Chiesa Cattolica – Italiana

Trieste, La Manna: dal Papa un invito alla speranza per i migranti che arrivano in città

Il direttore della Caritas diocesana parla in vista dell’arrivo di Francesco, domenica 7 luglio, nel capoluogo del Friuli-Venezia Giulia per la chiusura della 50.ma Settimana Sociale dei cattolici in Italia, quando prima della Messa incontrerà anche un gruppo di immigrati: verso di loro paghiamo un clima culturale che ha creato paura e rifiuto, ma chi arriva deve essere accolto con dignità

Adriana Masotti – Città del Vaticano

“Vite abbandonate”: così s’intitola il secondo rapporto sulla situazione e i bisogni delle persone migranti in arrivo dalla rotta balcanica a Trieste presentato di recente al Circolo della Stampa. Il report, realizzato dalla Rete solidale di Trieste formata da Comunità di San Martino al Campo ODV, Diaconia Valdese, DonK – Humanitarian Medicine ODV, ICS – Ufficio Rifugiati Onlus, International Rescue Committee Italia, Linea d’Ombra ODV, contiene un’accurata analisi degli arrivi dei migranti in città nel corso del 2023 e alcuni riferimenti ai primi mesi del 2024: nazionalità, nuclei familiari, minori stranieri non accompagnati, destinazione del viaggio, numero di domande di asilo e dei trasferimenti effettuati, distribuzione degli aiuti, condizioni di salute e interventi sanitari effettuati. Il report si chiude con precise raccomandazioni rivolte alle diverse istituzioni competenti con l’indicazione di interventi che è urgente realizzare per garantire il rispetto delle normative vigenti e la tutela dei diritti umani fondamentali.

Copertina del Report “Vite abbandonate” presentato nei giorni scorsi a Trieste

Maggiori arrivi nel 2023 rispetto all’anno precedente

Qualche dato: sono stati oltre 40 i migranti in arrivo ogni giorno a Trieste, primo luogo di approdo sicuro dopo la fuga da persecuzioni, guerre e situazioni di violenza nei loro Paesi, con un incremento di oltre il 20% rispetto al 2022. Non sono i numeri degli sbarchi sulle coste italiane, ma il flusso non conosce interruzioni. Ammontano a 16.052 gli ingressi dalla rotta balcanica nel 2023, l’anno precedente erano stati 13.127. Scarsa l’influenza del ripristino dei controlli alla frontiera italo-slovena decisi il 21 ottobre 2023 con la sospensione dell’accordo di Schengen al confine con la Slovenia per rischio di infiltrazioni terroristiche.

Lo sgombero del Silos

In grandissima maggioranza i migranti sono uomini, ma ci sono anche donne, minori non accompagnati e intere famiglie. Provengono da Afghanistan, Pakistan, Turchia, Siria e Bangladesh. Di molto inferiori alle esigenze i posti letto e i luoghi di accoglienza messi a disposizione di chi arriva, tanto che a essere eletto a riparo provvisorio – ma che poteva durare alcuni mesi – è stato a lungo il Silos, un grande magazzino abbandonato e in condizioni fatiscenti, a poca distanza dalla stazione ferroviaria. il 21 giugno scorso lo sgombero deciso dall’amministrazione. I 160 migranti che vi alloggiavano fino a quella data, sono stati trasferiti in diverse località di altre regioni come Lombardia e Sardegna. Ma i nuovi arrivati a Trieste continuano a cercare soluzioni di fortuna. Durante il 2023, i richiedenti asilo costretti a vivere in strada sono stati da 100 a un massimo di 500.

Il Papa domenica incontrerà un gruppo di migranti

Domenica 7 luglio Papa Francesco sarà a Trieste per la chiusura della 50.ma Settimana Sociale dei cattolici in Italia in corso dal mercoledì precedente. Una visita breve ma nel programma ci sarà spazio per l’incontro con un gruppo di migranti prima del trasferimento dal Centro Congressi a piazza Unità d’Italia per la Messa. Padre Giovanni La Manna, gesuita, è dall’ottobre scorso il direttore della Caritas triestina. Alle spalle una lunga esperienza di impegno a fianco di rifugiati e richiedenti asilo. A Radio Vaticana – Vatican News ci descrive la situazione attuale in città in riferimento ai migranti, il lavoro svolto dalla Caritas e le sue attese per l’incontro con Papa Francesco:

Ascolta l’intervista a padre Giovanni La Manna

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2024/06/28/15/138078362_F138078362.mp3

Padre La Manna, il Papa si fermerà solo per mezza giornata a Trieste, ma troverà il tempo per incontrare un gruppo di migranti presenti in città. Sappiamo che Trieste è coinvolta nel fenomeno dell’immigrazione per quanto riguarda i flussi provenienti dalla rotta balcanica. Dal rapporto presentato qualche giorno fa si vede che gli arrivi sono continui e che il sistema di accoglienza presenta delle criticità. Vuol farci un quadro della situazione?

Sì, partirei dalla situazione nazionale, dove l’Italia ha sempre avuto difficoltà a governare il fenomeno dei migranti, tant’è che si parla sempre di emergenza. Trieste è la porta all’Italia, all’Europa per quanto riguarda le persone che viaggiano sulla rotta balcanica e anche qui si è fatta fatica, tanto è vero che si sono generate situazioni indegne dove le persone hanno avuto bisogno di procurarsi da sole una sistemazione in luoghi veramente indegni, quale quello del Silos – che, grazie a Dio, è stato chiuso – e ora si sta cercando di dare delle risposte in tempo reale alle persone che arrivano e offrire loro un’accoglienza. Proprio per questo la Caritas diocesana di Trieste ha aperto già un anno fa un dormitorio per accogliere le persone che arrivano. Bisogna essere bravi in questo, cioè nell’accogliere quelli che appena sono arrivati e nell’attuare una rotazione perché tutti, fermandosi su Trieste, creano un peso che la città fa fatica a sostenere. Quindi con i trasferimenti in altri territori della Penisola le cose possono funzionare e parliamo di numeri che consentono questa distribuzione.

Trasferimenti necessari perché lei poco fa parlava di un dormitorio, ma i posti sono sempre pochi, sia quelli che potete offrire voi sia quelli che l’amministrazione può mettere a disposizione…

Sì, i posti sono sempre inferiori alle presenze, ma se si mantiene un buon ritmo di rotazione – così come Lampedusa accoglie ma non possono rimanere tutti sull’isola – le cose possono funzionare. L’importante è non lasciare nessuno per strada, quindi intercettare le persone che arrivano, accoglierle in luoghi degni e preoccuparsi in breve tempo di trasferirli in altri territori dove la pressione è minore.

Quali sono le principali necessità delle persone che arrivano in città?

C’è da ricordare che non tutti quelli che arrivano a Trieste hanno intenzione di fermarsi qui. Quello di cui hanno bisogno dopo aver percorso una rotta faticosa, dopo aver subito anche delle violenze, è un luogo dignitoso che li accolga, di qualcuno che si occupi della loro salute e che spieghi quali sono i loro diritti in modo da instradarli nella richiesta di asilo politico o dando loro le informazioni di cui hanno bisogno per scegliere il loro percorso.

Ci descrive quali sono le condizioni in cui questi migranti o richiedenti asilo arrivano a Trieste?

Le condizioni fisiche in cui arriva una persona che ha viaggiato per chilometri per lo più a piedi, sono facili da immaginare. Molte persone vengono fermate dalle varie polizie ai confini e sono sottoposte anche a violenze fisiche. Vengono privati delle scarpe, portano segni di bruciature. C’è tutto un sistema che preme su di loro per scoraggiarli nel mettersi in viaggio.

Giovani migranti a Trieste ricevono beni di prima necessità da Linea d’Ombra una delle associazioni di volontariato operanti in città

Qual è l’atteggiamento della cittadinanza verso queste persone? Mi pare che a fronte sicuramente di qualche ostilità che c’è ovunque, anche il senso umano di solidarietà sia ben presente a Trieste oltre all’impegno della Caritas…

Sì, l’impegno e la sensibilità della città di Trieste l’abbiamo sperimentati quando il nostro vescovo ha chiesto di aprire questo dormitorio. Più di 100 persone hanno dato la disponibilità al volontariato presso questa struttura. La città non è insensibile ma noi paghiamo anche un clima culturale che ha creato paura, rifiuto. Per questo c’è bisogno di sensibilizzare con un linguaggio appropriato e soprattutto favorire l’incontro con i migranti per scoprire che sono persone come noi, che non sono una minaccia. Io parlo del dormitorio, ma ci sono tante altre realtà di volontariato, scuole d’italiano, centri diurni ecc… C’è un mondo che qui a Trieste si adopera in favore di queste persone. E anche noi siamo chiamati ad assumere un atteggiamento costruttivo, non di contrapposizione o di protagonismo sulla pelle delle persone, ma concentrati sempre sul loro bene. Questo è quello che ha portato alla chiusura del Silos e sta ora consentendo lo sforzo di accogliere e di trasferire.

Ricordo che i vescovi della regione Friuli Venezia Giulia in una lettera raccomandavano di mantenere quella identità fatta di accoglienza che è propria delle sue comunità, perché da sempre questa è una zona di incrocio, di incontro tra persone diverse. I vescovi l’avevano scritta in occasione della sospensione del trattato di Schengen al confine con la Slovenia.

Fare memoria della nostra storia dovrebbe aiutarci a comprendere la situazione di queste persone. Trieste ha accolto i profughi istriani, quindi è una città che ha dato dimostrazione di accoglienza per persone che avevano perso tutto. Noi italiani siamo stati migranti e alla luce di questa esperienza dovremmo avere una sensibilità maggiore. I problemi del nostro Paese non sono i migranti, anzi, per alcuni problemi quale la diminuzione della nostra popolazione, della forza lavoro, la loro presenza potrebbe essere un aiuto valido nel momento in cui noi non rendiamo impossibile la loro vita, ma li accogliamo in maniera progettuale e gli consentiamo di rimettersi in piedi, di essere una forza positiva nel nostro contesto.

Padre La Manna, lei ha una lunga esperienza con i migranti. Per anni ha diretto il Centro Astalli dei Gesuiti a Roma. Che cosa di nuovo, di diverso, sta sperimentando ora con i migranti che non arrivano attraversando il Mediterraneo, ma dopo un lungo percorso via terra?

Dopo undici anni al Centro Astalli, ho provato gratitudine per essere stato alla scuola dei migranti, delle persone in difficoltà, dei poveri. Ora a Trieste il contesto è diverso, i numeri sono diversi. Una prima impressione per me è stata notare questa diversità. Roma ha numeri molto più grandi. Trieste è una città dove non ci sono difficoltà economiche e quindi stride la fatica che si fa ad essere progettuali e ad essere accoglienti. Gli sforzi sono possibili, vedere che si è riusciti a chiudere il Silos – ripeto un luogo indegno – e che è stato possibile trovare delle alternative, ci fa capire che questa è la strada. Le persone sono le stesse, sono persone quelle che arrivano a Lampedusa e persone sono quelle che arrivano attraverso la rotta balcanica. Quello che mi rende contento è l’essere ritornato alla scuola delle persone in difficoltà, dei migranti, con un contesto diverso che rende possibile l’accoglienza progettuale. La sfida è crescere sempre più in questa accoglienza. Le nazionalità anche cambiano, ma ritrovo amici afghani, ritrovo i pakistani, ritrovo persone di cui ho condiviso per anni storia e percorso.

Chi saranno i migranti che incontreranno Francesco domenica 7 luglio al Centro Congressi? C’è qualcosa che lei si augura possa nascere da questo incontro?

Sicuramente sarà un momento che potrà donare speranza concreta a queste persone con diverse storie, con diverse provenienze. Ci saranno persone appena arrivate, persone che hanno avuto modo di fare un percorso qui a Trieste. Saranno singoli, donne con bambini, e ci saranno anche nuclei familiari.

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