Chiesa Cattolica – Italiana

Sudan, grave l’emergenza umanitaria. L’Università cattolica forma infermieri

Nello Stato africano 700 mila bambini sono a rischio malnutrizione mentre proseguono i combattimenti tra l’esercito governativo e i ribelli delle Rapid Support Forces. Un missionario comboniano: Paese diviso in due, nelle aree in mano ai ribelli restano appena cinque sacerdoti

Marco Guerra – Città del Vaticano

In Sudan è stata quasi completamente ripristinata la linea internet, dopo circa una settimana di interruzione del suo funzionamento. La mancanza di connessioni ha reso ancora più isolato il Paese africano devastato dal conflitto tra l’esercito regolare guidato dal generale Abdel Fattah Burhan e le milizie delle Rapid Support Forces (Rsf) al cui vertice siede il generale Mohammed Hamdan Dagalo, detto Hemedti.

14 milioni tra sfollati e rifugiati

Le due fazioni militari ora si contendono il Paese ma nel 2021 erano alleate durante il colpo di Stato che ha portato all’interruzione del processo di transizione democratica. La guerra è iniziata il 15 aprile di un anno fa e ha prodotto almeno 13 mila morti, 11 milioni di sfollati interni e 3 milioni di rifugiati negli Stati confinanti.

700 mila bambini a rischio malnutrizione

L’interruzione delle linee di comunicazione avvenuta nei giorni scorsi ha avuto ripercussioni molto gravi anche sul lavoro delle organizzazioni umanitarie che operano sul campo. Emergency riferisce che Port Sudan ha preso le sembianze di un grande campo profughi con almeno 270 mila nelle sue strade. L’Unicef qualche giorno fa  ha lanciato un nuovo allarme sulle condizioni dei minori: Settecentomila bambini rischiano di essere colpiti dalla peggior forma di malnutrizione e decine di migliaia potrebbero morire”. “Non saremo in grado di curarne più di 300 mila senza un migliore accesso e un supporto aggiuntivo”, ha aggiunto il portavoce dell’Unicef, James Elder, “probabilmente ne moriranno decine di migliaia”.

Missionario a Port Sudan: nuovi disagi dal blocco della rete

Per fotografare la situazione dopo 10 mesi di guerra, siamo entrati in contatto con un missionario comboniano che si trova a Port Sudan (città portuale sul Mar Rosso, di fatto divenuta capitale del Paese da quanto Khartoum è stretta nella morsa del conflitto) il quale riferisce che il blocco della rete Internet ha causato ulteriori disagi a tante persone che vivono solo grazie ai trasferimenti di denaro dall’estero tramite le applicazioni mobili. “Anche il sistema sanitario e l’amministrazione hanno subito rallentamenti”.

Ascolta l’intervista a missionario comboniano

https://media.vaticannews.va/media/audio/s1/2024/02/15/11/137704214_F137704214.mp3

Le zone di guerra

Il religioso spagnolo spiega poi che Port Sudan e tutta la parte orientale del Paese sono controllate dall’esercito regolare mentre l’ovest del Sudan è sotto il controllo del Rapid Support Forces, “i combattimenti sono nelle aree nel mezzo di queste zone, come la capitale Khartoum e in questi ultimi giorno sono particolarmente cruenti a Babanusa”. “I punti più caldi del conflitto sono la città di Omdurman – prosegue il missionario – Babanusa nel Kordofan dell’ovest e Al Fasher nel nord del Darfur”.

La Chiesa in prima linea

Per quanto riguarda la presenza della Chiesa cattolica, il missionario parla di tre diverse situazioni: ”Nella parte orientale del Paese controllata dal governo la vita parrocchiale è normale ma c’è un grande afflusso di sfollati, quindi queste parrocchie hanno molti bisogni materiali perché sono in prima linea nell’assistenza umanitaria. Poi ci sono quattro o cinque sacerdoti nelle zone controllate dai ribelli e un’ulteriore situazione è quella di parrocchie dove non ci sono né preti né suore, ma solo catechisti che radunano la comunità la domenica”. Il missionario racconta anche dell’impegno per portare avanti l’attività didattica del Comboni college di Khartoum. “Lavoriamo on line con gli studenti che si sono spostati da Khartoum in diverse parti del Paese ma anche in Egitto. Continuiamo in modo particolare con la laurea in infermieristica e abbiamo diversi programmi per formare infermieri a Port Sudan e in altri posti che accolgono molti sfollati”.

Crolla la produzione agricola

Nel complesso la situazione umanitaria è sempre più deteriorata perché, spiega ancora il religioso, “nelle zone di produzione agricola non si è potuto seminare a causa della guerra e nelle zone dove imperversa il conflitto l’attività economica è rimasta paralizzata e quindi le persone non hanno fonti di ingresso economico”. Secondo il missionario, si prevede che una grande carestia possa colpire i più deboli. Il religioso infine chiede alla comunità internazionale di fermare il flusso di armi che arriva alle parti in conflitto, “si sa chi sono le nazioni della regione che stanno armando i due eserciti, basterebbe chiudere questi rubinetti”.

Exit mobile version
Vai alla barra degli strumenti