Michele Raviart – Città del Vaticano
Nuove violenze hanno colpito le popolazioni della regione del Darfur, in Sudan. Oltre cento persone sono state uccise negli ultimi giorni a causa di scontri tribali. A riferirlo è l’Unhcr e alcuni capi tribù locali. Le violenze sono scoppiate per una disputa di terre tra tribù di origine araba e quelle di origine africana a Kulbus, nel Darfur occidentale.
Almeno 20 villaggi incendiati
Le milizie arabe locali hanno attaccato vari villaggi nell’area, costringendo migliaia di persone a fuggire. Secondo uno dei capovillaggio almeno 62 corpi sono stati trovati carbonizzati nei 20 villaggi incendiati dai miliziani. 117 le vittime stimate. Molte le persone che restano disperse, almeno cinquemila gli sfollati, mentre gli aggressori hanno preso possesso delle risorse idriche, aggravando la situazione umanitaria. Le autorità governative hanno dispiegato soldati nella zona, con gli scontri che hanno coinvolto anche due villaggi nel nord Darfur.
200 morti dall’inizio dell’anno
Nell’ultimo anno gli scontri tribali, dopo il colpo militare dello scorso ottobre, hanno causato oltre duecento morti, sebbene l’esercito sudanese abbia stanziato una brigata nella provincia, in conflitto dal 2003, quando le tribù africane si ribellarono accusando di discriminazione il governo di etnia araba guidato dall’allora presidente Al-Bashir, accusato di genocidio e crimini contro l’umanità dalla corte internazionale di giustizia per le azioni perpretrate dalle truppe arabe armate dal governo e le milizie janjaweed e che si trova ora in carcere. Nel 2020 è anche terminata la missione di peacekeeping delle Nazioni Unite e molti operatori umanitari hanno richiesto l’invio di forze di pace Onu.