Terremoto in Marocco, il cardinale López Romero: “È il momento della compassione”

Vatican News

Il sisma ha colpito la regione di Marrakech, oltre mille al momento le vittime. “La gente è traumatizzata”, riferisce un frate francescano dalla zona disastrata. L’arcivescovo di Rabat lancia un appello alla solidarietà

di Giada Aquilino

Trenta secondi, che sono stati però percepiti come un’eternità. Tanto è durato il movimento ondulatorio del devastante terremoto che ha colpito stanotte la regione di Marrakech, in Marocco. Il bilancio, apparso subito drammatico, è al momento di più di mille morti e oltre 1200 feriti, di cui molti gravi. I sismografi hanno registrato la scossa alle 23.11 locali, segnalando una magnitudo 7 sulla scala Richter, poi rivista a 6.8. Lo sciame sismico — avvertito anche in Algeria, Portogallo e Spagna — è continuato per tutta la notte, con centinaia di scosse nell’area interessata, almeno 400 chilometri nella provincia di Al Hazoud, dove sorgono i villaggi berberi, ai piedi dell’Atlante. Ed è qui che a partire dall’alba è cominciata la conta dei danni, con i soccorritori che faticosamente sono riusciti a raggiungere le prime zone più impervie della catena montuosa, vicino alla cima del Toubkal, scavando anche a mani nude tra le macerie.

Il ricordo del sisma di Agadir

Dopo lo shock per la potenza del sisma, il più forte finora registrato nel Paese, a Marrakech le autorità e le équipe di emergenza hanno constatato i danni sulle mura di cinta che circondano il centro storico, patrimonio mondiale dell’Unesco, sbriciolatesi in più punti. A cedere sono state anche molte abitazioni, con le macerie accumulatesi nei vicoli stretti tra gli abitati e nella grande piazza Jamaa el Fna, dove è crollato il minareto di una moschea. Nella parte della città nuova, “lievi crepe” si possono scorgere nel campanile della chiesa dei Santi Martiri a Guéliz, l’unica cattolica di Marrakech, riferisce a “L’Osservatore Romano” il padre guardiano della comunità dei frati minori a cui è affidata, Jean de Dieu Bazibhue Musaka. La situazione, spiega il francescano, si è mostrata subito “difficile per la gente, perché il terremoto ha sorpreso le persone mentre dormivano”. Il frate, originario della Repubblica Democratica del Congo e da 5 anni a Marrakech, racconta di aver sentito nel cuore della notte il suono delle sirene delle ambulanze e dei mezzi di soccorso che hanno interrotto il tragico silenzio dopo la prima scossa, assieme alle urla della gente che cercava riparo per le strade della città. Non ci sono notizie di vittime nella piccola comunità cattolica, che oltre ai tre frati dei Santi Martiri e a 4 suore libanesi, in circostanze normali comprende circa “3.000 persone, tra fedeli locali, turisti, personale diplomatico, studenti e migranti subsahariani”. “Vengo ora da una ricognizione della nostra chiesa: ho potuto vedere delle piccole fessure che si sono aperte nell’edificio e ho notato che è rimasta danneggiata una statua della Madonna”, ma — aggiunge — quello che colpisce di più in questi momenti è “la paura” che si legge negli occhi della gente, che è “traumatizzata” e “ricorda ancora” il terremoto degli anni Sessanta del secolo scorso “che distrusse Agadir”, con una magnitudo di 5.7 e un bilancio di oltre 12.000 morti, e poi quello del 2004, di magnitudo 6.3 ad Al Hoceima, a nord-est di Rabat. “Preghiamo il Signore per tutti coloro che sono morti e affinché sostenga la gente sopravvissuta, nella speranza che questo terremoto non si riveli così catastrofico come quello di Agadir”, confida il frate.

La ricerca di superstiti ain Amizmiz

L’appello alla solidarietà del cardinale López Romero

A preoccupare “sono le vittime, i tanti feriti e i danni strutturali negli edifici, anche nei piccoli villaggi”, spiega, sempre a L’Osservatore Romano, il cardinale Cristóbal López Romero, arcivescovo di Rabat, dove il sisma è stato avvertito, come pure a Casablanca e in altre città marocchine. Adesso, riferisce il porporato, è il momento della “compassione verso le famiglie toccate da questo terremoto, in particolare quelle che hanno perso i loro cari, e assieme verso i feriti e quanti hanno visto distrutte le loro case”. L’arcivescovo di Rabat lancia pure un appello “alla solidarietà da parte dei cristiani e di tutte le persone di buona volontà nel mondo per aiutare nella forma più opportuna”, che si sta stabilendo in questi frangenti. Proprio una riunione di tutte le Caritas parrocchiali in Marocco, già programmata da tempo, si tiene oggi, spiega il porporato, e nel corso dei lavori si farà il punto della situazione: “Un impegno importante anche se simbolico, perché siamo una piccola Chiesa”. “Si cerca di capire come essere d’ausilio ai nostri fratelli musulmani e marocchini tutti”, sull’esempio — va avanti — delle parole di Papa Francesco che, in occasione del suo viaggio del marzo 2019 in Marocco, “ci chiamò a vivere in questo Paese in fratellanza”. La riflessione del cardinale López Romero si conclude con una preghiera “per le anime dei defunti, per la consolazione di quanti toccati dal disastro e per muovere i cuori di tutti” in questo momento di estrema difficoltà.

Gli aiuti internazionali

La macchina degli aiuti internazionali si è intanto già messa in moto, tra il cordoglio e il sostegno di Unione europea e Unione africana in primis, mentre si cerca di rintracciare i cittadini stranieri nel Paese. La Conferenza episcopale italiana ha deciso lo stanziamento attraverso Caritas Italiana di 300.000 euro dai fondi 8xmille, come aiuto immediato per le prime necessità dei disastrati. “Alle sorelle e ai fratelli del Marocco giunga il nostro profondo cordoglio e la nostra vicinanza”, ha affermato il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, pregando per le vittime e i loro familiari. “Assicuriamo inoltre il sostegno delle nostre Chiese, stringendoci a tutti coloro che sono stati colpiti da questa calamità e alla comunità marocchina in Italia ferita negli affetti”.