Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Commentando alcuni contenuti del Messaggio del Papa per la Quaresima, dal titolo “Non stanchiamoci di fare il bene; se infatti non desistiamo a suo tempo mieteremo. Poiché dunque ne abbiamo l’occasione, operiamo il bene verso tutti”, alla conferenza stampa di presentazione nella Sala Stampa della Santa Sede, suor Alessandra Smerilli, segretario ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ricorda l’invito del Papa a dedicare la giornata del 2 marzo alla preghiera e al digiuno per la pace. La religiosa evidenzia che, nel suo Messaggio, Francesco, esortando a fare il bene, invita a guardare ogni persona incontrata con gli occhi di Cristo e riconoscendo gli occhi di Cristo. E aggiunge che non possono far perdere la speranza i “venti di guerra”, i “decenni di scriteriato riarmo” con l’aumento delle spese in armamenti e la “pandemia che ha mietuto vittime, esasperato le diseguaglianze”, messo in luce ciò che non funziona nei nostri sistemi economici e sociali, “imposto nuovi interrogativi”, perché “Dio crede nella terra e se ne cura come un agricoltore, non abbandona il suo campo”.
L’impegno della Chiesa nei luoghi in difficoltà
Rispondendo alle domande dei giornalisti a proposito dell’impegno della Chiesa di fronte alla realtà attuale e a quanto sta accadendo in Ucraina, il segretario ad interim del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale precisa che da parte del Dicastero c’è sempre un’attenzione speciale per quei territori dove ci sono situazioni particolari, insieme all’ascolto e al dialogo, per mettere al centro le persone e le necessità e non gli interessi di parte, per “comprendere le situazioni, soprattutto di chi più ha bisogno” e collaborare poi con le Chiese locali perché si possa fare il meglio, portando la carità e “l’attenzione che Papa Francesco chiede in questi casi”. “Chiaramente – osserva suor Smerilli – adesso c’è un’attenzione particolare, perché immaginiamo che tante più persone soffriranno, e già stanno soffrendo”. La religiosa salesiana riferisce, poi, che in un incontro con la Commissione Vaticana Covid-19, il Papa ha invitato “ad essere quel terreno fertile che crea le condizioni perché il seme possa germogliare” e “ha chiesto di preparare il futuro, perché possa essere diverso dal presente”.
La pista di impegno e responsabilità suggerita dal Papa
Anche il cardinale Francesco Montenegro, membro del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, nel suo intervento, ribadisce che di fronte alla crisi che il mondo sta attraversando, non bisogna scoraggiarsi, perché dalla Pasqua giunge la speranza che deve spingere tutti a non stancarsi di fare il bene, come invita Papa Francesco nel suo Messaggio per la Quaresima. Un invito che per il porporato acquista “un valore particolare alla luce della situazione storica che stiamo vivendo”, in particolare riguardo ai venti di guerra in Ucraina e in Russia, “alla crisi sanitaria, economica e sociale a motivo della pandemia”, allo scandalo della fame in varie aree del pianeta, alle “disuguaglianze accentuate dalla mancanza di lavoro o dallo sfruttamento dei più deboli”, che interpellano anche la Chiesa. E in tale contesto, rimarca il cardinale Montenegro, il Messaggio di Francesco “costituisce una pista di impegno e di responsabilità”. Ai cronisti il porporato fa rilevare che il Papa suggerisce uno stile con il quale affrontare le problematiche. Così, ad esempio, di fronte alle migrazioni nessuno dovrebbe dire di non potere fare nulla, ma ciascuno dovrebbe vedere l’altro come fratello. “Se ci si impegna nella semina sarò possibile un raccolto” evidenzia il cardinale Montenegro, sostenendo che è importante non perdere la visuale di amore e di integrazione con l’altro perché possa essere possibile un mondo più umano.
Non stancarsi di pregare, di estirpare il male e di fare il bene
“Ciascuno per la propria parte siamo chiamati a non stancarci a fare il bene, a seminare giustizia e carità, a non desistere dal percorrere strade di promozione umana, a lavorare assiduamente affinché ognuno sia rispettato nella propria dignità” puntualizza il porporato. Invitando a leggere e meditare le parole del Papa, il cardinale Montenegro insiste anche sulla sua triplice esortazione a “non stancarsi di pregare” perché è “nella preghiera che si ritrova la forza per lottare e per attraversare le prove”; a “non stancarsi di estirpare il male dalla propria vita”, in particolare, “durante la Quaresima attraverso il digiuno e valorizzando di più il sacramento della riconciliazione”; a “non stancarsi a fare il bene nella carità operosa verso il prossimo”, prendendosi cura degli altri, chinando lo sguardo su chi è nel bisogno, soccorrendo chi non ce la fa e risollevando poveri ed emarginati. “La Quaresima è, in qualche modo, immagine e specchio di tutta quanta la vita del cristiano. Come tale costituisce un allenamento, una vera e propria palestra”, afferma il cardinale Montenegro, aggiungendo che questo tempo liturgico insegna che “sempre si può ricominciare, con l’aiuto della misericordia di Dio, sempre ci si può rialzare e riprendere la sequela del Maestro per giungere con Lui alla Croce e alla Risurrezione”.
L’esempio di don Mostioli e del suo ministero al fianco degli zingari
Ad offrire una testimonianza di impegno concreto per il bene degli altri, degli ultimi e del prossimo è don Massimo Mostioli. Sacerdote della diocesi di Pavia e della Comunità Casa del Giovane, fondata dal servo di Dio don Enzo Boschetti, racconta di essere stato accompagnato al sacerdozio e al servizio pastorale fra gli zingari proprio da lui e da don Mario Riboldi scomparso l’8 giugno dello scorso anno all’età di 96 anni dopo una vita spesa in missione fra rom e sinti, con una roulotte come canonica in un campo di Brugherio, nella provincia di Monza. Don Mistioli abita in un camper, “per incontrare ed essere accolto dagli zingari là dove si trovano, vivendo la loro vita e imparando la loro lingua”. Rivela di essere “felice di questo servizio”, di voler bene agli zingari e del loro reciproco affetto. “La possibilità di portare loro la Parola di Dio che salva e libera mi dà tanta gioia, malgrado i fallimenti, le delusioni e le incomprensioni, che però insegnano a crescere in umiltà – sostiene -. La nostra vocazione deve fare innamorare – prosegue -, io offro la mia passione, nutrita dal coraggio e dalla certezza che è il Signore che guida i nostri passi”.
Non basta la buona volontà, occorre essere vicini all’altro
Il sacerdote segue in particolare gruppi di zingari cattolici, avvicinandoli per battesimi, comunioni e cresime; celebra Messa fra loro e organizza giornate di lettura e preghiera con la Bibbia. Precisa che nell’attività pastorale, come nella vita, le persone che si incontrano e che hanno bisogno “non sono sempre brave, educate e gentili: a volte pretendono, fingono e ti imbrogliano”, ma richiama all’insegnamento lasciato da Gesù di perdonare fino “a settanta volte sette” e rimarca che “è importante non lasciarsi intossicare dalla rabbia e dal rancore per il rischio di essere manipolati o di diventare una carta di credito, derivanti da una relazione impostata male”. Avverte che per accostarsi all’altro non bastano buone intenzioni e buona volontà, ma occorre attenzione, ascolto e amore, vicinanza. Come quella che prova a offrire a una nonna, madre di sette figli, rimasta vedova all’età di 45 anni e trovatasi ad accudire anche due nipoti, abbandonati dalla nuora dopo la morte del loro padre. Una donna “semplice e buona”, la descrive don Mistioli, che custodisce ancora il ricordo del marito e del figlio scomparsi, che “vive solo per i figli e i nipoti”, ma che non ha smesso di andare a Messa e di pregare.