L’edizione 2023 del Festival che promuove il dialogo tra le fedi e le culture attraverso il cinema, voluto nel 1997 da Giovanni Paolo II, si è aperta con una tavola rotonda tra studiosi di diverse religioni. Monsignor Tighe, segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione: artisti come i registi ci stimolano a ripensare le nostre categorie e ad entrare nel mondo dell’altro
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Trovare e riconoscere “L’armonia delle differenze”, che porta alla bellezza, secondo Papa Francesco, nella propria esperienza di fede e culturale, stimolati dal film che l’hanno arricchita. È stato l’esercizio di dialogo al quale si sono sottoposti i partecipanti alla tavola rotonda interreligiosa che ha aperto questa mattina la 27ma edizione del Tertio Millennio Film Fest, organizzato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo, dalla Cei e da molte Chiese e comunità religiose italiane, dall’ebraica all’islamica alla buddhista, in collaborazione con i Dicasteri per la Cultura e l’Educazione, e per la Comunicazione della Santa Sede.
La vita, arte dell’incontro
Nella Sala Luzzati della Biblioteca nazionale dell’ebraismo italiano “Tullia Zevi” ad aprire le testimonianze e il confronto è stato il vescovo irlandese Paul Tighe, segretario del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, che ha ricordato come per il Papa l’armonia non è un semplice equilibrio, o uniformità, ma richiede un cambiamento culturale: la vita è l’arte dell’incontro”. Da qui l’importanza di cercare punti di contatto e gettare ponti, ma “oggi è difficile – secondo monsignor Tighe – creare una cultura dell’incontro, perché c’è troppa polarizzazione, che i social media esasperano”. Spesso, come ha sottolineato Papa Francesco, “sono gli artisti che ci stimolano a ripensare le nostre categorie e ad entrare nel mondo dell’altro”. Come ha fatto per il vescovo irlandese il regista protestante Kenneth Branagh, che nel suo Belfast “ha saputo farmi entrare nel suo mondo, mi ha aiutato a capire che avevamo le stesse preoccupazioni, per i nonni malati, la sua famiglia ha dovuto lasciare Belfast per paura della violenza e anche io il mio Paese. È un uomo culturalmente, politicamente, religiosamente diverso da me ma ci siamo trovati con gli stessi problemi ed esperienze di vita”.
Costruire relazioni dalle differenze
Dopo Tighe, la teologa protestante Letizia Tomassone ha sottolineato, in parziale disaccordo con le parole del Papa, che “a volte le disarmonie sono necessarie”. E ha citato due film nei quali le vite di alcune donne sono state spezzare dalle religioni di appartenenza, come Le Onde del destino di Lars von Trier, e Women Talking, il diritto di scegliere di Sarah Polley. Entrambi i film sono come “maestri che criticano le religioni dall’interno e ci aiutano ad andare oltre”. Ha citato il film di von Trier anche Davide Assael, filosofo ebraico, presidente dell’Associazione Lech Lecha, ricordando che nella coppia, la donna calvinista “si sacrifica totalmente per guarire il compagno, e lui recupera, ma si ammala lei. Quanto devo sacrificarmi per aprirmi all’altro?”. Come costruire una relazione a partire dalle differenze? Si è chiesto Assael. “Cosa si può accettare in termini di alterità?”. Ha ricordato che la difficoltà di far accettare in Europa le proprie pratiche rituali accomunano le comunità musulmane ed ebraiche. E, con dolore e rammarico, ha ricordato che “prima del 7 ottobre eravamo ad un passo dalla pace, non scordiamocelo, e siamo ricaduto nella guerra. Sette volte sono caduto e sette volte mi sono rialzato”.
Troppa violenza sui social network
Successivamente è intervenuta Nadija Kebour, islamista al Pisai e studiosa di sant’Agostino, “che parla della bellezza come armonia”. Ha sottolineato che nel Corano “il bello è uno dei 99 nomi di Dio. Dio è bello e ama la bellezza, non solo estetica ma come armonia. Ama tutto ciò che ha creato”. Se nei mass media e nei social, “c’è troppa violenza, la gente si sfoga e fa uscire tutto l’odio che era nascosto”, il cinema invece “può trasmettere questo messaggio di armonia, e giocare un ruolo fondamentale nel cambiare le mentalità, il non vedere l’altro come nemico”. Kebour ha citato un film del 2017, L’Insulto di Ziad Doueiri, dove “una banale lite che inizia da un tubo rotto, con un palestinese che insulta un libanese cattolico per questo, si trasforma in grande violenza verbale e fisica, che li porta in tribunale”. Dove i due “si scoprono simili e arrivano a rispettarsi”.
Nel suo intervento Giuliano Giustarini, studioso del buddhismo, ha spiegato che quella cultura religiosa “lega l’armonia alla reverenza, l’onorare l’altro, anche se è divergente e discrepante. Non arroccandosi in una stasi, occorre un movimento, che è conoscenza”. Nel cinema, ha citato road movie e film di frontiera come “movimento verso l’altro e la differenza”, da Interstellar a Iseption, fino a The Revenant, soffermandosi su Dead Man di Jim Jarmush. Che è il racconto di un’iniziazione, dove il protagonista “inizia un viaggio di rinuncia all’ego, e termina con un viaggio nell’oceano”.
Il caos è negativo, non la differenza
A chiudere la tavola rotonda l’intervento del presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, monsignor Davide Milani, che ha sottolineato come “la Bibbia contrappone alla differenza il caos, quindi la differenza non è negativa, ma lo è il caos. Il processo di Dio è il creare la differenza, che è una condizione positiva. Dove non c’è differenza, c’è il caos. Dio è differente per natura, è Trinità, ed è l’origine della nostra relazione. Senza la differenza non ci sarebbe l’incontro”. Milani ha parlato di un film recentissimo come C’è ancora domani di Paola Cortellesi, per spiegare che “se neghiamo la differenza tra il maschile e il femminile, l’armonia cade”. Ed ha concluso con una citazione di Carlo Maria Martini, suo maestro a Milano, Tratta da Tornando da Gerusalemme, testo scritto nell’agosto 2003. “Vi sono persone e gruppi che se ne nutrono come di un veleno che mentre tiene in vita insieme uccide – scriveva Marini 20 anni fa – Per superare l’idolo dell’odio e della violenza è molto importante imparare a guardare al dolore dell’altro. La memoria delle sofferenze accumulate in tanti anni alimenta l’odio quando essa è memoria soltanto di se stessi (…). Se ciascun popolo guarderà solo al proprio dolore, allora prevarrà sempre la ragione del risentimento, della rappresaglia, della vendetta. Ma se la memoria del dolore sarà anche memoria della sofferenza dell’altro, dell’estraneo e persino del nemico, allora essa può rappresentare l’inizio di un processo di comprensione”.
Il cinema per trovare delle visioni
A conclusione dell’incontro, don Giuliano Savina, direttore dell’Ufficio Cei per l’Ecumenismo e il Dialogo (Unedi), che ha organizzato l’evento in collaborazione con il tavolo preparatorio del Tertio Millennio Film Fest, traccia un bilancio del Festival con Vatican News: “Siamo grati all’Ente dello spettacolo che nella promozione del Tertio Millennio Film Fest apre questo sguardo interculturale, transculturale, interreligioso e transreligioso”, dice. “Perché, e il cinema di questo è maestro, non si tratta semplicemente di far parlare diverse voci ma quella che abbiamo fatto oggi è stato una conversazione spirituale. Perché nel momento in cui ci si ascolta si intuiscono delle convergenze. Rimangono sempre delle distanze, perché ognuno parte da punti di vista diversi, ma nell’ascolto reciproco si coglie l’armonia. Cioè che è possibile tenere insieme le complessità, nella misura in cui si ricerca la vera sostanza della verità, che è l’essere uno, che è l’unità in cui ciascuna persona è chiamata a ritrovarsi”.
In riferimento al dibattito di oggi, Savina sottolinea come sia stato “molto importante” vedere teologi, filosofi di varie culture, diverse religioni trasformarsi anche in critici cinematografici e offrire le proprie esperienze di visione, in questo scambio: “Si vede che è gente che vive il cinema, è appassionata al linguaggio del cinema e il linguaggio del cinema, come più volte è stato detto, ti chiama a coinvolgerti in persona. E proprio per il focus che il cinema è chiamato ad evidenziare, permette di trovare delle visioni, delle intuizioni, che già ti appartengono, ma il cinema ti aiuta a tirarle fuori”.