Le Nazioni Unite inviano il capo della sezione umanitaria nel Paese, per il quale si sta arrivando “a un punto di rottura”. 75.000 gli sfollati tra cui almeno 20.000 hanno trovato riparo in Ciad, che già vive in condizioni di grande criticità economica. Intanto, le due parti in conflitto hanno deciso di inviare propri rappresentanti, potenzialmente in Arabia Saudita, per tentare un negoziato per un cessate il fuoco “stabile e affidabile”
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Il programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam) ha annunciato oggi, 1 maggio, la ripresa delle sue attività in Sudan dopo la sospensione seguita all’uccisione di tre dei suoi dipendenti: lo si apprende dal messaggio twitter del direttore esecutivo Cindy McCain. Intanto, pe le Nazioni Unite la situazione nel Paese africano resta senza precedenti.
Il Pam riprende le attività, l’Onu: situazione senza precedenti
“Il Programma alimentare mondiale sta rapidamente riprendendo la programmazione per fornire l’assistenza salvavita di cui così tante persone hanno bisogno in questo momento”, così le ragioni della ripertura dopo che il 16 aprile l’organismo aveva dichiarato di aver temporaneamente sospeso le operazioni in Sudan dopo visto che tre membri del suo staff erano rimasti uccisi negli scontri tra l’esercito sudanese e le forze paramilitari di supporto rapido. Intanto, l’Onu fa sapere che invierà “immediatamente” Martin Griffiths, il capo della sua sezione umanitaria, nel Paese che, secondo il Palazzo di vetro, si trova in una situazione “senza precedenti” a causa della portata e della velocità con cui si stanno svolgendo gli eventi. A suo parere, “la situazione umanitaria sta raggiungendo un punto di rottura”. Il massiccio saccheggio di uffici e magazzini umanitari ha “esaurito la maggior parte delle nostre scorte. Stiamo cercando mezzi rapidi per consegnare e distribuire” rifornimenti aggiuntivi, ha spiegato l’alto funzionario delle Nazioni Unite in una nota.
Le due parti accettano di inviare rappresentanti per negoziati
I generali in guerra del Sudan hanno accettato di inviare dei rappresentanti per i negoziati, potenzialmente in Arabia Saudita, ha dichiarato all’Associated Press il massimo funzionario delle Nazioni Unite nel Paese, anche se le due parti si sono scontrate nella capitale nonostante un’altra proroga di tre giorni di un fragile cessate il fuoco. I colloqui si concentreranno inizialmente sulla definizione di un cessate il fuoco “stabile e affidabile”, monitorato da osservatori “nazionali e internazionali”, ha dichiarato Volker Perthes. Finora, solo l’esercito ha annunciato di essere pronto a partecipare ai negoziati, senza alcuna parola pubblica da parte del suo avversario, le forze paramilitari di supporto rapido. I colloqui sarebbero il primo importante segnale di progresso dallo scoppio dei combattimenti del 15 aprile tra l’esercito, guidato dal generale Abdel Fattah Burhan, e le RSF, guidate dal generale Mohammed Hamdan Dagalo. Da allora sono state uccise circa 530 persone, tra civili e combattenti, e altre 4.500 sono rimaste ferite, secondo il Ministero della Sanità sudanese. I colloqui per il consolidamento del cessate il fuoco potrebbero svolgersi in Arabia Saudita o in Sud Sudan, la prima potrebbe essere più facile dal punto di vista logistico poiché ha stretti legami con entrambe le parti.
Il vicino Ciad, già poverissimo, ospita i profughi sudanesi
Proprio il PAM informa che circa 10.000-20.000 sudanesi hanno già attraversato il confine con il Ciad. Un Paese che, come molti altri ospitanti, devono affrontare i propri problemi, tra cui la carenza di cibo, la siccità e i prezzi elevati. La crisi umanitaria pertanto assume caratteristiche sconcentanti oltre i confini del Sudan e le agenzie internazionali stanno lottando per contenerla. Quasi mille gli americani che hanno lasciato il Sudan con l’aiuto del loro governo da quando sono iniziate le violenze tra esercito e paramilitari a Khartoum. I combattimenti sono proseguiti nella notte con le due parti che si accusano reciprocamente di avere violato il cessate il fuoco.