Chiesa Cattolica – Italiana

Timor-Leste, il domenicano Saiz: Francesco porta fiducia a un popolo giovane

Il missionario dell’Ordine dei Predicatori conferma la necessità di continuare a rafforzare l’inculturazione della fede e sottolinea l’importanza della tappa del viaggio apostolico a Timor-Leste: c’è un rischio potenziale di esplosione sociale se mancheranno lavoro e pace, con la sua presenza e le sue parole il Papa sta seminando speranza

Johan Pacheco – Dili

La presenza del Papa a Dili è un omaggio alla lunga storia cristiana del Paese con la più alta percentuale di cattolici al mondo al quale Francesco indica la necessità di un “rinnovato slancio nell’evangelizzazione”, affinché a tutti possa arrivare “il profumo del Vangelo”. Francesco è arrivato a Timore-Leste per confermare nella fede la popolazione, affinché il suo messaggio possa dare ai cattolici “fiducia in se stessi, in Dio e speranza in un futuro di pace”. Padre Santiago Saiz, domenicano con lunga esperienza in Asia e a Timor-Leste ormai da 11 anni, sottolinea l’importanza della visita del Papa.

Qual è la storia della Chiesa a Timor-Leste, le sue caratteristiche e il suo modo di vivere la fede?

I portoghesi iniziarono a commerciare con i timoresi nel 1515 e fecero di questa parte dell’isola una delle loro colonie fino al 1975. I re portoghesi assegnarono ai domenicani questa missione assieme ad altre isole dell’Indonesia, in particolare l’isola di Flores e Solor, e i domenicani iniziarono il loro lavoro missionario nel 1556, fino al 1832 furono gli unici missionari dell’isola. In seguito arrivarono i salesiani, i gesuiti e e verbiti. Il periodo più terribile per questo popolo è stato dal 1975 al 2002, la lotta per l’indipendenza contro il Portogallo e l’Indonesia è piena di morti, di massacri e di miseria. I missionari e il clero locale hanno sostenuto e aiutato il più possibile in questo processo e ciò ha portato a una massiccia cristianizzazione dell’isola. Ora il 95% della popolazione si dichiara cattolica. Il problema era ed è la loro scarsa educazione religiosa e catechetica. Sono cristiani, ma mantengono quella che chiamano cultura, ossia tradizioni ancestrali che mescolano animismo, religiosità popolare, ad esempio amano le processioni, soprattutto quelle mariane, e poi danze, sacrifici di polli… Al giorno d’oggi, il certificato di battesimo è l’unico e più importante documento che hanno, necessario per stampare altri documenti e per iscriversi a scuole e università.

Come è stata vissuta la preparazione alla visita apostolica di Papa Francesco?

La breve visita di San Giovanni Paolo II nel 1989 fu provvidenziale per questo Paese. Ecco perché la visita di Papa Francesco sta suscitando grande entusiasmo tra la popolazione di un milione e 300 mila abitanti.

Che presenza è quella dei domenicani a Timor-Leste, qual è il loro lavoro pastorale?

I domenicani sono arrivati al tempo dei portoghesi e continuano fino a oggi. Noi siamo arrivati alla fine del 2013, siamo 5 padri e siamo impegnati in una quasi-parrocchia nella montagna di Hatoudo, gestendo una scuola con 600 studenti. Da qualche anno, inoltre, altri padri insegnano al Seminario Maggiore, sono cappellani e docenti di Etica in un’università chiamata DIT, e ci occupiamo della formazione dei postulanti, nostri e di altre congregazioni. Due anni fa abbiamo aperto una scuola secondaria a Hera.

Quali sono i frutti che ci si augura di raccogliere da questa visita apostolica di Papa Francesco?

Spero che i frutti siano la pace e la speranza. Questo popolo immensamente giovane, se riceve queste grazie, andrà avanti. Se manca la pace e non hanno speranza di lavoro, il popolo potrebbe esplodere. L’augurio è che il messaggio del Santo Padre dia loro fiducia in se stessi, in Dio e speranza in un futuro di pace.

L’accoglienza dei fedeli nelle strade di Dili

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