Antonella Palermo – Città del Vaticano
Francesco inaugurerà alle 17 di oggi nella Biblioteca Apostolica Vaticana la mostra “Tutti. Umanità in Cammino”, un percorso con le opere dell’artista contemporaneo Pietro Ruffo. Sul senso dell’incontro tra saperi, ricerca, epoche e stili, e sulla missione oggi di questi luoghi di approfondimento culturale si esprime il bibliotecario di Santa Romana Chiesa, José Tolentino de Mendonça:
Cosa significa per voi l’apertura di una nuova ala della Biblioteca? E’ solo l’annessione di un nuovo spazio?
L’apertura di uno spazio espositivo per la Biblioteca Apostolica traduce il desiderio di stare al passo dei tempi. Questa grande biblioteca, che rispecchia un passato nobilissimo, vuole continuare a essere presente tra le grandi biblioteche del futuro. In questa epoca di cambiamenti ma anche – come dice Papa Francesco – in questo cambiamento d’epoca, è fondamentale che le grandi istituzioni culturali rafforzino il loro ruolo ‘seminale’ [generativo, ndr] che hanno avuto già nei secoli passati, perché il nostro mondo ha bisogno di pensiero critico, di profondità di sguardo, di una visione cristiana e umanista ampia, di una conoscenza transdisciplinare. Le biblioteche devono essere sempre più vive, dotate di infrastrutture per assicurare questa loro rilevanza culturale e antropologica.
La benedizione del Santo Padre quale valore aggiunto porta?
Il Santo Padre è una figura centrale in questa Biblioteca che esiste da più di cinque secoli ed è la Biblioteca dei Papi, che accompagna la visione di ogni pontificato. Anche noi cerchiamo di farlo con Papa Francesco. La cultura dell’incontro, alla quale il Papa ci sfida in tanti modi, è per noi una vera ispirazione perché una biblioteca come la nostra è veramente il luogo dove la memoria può incontrare le domande che l’attualità ci pone. E’ proprio il luogo dove la storia, il passato possono incontrare il presente aprendo nuove prospettive. Nella cultura le nostre domande guadagnano un orizzonte nuovo, una profondità che non avevano. E’ questo laboratorio vivo che la biblioteca, nel ventunesimo secolo, cerca di essere.
Di fronte alle inestimabili opere custodite nel vostro scrigno, si è affascinati e al contempo si avverte un senso di timore proprio per la vastità del suo patrimonio. Ritiene, eminenza, che oggi prevalga un atteggiamento che tende a rifiutare a priori il valore della complessità?
Una delle patologie del nostro presente è la fretta. La fretta rischia di rendere superficiale ciò che è molto più denso, intenso, profondo. Lo studio, da sempre, la ricerca, l’apertura alle grandi domande, la vera passione per la conoscenza non sono che la lenta e autentica apertura del cuore alla rivelazione di una verità che si mostra sempre più complessa, perché ci sfida a fare un vero viaggio interiore e nella realtà del mondo. Quale contributo, allora, può dare oggi una biblioteca alla cultura contemporanea? Essere testimoni di questa complessità necessaria. Il Santo Padre parla molto di questa complessità, usa la figura del poliedro. Dobbiamo aiutare a costruire uno sguardo che abbia la sensibilità delle sfumature, delle voci, della polifonia con cui si mostra la realtà. Questo davvero chiede da parte di ciascuno di noi una capacità di ascolto. Una biblioteca è una grande camera acustica perché ci aiuta ad ascoltare la realtà di noi stessi e del mondo in una chiave sempre più grande e sorprendente.
La mostra “Tutti, umanità in cammino” può essere considerata una metafora del lavoro che si svolge in questa biblioteca?
Questa mostra dell’artista contemporaneo Pietro Ruffo, che incontra il deposito della Biblioteca Vaticana, si incentra molto sull’idea di mappa. Una mappa è una forma di organizzare lo sguardo, la conoscenza, il mondo. Le mappe sono geografiche, ma anche umane, parlano dei sentimenti. Esistono mappe storiche ma anche utopiche. Alla fine si tratta sempre della ricerca di un cammino al termine del quale noi ci si possa ritrovare come umanità. In questo senso penso che lei abbia ragione. Questa ricerca di una mappa adeguata per descrivere la realtà è l’immagine, la metafora del compito della biblioteca in questo tempo.
Quanto questo ampliamento è segno di una progressiva apertura della Biblioteca ad extra?
Noi vogliamo che questa sala espositiva sia un luogo dove incontrare la contemporaneità. Nell’apertura alla collaborazione con artisti, studiosi abbiamo l’ambizione di raggiungere nuovi pubblici, anche tra i più giovani. In questa crisi dell’umanità che noi viviamo, cogliamo anche la sfida di un’apertura a nuovi linguaggi e a realizzare il ponte indispensabile tra il mondo che conserviamo e le nuove domande che il presente ci pone. Lo consideriamo proprio un compito, una missione per questo tempo.