Le autorità turche avevano già aperto a inizio maggio al culto islamico l’antica chiesa cristiano-ortodossa bizantina di Istanbul. Il segretario generale Prieto: “Ulteriore passo avanti nella diluizione delle radici storiche della presenza cristiana nel Paese, decisione deplorevole che renderà più difficile la coesistenza religiosa”
Vatican News
Dopo Hagía Sophia, un’altra storica chiesa bizantina Istanbul, adibita negli ultimi 79 anni a museo, diventa moschea. Si tratta dell’antica chiesa di San Salvatore in Chora, conosciuta in tutto il mondo per i suoi affreschi e mosaici senza pari. In una nota diffusa ieri, giovedì 23 maggio, la Commissione delle Conferenze Episcopali dell’Unione europea (COMECE) commenta con rammarico la decisione delle autorità turche: “Questo è un ulteriore passo avanti nella diluizione delle radici storiche della presenza cristiana nel Paese, ed è una decisione deplorevole che renderà più difficile la coesistenza religiosa. Con questa azione, qualsiasi iniziativa di dialogo interreligioso promossa dalle autorità del Paese perderà inevitabilmente credibilità”, afferma padre Manuel Barrios Prieto, segretario generale della COMECE.
Emblema del cristianesimo orientale
Quattro anni dopo la conversione della Basilica di Santa Sofia in moschea, la chiesa di San Salvatore in Chora a Istanbul, altamente simbolica, segue lo stesso percorso. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan aveva già formalmente aperto la chiesa cristiano-ortodossa bizantina al culto islamico all’inizio di maggio 2024. La chiesa del IV secolo è un emblema del cristianesimo orientale e una memoria vivente della presenza storica dei cristiani nel Paese. Il tempio fa parte del patrimonio culturale mondiale dell’Unesco e ha funzionato come museo per decenni.
Il cambiamento di status di Hagía Sophia
Nel luglio 2020, la COMECE aveva commentato il cambiamento di status del monumento patrimonio dell’umanità Hagía Sophia da museo a tempio musulmano, considerandolo “un colpo al dialogo interreligioso”. In quell’occasione, le Conferenze Episcopali d’Europa avevano anche sottolineato il “grave problema” della Turchia con i discorsi di odio e le minacce rivolte alle minoranze nazionali, etniche e religiose.