Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Il beato Alberione è più vicino al popolo di Dio. L’urna con il suo corpo è stata trasferita ieri sull’altare dedicato a Gesù Maestro, nella chiesa superiore di Santa Maria Regina degli Apostoli. Durante la Messa, presieduta dal cardinale Angelo De Donatis nel giorno in cui la Chiesa celebra la solennità di Tutti i Santi, è stato ricordato che la salvezza appartiene a Dio. E si deve guardare, ha detto il porporato, verso la povertà evangelica. Il beato Alberione, ha affermato il vicario del Papa per la Diocesi di Roma, “lo intuì meravigliosamente”.
Beati i poveri
Nell’omelia, il cardinale De Donatis ha esortato ad alzare lo sguardo verso “la Chiesa celeste strappata dal fango della mondanità”. A contemplare “la Chiesa dei martiri, dei confessori, delle vergini, dei pastori e di tanti semplici battezzati che, con la loro santità nascosta, hanno lasciato che lo Spirito Santo camminasse tra di noi”. “Non ci viene chiesto di diventare migliori, più competenti – ha affermato il vicario – ma ci viene solo chiesto di abbracciare la prima beatitudine: beati i poveri”. Già don Alberione scriveva che nella prima beatitudine “è racchiuso l’incipit della santificazione della mente e quindi di un modo di vivere a misura del Vangelo”. In realtà oggi, ha osservato De Donatis, viviamo in un’epoca che “ci sta redendo poveri e fragili anche se non lo vogliamo”: “Pochissime vocazioni, crisi dell’editoria, stanchezza diffusa spesso accompagnata da mancanza di speranza e la pandemia”. La povertà verso cui guardare, ha spiegato il porporato, è quella evangelica. La povertà offerta da Gesù come beatitudine è “un orizzonte”, una condizione favorevole, “una sorta di segreto di riuscita”. E don Alberione “lo intuì meravigliosamente”, affermando “che bisogna sempre iniziare dal presepe, dalla povertà di Betlemme”.
Le tentazioni contro la povertà evangelica
Il vicario di Roma ha ricordato anche che sono tante “le tentazioni contro la povertà evangelica” e alcune “sono più insidiose di altre”. Una di queste è “la perdita dello scopo”: “Nelle famiglie religiose ci può essere il rischio di confondere il mezzo con il fine”. Lo scopo della famiglia paolina è “la santità dei membri che si comunica, attraverso tutti i mezzi, agli uomini del nostro tempo”. Rivolgendosi a quanti fanno parte di questa Famiglia, il porporato ha aggiunto: il compito è quello di “comunicare la santità che avete nel cuore”. Don Alberione voleva editori, scrittori. E voleva che non solo si facesse conoscere la santità degli altri, ma che si comunicasse la propria. Questo, ha sottolineato il cardinale De Donatis, è lo scopo: “Santificare e santificarsi attraverso l’apostolato della comunicazione”. Lo scopo primario, ha ripetuto, è essere santi e questo non va mai dimenticato. Un’altra tentazione è la “professionalizzazione eccessiva”: bisogna essere competenti, intraprendenti nell’apostolato, però non si deve cadere “nell’illusione di pensare che il problema della missione si risolva acquisendo competenze sempre nuove e all’avanguardia”. La vera professionalità, ha osservato De Donatis, risiede “nel santificare la mentalità” in modo da poter “giudicare la storia e il mondo alla luce della sapienza divina”.
Strumenti di comunione
Riflettendo sul tempo attuale, scosso dalla pandemia e da una moltepllicità di crisi, il superiore generale della Società San Paolo, don Valdir José De Castro, ricorda che la sfida per la Famiglia Paolina non è solo quella di “trasmettere contenuti attraverso le diverse piattaforme”, ma di essere “strumenti di unità e di comunione”. Strumenti che riflettono i passi compiuti dal Beato Alberione.
Quale è stato “il segreto del successo”, lungo la via della santità nella vita e nella testimonianza del beato Alberione?
Se partiamo con il chiederci quale tipo di santità sia, diciamo che è vivere uniti a Cristo. Don Alberione ha vissuto unito a Gesù. Lui ha vissuto la sanità come un’alleanza con Gesù. E tra tutte le opere che ha realizzato, la Famiglia Paolina è quella più feconda.
Il primo novembre, nel giorno del trasferimento dell’urna con il corpo del beato Alberione, il cardinale De Donatis ha ricordato che sono diverse le tentazioni contro la povertà evangelica. Tra queste, il rischio di confondere il mezzo con il fine e quello di una eccessiva “professionalizzazione”. Quello che conta, dunque, è comunicare il Vangelo, non tanto i mezzi e gli strumenti con cui si comunica. E le competenze più importanti non sono tanto quelle a passo con i tempi, ma quelle che crescono nel cuore…
La professionalizzazione è importante in vista di una preparazione per attuare, ad esempio per noi paolini, una comunicazione sociale. Ma è evidente che questo è un mezzo. Non è il fine. Più importante della professionalizzazione è la vocazione, la chiamata di Dio ad una missione. Noi cerchiamo di prepararci bene per questa missione anche professionalmente. È importante prepararsi. Al di sopra di questa preparazione sia intellettuale sia operativa, però, c’è la vocazione, la chiamata di Dio e una risposta a questa chiamata nei tempi di oggi. La missione principale è quella di evangelizzare.
Lo scopo primario dunque, come ha detto il cardinale De Donatis, è essere santi. “Santificare e santificarsi attraverso l’apostolato della comunicazione”. Questa è la missione dei membri della Famiglia Paolina. Ovvero, passare dalle vie della comunicazione a quella di una autentica comunione…
Esattamente. Comunicare significa non solo trasmettere contenuti. Comunicare significa creare comunione, condividere, creare armonia. Il primo esempio di comunione perfetta e di comunicazione è la Trinità. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo vivono in unità, in comunione. Santificarsi è entrare in questo cammino e vivere in perfetta armonia con la Trinità ma anche con i confratelli creando sempre comunione. E la comunione si mantiene tramite la comunicazione. Noi paolini, che nella Chiesa abbiamo una missione specifica nella comunicazione, siamo chiamati a vivere questo cammino. Non dobbiamo solo trasmettere contenuti attraverso le diverse piattaforme ma dobbiamo essere strumenti di unità e di comunione. Questo nasce da una comunicazione vera, da una comunicazione che ascolta, dialoga e crea armonia.
Quali sono le opportunità che anche oggi, in questo tempo segnato da una crisi di vocazioni e dalla pandemia, si possono cogliere seguendo l’esempio di don Alberione?
Se consideriamo la società nel post pandemia vediamo che questa società ha bisogno di guarire non solo l’aspetto fisico ma anche quello psicologico. La nostra missione nella comunicazione diventa sempre più importante e necessaria. C’è una domanda che noi ci poniamo come paolini: cosa stiamo facendo per migliorare la società dal punto di vista umano e cristiano. Che cosa stiamo facendo con i nostri mezzi nella comunicazione? È una preoccupazione che si associa alle altre preoccupazioni della Chiesa. Papa Francesco ripete che siamo tutti sulla stessa barca. Ed è vero ed ogni realtà, ogni Congregazione cerca di dare la sua parte per fare in modo che questa barca possa navigare nel mare della vita più serenamente. Noi paolini cerchiamo di fare questo nel campo della comunicazione.
La Famiglia Paolina oggi cerca di seguire, in tutto il mondo, le orme di don Alberione. Quali sono, in particolare, le nuove frontiere legate al mondo del digitale?
L’ambito digitale è una sfida per tutti noi, per tutta la Chiesa. Sempre di più stiamo scoprendo il cammino. Noi sinceramente non abbiamo una ricetta però cerchiamo di fare la nostra parte. Stiamo cercando di integrare il mondo analogico con quello digitale. Ad esempio qualche rivista, i programmi che realizzavamo nelle radio li stiamo integrando nel campo digitale. E facciamo questo senza abbandonare quella che chiamiamo la “comunicazione tradizionale”. Come diceva il nostro fondatore, dobbiamo utilizzare tutti i mezzi e specialmente quelli più moderni. Allora come Congregazione, sia in Italia sia in tutto il mondo, cerchiamo sempre insieme le vie per affrontare questo tempo, segnato dalla comunicazione digitale. Ad esempio, abbiamo scuole di comunicazione. Adesso stiamo cercando di sviluppare maggiormente questa realtà all’interno del mondo digitale. È tutto un cammino che dobbiamo fare. Stiamo rispondendo anche agli appelli della Chiesa, dei Papi. Mi ricordo di una riflessione di Benedetto XVI in cui diceva di portare il modo di essere cristiani nel mondo digitale. Noi cerchiamo il nostro modo di essere cristiani alla luce del carisma di don Alberione, cerchiamo di portare anche il nostro stile paolino nel mondo digitale. È un percorso che facciamo cercando di unire le forze.
Una santità per il popolo di Dio
Il postulatore generale della Famiglia Paolina, don Domenico Soliman, sottolinea nell’intervista rilasciata a Luca Colllodi che questo mese di novembre è dedicato al beato Alberione. L’urna, spiega don Soliman, è stata traferita dalla cripta nella chiesa superiore di Santa Maria Regina degli Apostoli nell’intento di esprimere che la sua santità “non è solo per la Famiglia Paolina, ma per il popolo di Dio”. Il 26 novembre, nel giorno della festa liturgica di Alberione, sono previste alcune iniziative, tra cui la Messa alle 18 presieduta dal cardinale Marcello Semeraro. Sempre il 26 novembre verrà anche inaugurato il Museo don Alberione ed è previsto un numero speciale di “Famiglia cristiana”. Il 24 novembre è in programma, poi, un incontro on line per collegare le diverse realtà di tutto il mondo: un’occasione per parlare di don Alberione e della vita paolina oggi e di come viene vissuto il carisma di don Giacomo Alberione.
Don Domenico Soliman ricorda inoltre che il beato, da giovane seminarista, ha intuito che il Signore lo chiamava a fare qualcosa per gli uomini e le donne del Novecento. Allora era la buona stampa ciò che lo appassionava. Ha anche accolto i mondi della radio, della televisione e sfruttato tutte le opportunità date dai mezzi di comunicazione. “Oggi il beato Alberione – spiega don Soliman – non avrebbe nessun problema nel vivere e nell’annunciare il Vangelo nella rete, nel web, nei social”. Esplorerebbe tutte le dimensioni del mondo digitale, come “cerca di fare nel mondo la Famiglia Paolina”.