Padre Antuan Ilgit sta coordinando i soccorsi che continuano ad arrivare nella città portuale turca. La sede del Vicariato apostolico accoglie almeno cento persone che attendono di avere notizie dei parenti ancora sotto le rovine. Il clero cattolico e quello armeno condividono gli aiuti arrivati dal patriarcato e del vicariato di Istanbul
Marco Guerra – Città del Vaticano
Il suono delle sirene delle ambulanze e dei mezzi di soccorso fa da sottofondo alla voce di padre Antuan Ilgit, gesuita, vicario generale del Vicariato apostolico dell’Anatolia, che abbiamo raggiunto telefonicamente mentre coordina l’arrivo dei soccorsi Iskenderun, città portuale turca chiamata Alessandretta nella cultura greca. Una delle località che si trova proprio lungo la faglia in cui si è scatenato il terremoto di magnitudo 7.8. Dopo oltre 48 ore si scava ancora nella città che si affaccia sul Mediterraneo e che ospita il vicariato Apostolico per l’Anatolia. La forza devastante del sisma ha distrutto la cattedrale cattolica ma la Chiesa locale è comunque in prima linea nell’accoglienza e nell’assistenza della popolazione. Gli aiuti e i beni di prima necessità sono condivisi con i fedeli e il clero di tutte le altre confessioni religiose.
Padre Antuan, in questo momento dove si trova e cosa sta facendo?
Ora sono davanti alla casa del governatorato di Iskenderun. Mi trovo in questo punto perché solo qui prende bene il cellulare e sto facendo delle chiamate per coordinare gli aiuti che stanno ancora arrivando. I soccorsi sono iniziati ad arrivare solo da ieri pomeriggio (martedì ndr) e quindi c’è ancora molta gente da tirare fuori dalle macerie. La nostra cattedrale cattolica è completamente crollata, ma un centinaio di persone di tutte le fedi si sono comunque rifugiate da noi perché abbiamo un cortile grande, dove prestiamo assistenza a tutti.
Siete in prima linea nell’accoglienza?
Si, fino a ieri ci mancava anche l’acqua potabile, poi ieri sera sono iniziati ad arrivare gli aiuti che stiamo condividendo con tutta la popolazione senza fare distinzione. Stiamo distribuendo cibi caldi.
Intanto però prosegue la corsa contro il tempo per estrarre le persone ancora vive?
Le prime squadre di soccorso sono arrivate solamente ieri pomeriggio ma ancora si estraggono persone vive. Purtroppo abbiamo saputo che alcune di esse hanno subito amputazioni, anche perché inizialmente sono state tirate fuori da semplici cittadini che cercavano di scavare con tutte le forze che avevano. In questa cornice ci sono stati anche episodi di sciacallaggio, la gente che aveva bisogni di cibo e acqua a ha rotto le vetrine di alcuni supermercati per appropriarsene. Da oggi però la situazione è più tranquilla, gli aiuti stanno arrivando da tutta la Turchia.
Vede anche squadre di soccorso e aiuti provenienti dall’estero?
Personalmente ancora non li ho visti, però sono stato contattato da realtà di diversi Paesi che mi hanno detto che stanno per arrivare o che sono già arrivate nelle aree devastate dal sisma.
Quali sono le necessità della popolazione in questo momento?
In questi primi giorni dopo il terremoto la gente ha bisogno di viveri, acqua potabile e coperte e noi abbiamo la Caritas dell’Anatolia che sta ricevendo degli aiuti che ridistribuisce immediatamente, in modo equo e cercando di arrivare anche i luoghi più remoti che non sono raggiunti da nessun altro. Cerchiamo di aiutare con sobrietà perché in questi momenti di grande emergenza la gente tende ad accaparrare più dei loro bisogni. Anche perché fa molto freddo e piove.
Qual è il sentimento delle persone e delle famiglie davanti a tanta distruzione?
I membri della nostra comunità, che si sono riuniti al vicariato, hanno tanti parenti ed amici ancora sotto le macerie e aspettano febbrilmente loro notizie.
Per la ricostruzione bisognerà fare molto? È tutto distrutto?
Ad Iskenderun non è tutto distrutto, alcuni quartieri sono rasi al suoli altri no, ma sicuramente ci vorrà un grandissimo sforzo per la ricostruzione. La nostra cattedrale è completamente crollata, una struttura molto grande distrutta in un attimo e ci sono tante altre di strutture così grandi che hanno subito la stessa sorte.
La Chiesa cattolica è quindi un punto di riferimento per tutta la città?
Sì, Iskenderun è sede del vicariato apostolico dell’Anatolia, che copre la metà della Turchia. E la Chiesa della Turchia sta mostrando grande unità, tutti i vescovi ci stanno mandato aiuti che distribuiamo alla popolazione di tutte le fedi. Posso affermare che una delle istituzioni che sta funzionando meglio in questo momento è la Chiesa cattolica. Poi siamo in contatto con i preti della comunità armena-ortodossa, con i quali solo pochi giorni fa abbiamo fatto una veglia di preghiera per l’unità dei cristiani. Siamo uniti in questa emergenza, gli armeni hanno condiviso con noi gli aiuti ricevuti dal loro patriarcato e noi abbiamo condiviso con loro gli aiuti che ci sono arrivati dal Vicario Apostolico di Istambul.