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Sudan, Human Rights Watch denuncia il genocidio in Darfur

Nella regione sudanese si torna a parlare di massacro. Un’indagine da parte dell’organizzazione non governativa rivela gli attacchi messi in atto nei confronti della comunità dei masalit, finalizzati a cacciare il gruppo etnico dalla città

Jessica Jeyamaridas – Città del Vaticano

I nuovi scontri esplosi tra l’esercito sudanese e i paramilitari nella città di Al Fashir, nella regione occidentale del Darfur, hanno causato almeno ventisette vittime. Da venerdì scorso, 10 maggio la città è sotto attacco. Sono circa 850 le persone sfollate, molte delle quali donne e bambini. Secondo le Nazioni Unite, circa due milioni gli abitanti sono sull’orlo della carestia. La coordinatrice dell’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari in Sudan, Clementine Nkweta-Salami, ha ricordato che “i civili, che cercano di fuggire dalle violenze, sono intrappolati in intensi combattimenti e che questa drammatica emergenza minaccia la vita di oltre 800 mila persone che vivono in questa città”.

Sofferenze umane su vasta scala

I conflitti in Darfur vanno avanti dal 2003, quando il Movimento Popolare di liberazione del Sudan ha attaccato le forze militari sudanesi all’aeroporto di Al Fashir, nel Darfur settentrionale. Negli anni centinaia di migliaia di persone sono state uccise e milioni di civili hanno dovuto abbandonare le loro terre. Negli ultimi giorni, tanti sono stati ancora una volta vittime di uccisioni dovute all’utilizzo di armi pesanti in aree densamente popolate. Human Rights Watch chiede ai governi di intensificare gli sforzi per garantire che i responsabili dei crimini commessi in Darfur siano portati di fronte alla giustizia. I crimini accertati e contestati dall’ organizzazione non governativa includono tortura, stupri e saccheggio. Inoltre è la prima volta che un’ong torna a parlare apertamene di genocidio, richiedendo sanzioni contro i responsabili dei massacri.

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