Susanna Tamaro: l’amore è ciò che dà senso alla vita ed è l’unica cosa che resta

Vatican News

Il libro “Il vento soffia dove vuole” della scrittrice di origini triestine dà espressione all’importanza dei legami famigliari, ma anche alla dimensione spirituale e al rapporto di ciascuno di noi con la vita e con la morte. A raccontare caratteri e storie dei protagonisti tre lettere. Scrivere una lettera, dice l’autrice, “è un atto di ribellione” in questo nostro tempo dominato dai social, farlo vuol dire confrontarsi in profondità e sincerità con se stessi

Adriana Masotti – Città del Vaticano

 “Un inno alla forza dei legami famigliari e all’importanza di dare un senso alla nostra vita”: così si presenta il più recente libro di Susanna Tamaro Il vento soffia dove vuole, pubblicato dall’editrice Solferino. La descrizione che si trova nella seconda di copertina del volume prosegue: “Ci sono momenti nella vita in cui si sente il bisogno di prendersi una pausa e ripercorrere con calma le tappe della nostra esistenza. Così Chiara, alla soglia dei sessant’anni, approfittando dell’improvviso silenzio che avvolge la sua casa in collina, decide di scrivere tre lettere”. La prima ad Alisha, la figlia adottiva di origini indiane, la seconda a Ginevra, la figlia naturale, e la terza al marito Davide, pensando che un giorno la leggerà anche il figlio Elia, ancora troppo piccolo. A legare tutte è il sentimento dell’amore della madre, declinato nei diversi linguaggi in cui si esprime nei confronti degli altri. “Il vento soffia dove vuole ci cattura, ci consola e ci guarisce”, si legge ancora nell’introduzione e, al microfono di Vatican News/Radio Vaticana, l’autrice afferma che il suo desiderio era donare un po’ di bellezza e di speranza ai lettori in un tempo particolarmente triste e difficile.

Un percorso che va in profondità nelle relazioni in famiglia

“L’espediente di Chiara, la protagonista, di scrivere lettere ai membri della sua famiglia – scrive L’Osservatore Romano il 2 dicembre scorso nella recensione al volume – non è nuovo, ma attraverso la descrizione della relazione con ciascuno di essi racconta frammenti importanti della sua vita. In ciascuno lei scende molto in profondità nei pensieri e nelle emozioni che si trovano al centro del suo cuore”. Nel racconto emerge il percorso di Chiara che la porta da un’iniziale indifferenza nei riguardi del trascendente fino alla conquista della fede e al battesimo ricevuto insieme al piccolo Elia. “Pagina dopo pagina – scrive ancora il quotidiano vaticano – si dipanano i giorni di una donna forte che ha vissuto gli ultimi 40 anni della nostra storia e se non è stata protagonista della Storia, ne ha attraversato le derive approdando a una propria sintesi che nella piccola storia di ogni giorno ha bisogno di essere rivista e consolidata”.

“Non temere Ginevra, perché la vita è sempre più grande e più forte dei cupi fantasmi che si aggirano nei nostri cuori e si rinnova con straordinaria creatività quando siamo in grado di tenere viva in noi l’unica fiamma capace di affrontare il dolore del mondo. La fiamma dell’amore.”

Tamaro: la vita è qualcosa di appassionante

Prendendo spunto dal libro Il vento soffia dove vuole, i temi di conversazione con Susanna Tamaro sono numerosi e di grande attualità, sia che si tratti della “dittatura” dei social, dei rapporti tra genitori e figli, dell’accoglienza della vita, sia che si voglia ragionare dei legami famigliari e dell’amore, o ancora della dimensione spirituale spesso oggi negata o scarsamente presa in considerazione. 

Ascolta l’intervista a Susanna Tamaro

Susanna Tamaro, cominciamo dalla struttura del libro: come in alcuni dei precedenti, lei affida alla forma della lettera il racconto della storia e dei sentimenti dei protagonisti. Perché questa scelta, perché scrivere lettere quando quasi nessuno più oggi le scrive, che cosa rappresenta per lei scrivere una lettera?

Effettivamente scrivere lettere è per me una forma di ribellione a questo tempo che divora ogni sentimento, ogni emozione, ogni pensiero. Ho letto che le Poste stanno togliendo tutte le cassette delle lettere perché non servono più. È stato un atto di continuazione di Va dove ti porta il cuore anche se in quello c’era un’unica voce, mentre qui volevo far sentire una sinfonia di voci che si completavano a vicenda. È stato molto difficile, perché intrecciare tre lettere a tre persone diverse raccontando gli stessi eventi è stato molto impegnativo dal punto di vista narrativo, ma penso anche importante perché solo la lettera ci permette di andare in fondo all’anima, in fondo ai pensieri, di non mentire, di non nascondere e di metterci a nudo in maniera innocente.

Partendo dalle pagine del suo libro abbiamo modo di affrontare tanti temi. Ad esempio, la difficoltà della coppia della storia ad una nuova maternità dopo un’interruzione di gravidanza, ma anche della decisione non facile di accogliere un figlio non proprio…

Sì, è un libro in fondo tutto sulla maternità, su che cos’è accogliere la vita: un figlio non voluto, rifiutato, un figlio che arriva non si sa da quale storia, e un figlio diciamo ufficiale, dunque c’è l’amore oblativo verso il figlio adottato, l’amore rifiutato e poi l’amore classico di una madre perché credo che in questo tempo siamo tanto carenti di amore materno. La nostra è una società sempre più selvaggia, sempre più crudele, le donne inseguono miti che le sradicano da loro stesse, e l’idea che l’amore è accoglienza, ascolto, crescita e accettazione anche della diversità è ormai scomparsa dal nostro orizzonte. Ma quando hai un figlio adottivo e un figlio tuo, già ti devi confrontare con due realtà molto diverse, ma entrambe immerse nell’amore, così come quel figlio che avevi rifiutato – e che non è una massa di cellule come si dice adesso e che comunque sarebbe diventato un bambino – dunque anche quello è un amore, è una voragine, ma c’è quella voragine e non si può ignorare.

Copertina del libro di Susanna Tamaro

L’incontro di Chiara con Davide, il futuro marito, è un incontro tra due mondi differenti e viene fuori la difficoltà ad amare, ad essere amati, ma anche la difficoltà ad impegnarsi per la vita. È un po’ un ritratto della nostra società? 

Sì, volevo fare un personaggio maschile positivo perché il mondo non è fatto di uomini stupratori, maltrattatori ecc…, ci sono tanti uomini, ringraziando il cielo, degni di questo nome. Davide è un uomo forte, che ha dei valori, è un uomo che crede nella famiglia e viene da un mondo socialmente opposto a quello di Chiara, e questo era molto importante da raccontare per dire come si superano le differenze sempre attraverso l’amore.

Nel libro è presente con forza il tema del trascendente e della fede, anche dei limiti e delle nostre fragilità. Insomma, mi sembra che lei voglia dire che la persona umana, noi, siamo più di quello che ci fanno credere di essere, dei meri consumatori ad esempio…

Assolutamente, il discorso della fede è centrale qui come in tutti i miei libri, ma in questo raggiunge il punto finale in qualche modo, perché Chiara proviene da una famiglia atea, non è neanche battezzata, mentre Davide viene da una famiglia cattolica e questo si percepisce nella sua solidità rispetto alla fragilità di Chiara, ma Chiara ha questo anelito da sempre, perchè è un anelito che noi abbiamo nell’anima dalla nascita ma che viene totalmente negato dalla società che ci vuole consumatori e manipolabili. E invece la persona umana è di una enorme complessità e dunque Chiara fa un cammino di fede e il marito non fa nulla mai per convincerla, ma la vita accanto a lui la porta a capire che quello è il percorso che le darà la totalità della vita. E alla fine, dove si dice che Dio ama i ribelli è vero: noi immaginiamo la fede come un obbedire supinamente a delle cose che ci vengono ordinate dall’alto ma non è così, ora più che mai Dio ama i ribelli a questo mondo che va verso la barbarie, verso la follia, verso la disumanità più totale.

E poi il tema del dolore: Davide, medico pediatra, viene accusato falsamente di pedofilia e qui emerge la scoperta del valore che il dolore può avere. Mi sembra che si può scrivere di questo solo se lo si è sperimentato in qualche modo…

Certo, io sono stata oggetto di linciaggio mediatico per tanti anni e quindi sono molto esperta di queste cose e del come una persona può venire distrutta e in questi tempi le cose sono tanto peggiorate perchè abbiamo i social, abbiamo la macchina del linciaggio che facilmente va fuori controllo per cui basta, appunto, un evento casuale come quello che capita a Davide per scatenare una macchina del fango con tutte le conseguenze. Credo che per una persona onesta, pura di cuore, questo sia un enorme shock, ma è solo nel dolore profondo che troviamo le verità più luminose della nostra fede altrimenti sarebbe senza radici. Dunque, è un passaggio molto importante che dà forza a Davide, come anche la famiglia che in quel momento gli è vicina e lo sostiene.

L’autrice di “Il vento soffia dove vuole”

A trent’anni da “Va dove ti porta il cuore”, con questo libro veniamo riportati all’interno di complesse dinamiche generazioni. La famiglia è fondamentale ma non è certo una realtà facile da vivere. Del rapporto tra le generazioni parla spesso anche il Papa come un nodo importante nella vita di tutti.

È un nodo fondamentale ed è un nodo gravemente rimosso, invece noi veniamo da una genealogia, noi siamo il frutto di tutte le persone che ci hanno preceduto e solo in base a questo diventiamo persone vere. Se togliamo la genealogia siamo veramente delle foglie al vento perché non abbiamo nessuna radice. Ma questa società che vuole uomini manipolabili, uomini consumatori, non desidera altro che tagliare la nozione di radice.

Giovedì scorso Papa Francesco ha chiesto agli artisti della Fondazione Arena di Verona, di continuare “a donare felicità, diffondere serenità, comunicare armonia”. In questo periodo particolarmente triste lei pensa che il mondo della cultura, può svolgere un ruolo particolare per aiutarci a capire la realtà e a non perdere la speranza?

Assolutamente sì, anche se c’è smarrimento e incapacità, perché abbiamo negato per tantissimi anni l’esistenza di un bene che ci trascende. Il bene viene considerato qualcosa di prêt-à-porter, ma questo non funziona e proprio in momenti come questi si capisce che è molto importante capire da che parte stare, non avere un’opinione, sto con questo o con quello, ma sto col bene o sto contro il bene. Ma è possibile che persone che come me sono nate poco dopo la seconda guerra mondiale, che abbiamo ancora presente la guerra nei racconti dei nonni, dei genitori, dobbiamo vedere i bombardamenti e queste cose che pensavamo archiviate per sempre e che non sarebbero più successe, mentre tutte le organizzazioni internazionali sono “acqua fresca”, non servono a nulla, perché… è successo? Io quando ho scritto Il vento soffia dove vuole avevo proprio il desiderio di scrivere un libro che lasciasse serenità, speranza, che desse l’idea che la vita è una cosa appassionante e che si costruisce attraverso l’amore perché credo che, come ha detto il Papa, gli artisti hanno il dovere in questo momento di parlare della positività della vita e dell’amore e anche delle difficoltà di questo, perché non è passeggiata, però è l’unica via che ha l’uomo per essere se stesso. Dunque è un compito importantissimo per gli artisti parlare della bellezza, dell’amore e della gratuità.

Susanna Tamaro

Susanna Tamaro, che cosa le piace di questo nostro mondo e che cosa invece la fa soffrire di più?

In questo momento mi fa soffrire quasi tutto, in particolare questo smarrimento anche creato volutamente. Sono contenta quando incontro i ragazzi che si ribellano, che sono curiosi, che vanno alla ricerca di una realtà che gli appartiene più di quella che gli viene proposta. Mi sono accorta in questi anni di quanto bisogno hanno i ragazzi di avere modelli positivi, persone che parlino loro anche con durezza, ma con chiarezza, di non avere mistificazioni. Io credo molto nei ragazzi che coltivano l’inquietudine e che riescono ad uscire dalla palude nella quale vengono spinti fin da piccoli dall’invasione perversa dei media.

Che cosa invece le piace della sua vita e che cosa vorrebbe cambiare?
Mi piace tutto. Diciamo che nella mia vita io ho sofferto veramente tantissimo ma credo che questo fosse il prezzo da pagare per poter andare più profondità in ogni racconto. Quello che mi piace è che ho costruito una vita piena di amore, sono circondata da persone che vivono nell’amore, e questa è l’unica cosa che ha senso nella vita perché quando chiuderemo gli occhi non ci ricorderemo di aver posseduto una certo modello di automobile o di aver vinto un premio letterario, ma penso che ricorderemo soltanto l’amore che abbiamo dato o ci pentiremo di quello che non abbiamo dato. Dunque io sono contenta perché intorno a me ho una vita costruita tutta di amore.