Chiesa Cattolica – Italiana

Suor Helen Alford: preservare i popoli indigeni per salvare il futuro del mondo

La religiosa, presidente della Pontificia Accademia di Scienze Sociali, illustra il workshop promosso alla Casina Pio IV nei giorni scorsi sul tema “La conoscenza delle popolazioni indigene e le scienze”: “Un incontro che ci ha dato linee guida molto importanti. L’udienza con il Papa è stata una sorta di riscatto da tutte le sofferenze che spesso si sono trovate a dover subire queste persone”

Marina Tomarro – Città del Vaticano 

Scienziati e rappresentati delle popolazioni indigene provenienti da tutto il mondo riunite per la prima vota in Vaticano per parlare non solo delle problematiche ma soprattutto sulle prospettive future e delle sfide che ci saranno negli anni prossimi. È stato questo l’obiettivo del workshop “La conoscenza delle popolazioni indigene e le scienze. Combinare conoscenza e scienza su vulnerabilità e soluzioni per la resilienza”, promosso Pontificie Accademie delle Scienze e delle Scienze Sociali, che si è svolto nei giorni scorsi nella Casina Pio IV in Vaticano. I partecipanti sono stati ricevuti con grande emozione anche in udienza da Papa Francesco. “Questo incontro – spiega suor Helen Alford presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali – è stato fortemente voluto dagli scienziati, perché loro in passato hanno avuto molti incontri con le popolazioni indigene e hanno capito che sono una fonte di conoscenza meravigliosa. Quindi ci è sembrato naturale far seguire alle giornate di workshop anche l’udienza con il Papa. È stato un momento davvero molto bello, soprattutto per i rappresentanti delle popolazioni, questo incontro con il Pontefice è stata una sorta di riscatto da tutte le sofferenze che spesso si sono trovati a dover subire”.

Ascolta l’intervista a suor Helen Alford

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2024/03/19/12/137806829_F137806829.mp3

Proteggere la diversità di tradizioni e culture, quanto è importante e cosa è emerso dall’incontro che avete avuto?

In questo incontro c’erano due obiettivi: da una parte proteggere i popoli, preservando le loro lingue, i loro costumi e tradizioni che rappresentano un mondo da cui noi possiamo imparare molte cose, e dall’altra la consapevolezza che loro possono diventare nostri alleati nella crisi climatica, come per la biodiversità, dove possono aiutarci ad affrontare questo problema. Il Papa infatti ha parlato di un approccio più umano che possiamo condividere tra di noi. Infatti erano presenti persone provenienti da ogni parte del mondo, che ci hanno illustrato come nella loro vita quotidiana agiscono per la protezione del clima e delle biodiversità. Sono arrivati davvero da parti molto lontane del pianeta dove ci sono situazioni climatiche anche particolari. Ad esempio uno di loro proveniva da una località al nord del Canada, e la sua comunità studia le balene. Avevano scoperto cose fantastiche, che condividevano con gli scienziati per studiare meglio questa specie. C’era anche una scienziata che collabora in America con l’amministrazione del presidente Biden, e grazie proprio al suo supporto ora tutti i ministeri devono avere una particolare attenzione verso le comunità indigene americane. Sono venuti anche dei docenti delle università indigene che sono presenti in America Latina, condividendo le loro esperienze. Sono state giornate importanti perché abbiamo potuto avere un arricchimento culturale ed umano reciproco.

Suor Helen, perché c’è stata sempre questa diffidenza verso queste popolazioni?

Quando sono arrivati i conquistatori in queste nuove terre, hanno trovato una natura meravigliosa, che però non hanno saputo rispettare. Soprattutto in America Latina le popolazioni locali vennero molto disprezzate all’inizio, solo successivamente arrivarono i diritti umani anche per loro. Ci sono ancora oggi delle profonde ferite che devono essere guarite.

Suor Alford ospite a “La Finestra del Papa”

Quanto è importante il contributo dei governi e delle istituzioni internazionali per proteggere queste minoranze?

Adesso loro giocano un ruolo fondamentale, perché se c’è una base giuridica con cui difendersi, per questi popoli è tutta un’altra situazione. In particolare sono molto importanti le convenzioni internazionali, perché permettono loro di difendersi sul serio, anche in caso di una situazione nazionale molto sfavorevole.

Alla fine da questo incontro cosa ne è venuto fuori? 

Per adesso stiamo lavorando ad una dichiarazione finale suddivisa in tre parti, una parte dedicata al rispetto e al dialogo, con tutta una serie di attività per migliorare questo aspetto; una seconda parte dedicata più alla politica e un’ultima parte su come sviluppare insieme nuovi progetti. Oggi esistono diverse piattaforme digitali, dove tutti insieme, gli scienziati, i politici, e i popoli indigeni, possono incontrarsi e condividere informazioni, e creare nuovi strumenti. Noi abbiamo cercato di rinforzare questi sistemi in particolare quelli che trattano la struttura alimentare e l’agricoltura. Tutto ciò è particolarmente utile anche alla luce di quelli che sono i cambiamenti climatici, le migrazioni a causa di essi che vanno a coinvolgere oltre sessanta milioni di persone e una corrispondenza del 25% della superfice terrestre. Sono tutti luoghi cruciali per il futuro del mondo e quindi i loro problemi coinvolgono anche noi.

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