico”. Un’azione successiva, per il prefetto del Dicastero vaticano, “sarebbe quella di identificare e applicare le istituzioni informali che hanno permesso ai sistemi alimentari di persistere nel tempo” e “organizzare i sistemi alimentari di queste regioni nel loro sviluppo attraverso il tempo”.

Vanno ristabilite le istituzioni indigene prima soppresse

Dato che gran parte delle terre del mondo “sono spazi indigeni – ha concluso Turkson – il ripristino di sistemi efficaci di gestione delle risorse bioculturali in tutto il mondo deve includere il mantenimento, e in alcuni casi il ristabilimento, di istituzioni indigene a più livelli”. Nel suo intervento, il cardinale ghanese ha ricordato che “molte ricerche e studi sulla produzione alimentare indigena ne hanno evidenziato il potenziale anche in caso di cambiamenti di uso del suolo e del clima”, e il grande valore del loro ripristino in futuro. “Gli indigeni – ha chiarito – hanno saputo proteggere le conoscenze che hanno permesso la perpetuazione dei loro sistemi agroalimentari nel tempo; e queste conoscenze possono essere utilizzate in quei territori con povertà alimentare”.

L’agricoltura commerciale è deleteria per le specie alimentari indigene

Citando studi sulle produzioni alimentari indigene hawaiana e australiana, Turkson ha sottolineato che l’utilizzo delle tecniche tradizionali si è dimostrato fondamentale per la vitalità e la resilienza delle colture e delle specie alimentari indigene, mentre l’introduzione di specie straniere, accompagnate da fertilizzanti, pesticidi, erbicidi, “compromette gravemente questa vitalità, e l’agricoltura tradizionale locale in Africa lo dimostra”. Creare nuovi habitat, come fa l’agricoltura commerciale, per le specie indigene, può essere deleterio per loro, “come la necessità di usare fertilizzanti chimici (efficaci solo quando il suolo è morto), pesticidi (efficaci solo per proteggere le piante malsane) e macchinari agricoli (utili solo quando si deve coltivare una vasta area)”. “Questi metodi  – secondo il prefetto del dicastero vaticano – sono inefficaci o addirittura dannosi su terreni fertili, colture sane e sementi piccole e locali. Tuttavia, gli interessi economici guidano alcune di queste pratiche ecocide!”