Torna Castiglione Cinema: i protagonisti dei film incontrano il pubblico

Vatican News

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Il cinema italiano torna ad incontrare il suo pubblico, dopo tanti mesi di sale chiuse e di film in anteprima sulle tv a pagamento, e lo fa a Castiglione del Lago, borgo umbro affacciato sul Trasimeno, con il festival organizzato da oggi a sabato 19 giugno dalla Fondazione Ente dello Spettacolo (Feds). Incontri con abitanti e turisti con la formula del talk-show, ma dal vivo in piazza, anche se su prenotazione e proiezioni gratuite nella suggestiva Rocca del Leone, animeranno Castiglione Cinema 2021, quarta edizione di un appuntamento al quale la Feds, promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana, non ha rinunciato nemmeno lo scorso anno. E nel luglio 2020 questo è stato il primo festival del cinema “dal vivo” dopo il lockdown della prima fase della pandemia.

Serata inaugurale a Perugia, con Avati e il cardinale Bassetti

La novità di quest’anno è la serata inaugurale a Perugia, nel prestigioso Teatro Morlacchi, dove alle 19 di oggi, il regista Pupi Avati risponderà alle domande del giornalista della Rivista del Cinematografo, storico magazine della Feds, Federico Pontiggia. A dare il benvenuto al festival e al suo pubblico, 362 posti contingentati e già esauriti, sarà il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia e Città della Pieve.

Monsignor Milani: colpisce la grande risposta del pubblico

“Ci ha colpito la grande risposta e la partecipazione del pubblico – commenta monsignor Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo – è un chiaro segnale della volontà e voglia di ritrovarsi dopo mesi così difficili. Un segnale di speranza capace di illuminare il tempo che stiamo vivendo, e che ci dà la possibilità di tornare a vivere insieme e in presenza, molte di quelle esperienze che ci sono state sottratte dalla pandemia”.

Tanti “testimonial” si raccontano a cittadini e turisti

Il tema di Castiglione Cinema 2021 – RdC Incontra, “Cosa sarà – appunti di viaggio per il futuro”, spiega monsignor Milani, “è anche la direzione di marcia che l’Ente dello Spettacolo vuol perseguire nell’anno in cui la nostra istituzione festeggia il suo 75.mo compleanno”. In questi giorni lo farà con l’aiuto di “testimonial” che “hanno voglia di raccontarsi” dice a Vatican News Gianluca Arnone, direttore artistico del festival, che offriranno al pubblico le storie delle loro vite, “che possono essere esemplari”.

Pupi Avati e l’amore che va oltre la morte

A partire da Pupi Avati, uno dei registi italiani più prolifici ed eclettici, capace di cimentarsi con generi diversi, dall’horror alla commedia familiare, dall’autobiografia al dramma storico, capace di penetrare i sentimenti nascosti e le pulsioni più inconfessabili degli esseri umani. Durante la serata inaugurale si ripercorrerà una carriera animata da un inesauribile desiderio di raccontare luci e ombre del mondo evocato, che si tratti di vita di provincia o di un passato rimpianto, delle peripezie familiari e di quelle dell’anima. Seguirà la proiezione – per la prima volta sul grande schermo – del suo ultimo capolavoro, “Lei mi parla ancora”, liberamente tratto dall’omonimo libro di Giuseppe Sgarbi, che racconta la storia d’amore tra Nino e Caterina: un amore lungo 65 anni e mai finito, neanche con la morte di lei. “Oggi c’è una sorta di prudenza, di timore, di confidarsi alla luce di quel per sempre, locuzione avverbiale che abbiamo un po’ cancellato – precisa il regista in merito al suo film – Anche se la ragione ti richiamava al fatto che era impossibile, per un attimo ci credevi, e davi quel senso di immortalità alla tua vita che è al centro di questo film”.

Arnone: la cultura cura le ferite interiori della pandemia

Ci facciamo guidare alla scoperta di temi ed eventi del festival, che proseguirà nella sede storica di Castiglione del Lago venerdì 18 e sabato 19 giugno, da Gianluca Arnone, che è anche coordinatore editoriale della Feds.

Ascolta l’intervista a Gianluca Arnone (Feds)

La quarta edizione di Castiglione Cinema nasce con gli stessi presupposti con cui è nato questo festival 4 anni fa, ovvero una grande voglia di portare nelle periferie italiane, in questo caso nei borghi italiani, quelli più difficilmente raggiunti dal mondo del cinema, dal mondo della cultura, questo tipo di mondo. Far incontrare la gente del posto con i protagonisti del mondo del cinema, della televisione, significa non soltanto sensibilizzare verso i temi che caratterizzano questo mondo, ma farli entrare in relazione, una relazione che noi abbiamo sempre voluto in presenza, e che ovviamente negli ultimi due anni ha acquisito un significato particolare. Lo scorso anno siamo stati i primi a tentare di fare un festival in presenza, dopo il primo durissimo lockdown, e quest’anno siamo tra i primi che ritentano questo tipo di esperimento, con condizioni ambientali del tutto diverse. Respiriamo un po’ questa voglia che c’è nell’aria in tutto il Paese, di ripartire con entusiasmo, e cerchiamo di cavalcarla portando quelle che sono le caratteristiche del mondo dell’arte, della cultura. Cioè quella capacità di curare le ferite interiori, i postumi spirituali che il Covid 19 ha lasciato un po’ di tutta la popolazione.

Più di 360 persone hanno prenotato per essere presenti al primo appuntamento al Teatro Morlacchi di Perugia, questa sera, quindi piace la formula di fare incontrare i piccoli borghi con protagonisti del cinema, della Tv e del giornalismo?

Piace, e il fatto che il Comune di Perugia, quest’anno, abbia voluto fortemente che l’apertura del festival si svolgesse all’interno della propria città, è un attestato di riconoscimento del lavoro che è fatto in questi quattro anni a Castiglione del Lago. Un festival che ha saputo radicarsi davvero nel territorio, nel cuore delle persone e quindi ha sconfinato rispetto ai territori iniziali. Perugia mette a disposizione il teatro storico della città e in questo modo si consente di fare un’operazione anche dal punto di vista simbolico importante. Facciamo ripartire la cultura, riaprendo i cinema, ma riaprendo anche i teatri, ovvero due settori che hanno maggiormente sofferto questo biennio pandemico.

Anche la scelta di organizzare dei talk con i protagonisti intervistati, o comunque coinvolti con una loro testimonianza, che poi dialogano con il pubblico, sembra vincente…

Il segreto di questa manifestazione è proprio questo: portare i “testimonial”, così li chiamiamo noi, del mondo della cultura, che hanno voglia di raccontarsi. Noi abbiamo sempre pensato che nella narrazione, nel racconto ci siano le basi per instaurare una relazione tra chi racconta e chi questo racconto invece lo ascolta. Ma anche una relazione all’interno dello stesso narrante, perché ha sempre dimostrato in questi anni di scoprire qualcosa di nuovo di sé stesso. Questo ce l’hanno detto in tanti: nel momento in cui raccontano il proprio percorso professionale o personale, arrivano ad una sorta di autocoscienza, di consapevolezza nuova del proprio percorso. Ci restituiscono un senso nuovo per loro ma anche un senso nuovo per il pubblico. Siccome abbiamo vissuto due anni in cui un po’ la bussola del senso l’abbiamo perduta, secondo noi tornare a questa formula del racconto, della narrazione, significa proprio riedificare quella proposta di senso che festival vuol essere.

Voi della Fondazione Ente dello Spettacolo con la Rivista del Cinematografo tastate spesso il polso del mondo del cinema. Potrebbe essere finalmente questo anche il momento di una ripartenza di tutta la cultura, dopo questo periodo buio?

Noi speriamo che questa seconda annata pandemica sia davvero l’ultima. Tutto è pronto per ripartire, c’è l’entusiasmo e il sentimento giusto. Dal punto di vista dei professionisti del mondo della cultura, del mondo dell’arte, questo sentimento è ancora più forte. D’altra parte loro hanno una grande responsabilità: abbiamo avuto i medici che hanno curato le ferite fisiche del Covid-19, i virologi hanno fatto altrettanto, gli economisti troveranno le loro ricette per far ripartire l’economia, ma noi che abbiamo una visione integrale dell’uomo, abbiamo bisogno di proposte di senso e queste non posso non arrivare dal mondo della cultura e dell’arte e soprattutto dai suoi protagonisti.

Sulla scelta degli ospiti, che legame hanno con il tema scelto: “Cosa sarà appunti di viaggio per il futuro”?

Sono tutti testimonial che hanno fatto un loro percorso di carriera, ma anche personale, significativo. A partire ovviamente da Pupi Avati che è un grande maestro, che ha più di 50 anni di carriera alle spalle, e che si è sempre interrogato nel corso della sua carriera sui temi che toccano l’essere umano nel profondo: la memoria, l’amicizia, l’amore e la ricerca della trascendenza. Tornare a farsi queste domande significa innescare un processo di guarigione interiore delle persone. Poi ci sono Ricky Tognazzi e Simona Izzo: è bello poter portare in un mondo che molto spesso viene criticato proprio per la mancanza di legami stabili, una testimonianza di due persone che provengono da due famiglie artistiche molto note nel mondo del cinema, che da 30 anni stanno insieme e riescono a coniugare questo impegno familiare con gli impegni di carriera. Loro, con un po’ di leggerezza, perché c’è sempre bisogno di leggerezza, proveranno a farci capire come si fa a coniugare questi due aspetti così importanti. Poi ci sono storie molto più dolorose, come quella che Francesco Bruni ha trasferito nel suo bellissimo film “Cosa sarà”, che poi dà il titolo alla manifestazione. E’ un film che parla di guarigione, quindi rappresentava un po’ quello che doveva essere lo spirito di questo festival, ma è anche un film che testimonia come molto spesso le grandi idee di sceneggiature nascono proprio dalle esperienze vissute di chi può i film li fa.

Lo stesso si può dire di Federico Zampaglione, che torna alla regia con “Morrison” e dopo tanti film oscuri, questo è un film pieno di luce, che racconta in qualche modo la storia di Zampaglione, ovvero la storia di un ragazzo che tenta di sfondare nel mondo musicale, ma che deve confrontarsi con tutta la serie di difficoltà. Oppure Chiara Francini, una personalità molto interessante, capace di muoversi tra linguaggi diversi, dal cinema alla televisione e della televisione alla letteratura. Presenterà a Castiglione suo ultimo libro “Il cielo stellato fa le fusa” e con lei ci sarà l’occasione di fare il punto anche sull’universo femminile. Il tema della donna è un tema che l’Ente dello Spettacolo sente come molto vicino e che vuole rilanciare quest’anno proprio con una testimonial davvero d’eccezione come Chiara Francini. Quindi nella scelta dei nostri ospiti c’è la volontà di riprendere i nostri temi forti, ma anche la voglia di testimonianze e storie di vita che possano essere esemplari per il nostro pubblico, possano essere storie in cui ciascuno di noi possa riconoscersi e trovare motivi di nuovo entusiasmo e nuova speranza.

“Questo festival vuol essere un invito a fare memoria correndo verso il domani”, così il vostro presidente monsignor Davide Milani lo ha definito. Quindi non dimenticare il passato per costruire un futuro migliore?

Questo è nella natura del festival, che nasce in occasione dei 90 anni della Rivista del Cinematografo, storico periodico di cinema dell’Ente dello spettacolo. Tra l’altro quest’anno poi ricorre il 75.mo anniversario dell’Ente dello spettacolo, quindi il tema della memoria e sicuramente un tema che appartiene direttamente. Siamo un po’ costretti a guardarci indietro e a fare un po’ il bilancio del nostro percorso. Ma ovviamente il tema della memoria non può non essere connesso a quello del futuro come l’Angelus novus di Benjamin che viene spinto avanti con lo sguardo però rivolto all’indietro. E’ nel passato e nell’insegnamento che chi ci ha preceduto ci ha lasciato, che possiamo trovare quei semi di cultura che possono fiorire e possono essere nuovamente seminati per guardare avanti. Ovviamente con condizioni storiche del tutto differenti rispetto a quello che avevamo 75 anni fa, è il caso dell’Ente dello Spettacolo, ma con la stessa determinazione, la stessa voglia di celebrare l’essere umano. E per noi celebrare l’essere umano nella sua integralità significa difendere quello che più prezioso ad essere umano, ovvero la cultura, la spiritualità, quella capacità di alzare lo sguardo verso il cielo e scoprirsi una creatura davvero speciale. E questo, a nostro modo di vedere, è il compito che cultura, arte e in questo caso cinema ci permettono di svolgere con grande entusiasmo.