Intervista de L’Osservatore Romano al patriarca ortodosso di Gerusalemme che ha celebrato ieri nel “Catholicos” della Basilica del Santo Sepolcro una cerimonia funebre per i 18 cristiani morti nell’attacco della chiesa ortodossa a Gaza
di Roberto Cetera
Si è svolta ieri mattina nel “Catholicos” della Basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme una cerimonia funebre per i 18 cristiani uccisi nel bombardamento della chiesa ortodossa di San Porfirio a Gaza. Alla celebrazione, presieduta dal patriarca ortodosso, Teofilo III, hanno partecipato anche il nunzio apostolico, monsignor Adolfo Tito Yllana, e il custode di Terra Santa, padre Francesco Patton. Al termine della cerimonia Teofilo ha risposto ad alcune domande de L’Osservatore Romano.
Sua Beatitudine, Qual è la situazione dei cristiani sopravvissuti alla terribile tragedia della bomba caduta sulla vostra chiesa a Gaza?
La tragica esplosione della bomba sulla nostra chiesa a Gaza ha avuto un profondo impatto sulla comunità cristiana a Gaza e nel resto della Terra Santa. I sopravvissuti di questa terribile esplosione sono resilienti e pieni dello spirito di Cristo. Hanno mostrato fede in seguito a questa terribile prova. Ci siamo riuniti come comunità per sostenerci gli uni gli altri, pregando per la guarigione e per la forza dinanzi all’avversità. Come fedeli cristiani, siamo chiamati a essere operatori di pace e a cercare la giustizia. La nostra risposta a questo crimine di guerra deve servire come faro di speranza, dimostrando la forza trasformativa della fede e la capacità dello spirito umano di elevarsi al di sopra delle tenebre della guerra.
Ora quali iniziative state adottando per proteggerli e sostenerli?
In questo tempo difficile, è nostro sacro dovere tendere la mano a sostegno e a protezione dei nostri fratelli cristiani e a tutti coloro che sono colpiti dalla tragedia a Gaza. La comunità cristiana, attraverso i patriarchi e i capi delle Chiese a Gerusalemme, si sta adoperando instancabilmente per offrire aiuto umanitario e soccorso a quanti hanno più sofferto. Le nostre organizzazioni caritative stanno collaborando con partner locali per assicurare che bisogni essenziali come cibo, riparo e assistenza sanitaria vengano soddisfatti al meglio delle nostre capacità data la decisione d’Israele di tagliare, dal 7 ottobre, la fornitura di acqua, elettricità, cibo e medicinali. Attraverso la preghiera, il sostegno e l’aiuto concreto siamo determinati nella nostra missione di proteggere e sostenere quanti sono colpiti da questa tragedia, seguendo gli insegnamenti di Cristo, che ci ha chiamati a essere strumenti di pace e agenti di guarigione in un mondo bisognoso di amore e compassione.
Quale sentimento prevale tra la vostra gente in tutta la Palestina e in Israele?
Il sentimento tra le nostre comunità cristiane è un sentimento di speranza, resilienza e profondo impegno verso la nostra fede. Mentre la regione affronta circostanze complesse e difficili, i nostri fratelli e sorelle cristiani rimangono saldi nella loro determinazione a vivere gli insegnamenti di Cristo. In questa terra diversa e spesso litigiosa, continuiamo a promuovere pace e coesistenza. Partecipiamo attivamente a dialoghi interconfessionali e a impegni collaborativi, sforzandoci di costruire ponti tra popoli di contesti e credenze differenti. Le nostre comunità servono da testimonianze vive del messaggio di amore, perdono e riconciliazione che è al centro del cristianesimo. Al tempo stesso, non possiamo negare le difficoltà e le avversità che devono affrontare molti nella regione, specialmente coloro che vivono sotto gli orrori degli attacchi aerei e dei bombardamenti di artiglieria a Gaza. Essenzialmente, il nostro è un messaggio di fede incrollabile, impegno per la pace e convinzione che, come cristiani, siamo chiamati a essere operatori di pace in questa terra, incarnando la speranza di un futuro più luminoso e armonioso per tutti i suoi abitanti. Continuiamo a pregare e a operare per la pace, la giustizia e il benessere di ogni anima in questa sacra e tormentata regione.
Possiamo immaginare il suo dolore e la sua sofferenza personali, come anche la difficile situazione nella quale si trova al momento. Quali sono i suoi sentimenti personali in questo tragico momento?
Come Patriarca di Gerusalemme, e insieme agli altri capi delle Chiese a Gerusalemme, porto il peso della responsabilità per il benessere spirituale e per la serenità delle nostre comunità cristiane in questa regione, nonché della salvaguardia del pellegrinaggio in Terra Santa per conto di tutti i cristiani nel mondo. È una posizione che spesso comporta grandi sfide e decisioni difficili, specialmente in tempi di disordini e conflitti. I nostri sentimenti personali in simili momenti sono radicati negli insegnamenti di Cristo, che mi guidano a mantenere la fede, la speranza e la carità. Di fatto, provo profonda empatia per la sofferenza della nostra gente e il mio cuore è addolorato per coloro che sopportano le avversità di questa terra. Sento anche una profonda responsabilità a guidare con l’esempio, mostrando a tutti il messaggio di Cristo di compassione, perdono e riconciliazione. Dinanzi alle sfide e alle difficoltà personali, mi vengono in mente le parole di San Paolo “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Fil 4, 13). È con questa forza e con il sostegno della nostra comunità di fede che svolgo il complesso ruolo che ricopro nella ricerca di giustizia, pace e miglioramento per tutti i figli di Dio in questa terra sacra.