Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Le notizie che giungono dal Sudan evidenziano una preoccupante fase di frizione tra popolazione, che chiede la ripresa della transizione verso la democratizzazione del Paese, e il governo militare, andato al potere con un colpo di mano nell’ottobre scorso, esautorando l’esecutivo e arrestando il premier. Da quasi 4 mesi si susseguono manifestazioni di piazza alle quali le forze dell’ordine rispondono spesso brutalmente, respingendo i dimostranti e arrestandoli. Decine le vittime.
Interessi politici ed economici
Alla base del contenzioso tra giunta militare e rappresentanti civili ci sono forti interessi economici. Lo afferma Enrico Casale, della rivista ‘Africa’ dei Padri Bianchi, secondo il quale difficilmente i militari lasceranno il potere, soprattutto quello economico, ben tutelato già da i tempi di Omar al –Bashir:
Enrico Casale, in Sudan il copione sembra il medesimo da un po’ di tempo a questa parte: tante proteste in piazza, purtroppo anche sanguinose, ma non si sblocca nulla a livello di dialogo…
La situazione è sempre la stessa. Al potere in Sudan ci sono sempre i militari. Noi non dobbiamo concepire qui le forze armate, come li concepiamo in Europa o nel Nord America. Le forze armate in Sudan, oltre a difendere il Paese, hanno anche un grosso ruolo nell’economia nazionale, ne controllano una grossa parte e quindi hanno grandi interessi non soltanto politici, ma anche economici. Queat situazione era in qualche modo tutelata quando al potere c’era al-Bashir. Poi con la fase di transizione che ha portato i civili al potere questi interessi hanno iniziato vacillare e per questo poi i militari hanno preso in mano la situazione. E difficilmente a breve ci saranno cambiamenti.
Dunque, una situazione in cui è praticamente impossibile il dialogo ed è difficile il reinserimento dei civili nel governo e nelle istituzioni?
Non userei la parola impossibile, perché delle probabilità ci sono, nel senso che c’è una forte pressione internazionale, a partire dall’Unione africana (Oua), che mira al reinserimento dei civili, quindi a riprendere quel processo di transizione che può portare il Paese a istituzioni stabili e possibilmente democratiche. Quindi impossibile non direi, certamente molto difficile, perché il anche il contesto generale non è molto semplice. Teniamo presente che il Sudan sta affrontando anche due altre grosse sfide con l’Etiopia: una per la gestione delle risorse idriche del Nilo e un’altra per le controversie che hanno sui confini. Quindi è una situazione difficile per il Sudan e la transizione democratica non è ferma, ma è molto rallentata.
Dal colpo diStato militare in poi, qual è la situazione sociale in questo momento in Sudan?
La situazione sociale è complicata. Nel senso che la caduta di Omar al-Bashir è stata legata soprattutto a motivi di carattere economico, con l’aumento dei prezzi e le difficoltà economiche nel Paese; una situazione che tutto sommato è rimasta uguale e non è stata risolta. Di conseguenza queste difficoltà possono portare ad acuire ulteriormente una situazione politica, che è già difficile di per sè. Queste manifestazioni continue sono certamente per favorire la transizione ma sono anche proteste di carattere economico. Le fasce più basse della popolazione si sono ulteriormente impoverite e quindi è difficile la vita per ampi settori della popolazione sudanese. Una richiesta di cambiamento arriva, dunque, anche dalla necessità di cambiare dal punto di vista economico.