Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Il traffico umano è una crisi globale, fonte di sofferenze indicibili, tocca 25milioni di persone in tutto il mondo, il 70% delle quali sono donne e ragazzine, un terzo sono bambini. È un affronto alla dignità umana, ed esiste un obbligo morale non solo a combattere, ma anche ad educare la generazione futura nella lotta alla tratta. È questa ora la nuova frontiera del coraggioso lavoro delle suore impegnate nella lotta alle moderne schiavitù, eroine riconosciute a livello internazionale, che hanno rilanciato il loro impegno durante il convegno di oggi, “Empowering a New Generation to Fight Modern Slavery”, organizzato dalla Uisg, Unione Internazionale delle Superiori Generali, in collaborazione con l’Ambasciata degli Stati Uniti e l’Ambasciata irlandese, entrambe presso la Santa Sede. Un appuntamento che ha visto gli interventi ruotare sui modi per “ispirare una nuova generazione a combattere il flagello della tratta degli esseri umani”.
I giovani, capofila nella lotta alla tratta
Suor Imelda Poole, impegnata in Albania nella missione contro la tratta, presidente della Renate, network europeo di religiosi concentrati nella lotta al traffico e allo sfruttamento degli esseri umani; suor Gabriella Bottani, coordinatrice internazionale di Talitha Kum, la rete mondiale della vita consacrata impegnata contro la tratta di persone, Blessing Okaedion, ex vittima di tratta, oggi mediatrice culturale, fondatrice e presidente della ong Weavers of Hope e poi suor Monica Chikwe, vicepresidente della fondazione Slave No More, fondata da suor Eugenia Bonetti, hanno quindi esposto i nuovi spazi di intervento per responsabilizzare una nuova generazione per combattere la schiavitù moderna, tanto da far diventare i ragazzi capofila del movimento di lotta al traffico, grazie anche alla grande capacità tecnologica di cui dispongono.
Rendere i ragazzi responsabili e informati
Siamo tutti responsabili di fronte alle generazioni future, di qui la necessità di ascoltare i giovani per poi supportarli e aiutarli nella loro azione. I ragazzi, è emerso dal convegno, dovranno essere inclusi nelle decisioni prese all’interno della lotta contro il traffico degli esseri umani, dovranno ricevere fiducia ed essere investiti di responsabilità, si dovrà insegnare loro a fare “networking” e a conoscere le principali cause della tratta. La povertà, la mancanza di educazione, l’assenza dei fondamentali diritti umani, la mancanza di legittime opportunità di lavoro, di pace, di giustizia ed eguaglianza, è tutto questo a rendere vulnerabili le persone e i ragazzi dovranno saperlo, dovranno conoscere le leggi che esistono, seppur in molti casi non implementate, che mirano a distruggere il traffico, che puniscono i clienti, e dovranno anche capire che c’è sempre più bisogno di leggi che proteggano le vittime.
Occorre mentalità di cura, non di sfruttamento
Come religiose, racconta suor Bottani, stiamo camminando insieme con le vittime, con i sopravvissuti e con tutte le persone che sono coinvolte. Stiamo continuamente con le giovani generazioni, perché il traffico tocca i giovani nel mondo, tocca i bambini, che restano l’obiettivo dei trafficanti. “I giovani – spiega ancora – sono le principali vittime della tratta, ma sono anche importanti risorse che possono trovare un linguaggio adeguato a comunicare con i ragazzi di oggi”. Il lavoro va quindi fatto con le nuove generazioni, al di là del loro ambito, che siano presenti nella vita religiosa, in quella civile, nelle scuole e nelle università, e “questo è importantissimo perché la tratta la riusciremo a sradicare solo trasformando la mentalità di sfruttamento in una mentalità di cura, che va oltre le ferite provocate dalle violenze, che sono le prime che dobbiamo curare, una cura che trasforma il nostro modo di pensare e di vivere”.
I giovani quali mediatori culturali
C’è molto da fare, ammette la religiosa, che però vive sorprese quotidiane, come quella arrivata da una scuola di arte e design del Massachusetts negli Stati Uniti, che ha deciso di portare avanti un progetto artistico a partire da Talitha Kum, dal lavoro delle suore. Ci sono poi anche diverse scuole italiane che stanno chiedendo all’Usmi, l’Unione Superiore Maggiori d’Italia, di poter fare attività di informazione e di coscientizzazione su questo tema e poi ancora tanti e tanti esempi, tutti di giovani, fondamentali, in quanto possibili ‘mediatori culturali’, importanti per poter raggiungere il loro mondo, il mondo della gioventù nelle scuole, nelle università, nelle comunità. “C’è un fermento bellissimo di ragazzi – conclude suor Bottani – che si stanno interrogando e che vogliono anche entrare in questa lotta, ed è bellissimo veder fiorire questa collaborazione nelle diverse reti di Talitha Kum, è veramente un dono”.