Sud Sudan, il nunzio Horgan e la sfida di una missione in uno dei Paesi più poveri

Vatican News

L’arcivescovo irlandese ha iniziato il suo incarico nei giorni scorsi dopo la nomina a primo rappresentante vaticano residente nel Paese africano. “Farò del mio meglio per essere la presenza del Papa in questo Paese che è molto caro al suo cuore”

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

La Chiesa del Sud Sudan è viva e, nonostante le enormi sfide che il Paese più giovane del mondo, nato nel 2011, e anche tra i più poveri, si trova ad affrontare, testimonia con tenacia la sua ferma fede e la sua generosità, sostenuta anche da missionari e missionarie che, a rischio della propria incolumità, non abbandonano i fedeli. In questi giorni, in cui le Nazioni Unite lanciano l’allarme per la drammatica situazione che il Paese africano vive al confine con l’Etiopia, dettata dalle inondazioni che riguardano oltre 700 mila persone, ha iniziato il suo servizio a Juba il nuovo nunzio apostolico, monsignor Séamus Patrick Horgan, nominato dal Papa Il 14 maggio scorso. Con Vatican News-Radio Vaticana parla delle sfide che aspettano il Paese e la Chiesa locale.

Monsignor Séamus Patrick Horgan, lei ha iniziato il suo servizio da pochi giorni come nunzio in uno dei Paesi più difficili del mondo, il Paese più giovane, ma anche tra i più poveri. Che cosa ha significato per lei l’arrivo a Juba, in Sud Sudan?

Sono qui da appena una settimana e la mia conoscenza del Paese è ovviamente ancora un po’ limitata. È stata una settimana carica di vari avvenimenti, iniziando con una accoglienza, una settimana fa, molto calorosa e bella all’aeroporto di Juba. C’era lì la Chiesa locale, nella persona di alcuni vescovi e anche fedeli e tanti religiosi, devo dire perché nel Paese c’è una presenza notevole di istituti religiosi, e poi i fedeli arrivati dalle parrocchie locali che mi hanno accolto con gioia e con calore diciamo quindi che è stato un bell’inizio, mi sono sentito subito a casa devo dire.

L’arrivo a Juba di monsignor Séamus Patrick Horgan

Eccellenza, la Chiesa del Sud Sudan ha dimostrato negli ultimi tempi, con la visita del cardinale Parolin nel 2022, con la visita di Papa Francesco nel 2023, di essere davvero molto viva nel Paese, è questa l’idea che sta cominciando anche a farsi lei in questi primi giorni?

Certo, anche perché domenica ho avuto l’opportunità di celebrare nella cattedrale di questa Arcidiocesi, il cardinale Stephen Ameyu Martin Mulla era lì, assieme ad un gran numero di sacerdoti e di fedeli, ho così potuto incontrare la comunità diocesana di Juba e vivere una celebrazione gioiosa. Sì, si ha l’impressione di una Chiesa viva, di una Chiesa gioiosa, diciamo è questa la nota principale. Sebbene si tratti di un contesto che vive grandi grandi sfide, si nota la gioia.

Monsignor Séamus Patrick Horgan con le suore arrivate da Khartoum

Le sfide che il Sud Sudan si trova ad affrontare, e non certo negli ultimi tempi ma ormai da molto tempo, sono sicuramente una difficilissima situazione umanitaria, le forti alluvioni che stanno devastando una parte importante del Paese, e poi anche gli effetti del conflitto in Sudan, che hanno provocato un forte esodo delle persone. Quindi il Sud Sudan, con tutta la sua povertà, si ritrova ad affrontare l’arrivo di profughi e rifugiati tra loro anche religiosi e religiose …

Infatti, tutte queste sfide sono legate l’una all’altra ovviamente. La Chiesa locale si muove anche per aiutare nell’accoglienza dei profughi che adesso vengono dal Sudan, come lei ha menzionato, e anche per portare il Vangelo nei campi profughi, perché, da quanto ho visto finora, dappertutto nel Paese ci sono vari campi con sfollati interni e con i profughi che vengono dall’esterno. Quindi, questa è una grande sfida per un Paese che ha già le sue difficoltà interne. Per quanto riguarda coloro che arrivano dal Sudan, ho avuto, nella mia prima settimana qui, un incontro molto commovente con un gruppo di suore salesiane che gestivano una struttura per madri e bimbi, a Khartoum prima della guerra, scoppiata più di un anno fa. Per il primo anno della guerra sono rimaste a Khartoum, senza poter uscire, ma rimanendo accanto a coloro che erano affidati alle loro cure. Poi, dopo un anno di conflitto, sono riuscite in modo piuttosto drammatico a lasciare Khartoum, lungo il Nilo, giungendo a Porto Sudan e arrivando a Juba proprio nel giorno in cui io visitavo la casa dei salesiani, quindi ho potuto incontrarle, ascoltare il loro racconto e assicurare loro la presenza e la vicinanza del Santo Padre. È stato un bellissimo momento e queste donne, nonostante il dramma sofferto, hanno dato una testimonianza di gioia e di fedeltà alla loro missione. È stato per me un incontro toccante, con donne di grande fede, che cercano di tornare da dove sono venute via per ricominciare il loro lavoro, ogni volta che possono. Quindi questo, secondo me, è il volto della Chiesa missionaria. Questo è il volto dei nostri meravigliosi missionari, sia uomini che donne, è stato un momento commovente e, allo stesso tempo, una dimostrazione di ciò che la Chiesa può fare in situazioni come questa. Sono storie di eroismo dei nostri missionari che non dobbiamo dimenticare. Quindi, questa è una parte della prima settimana qui, è stato un momento molto molto bello che anche ha mostrato la realtà della drammatica situazione che si vive in Sudan con l’impatto che ha sul Sud Sudan. Giorni fa, inoltre, abbiamo poi avuto una riunione durante la quale si è sottolineata ancora una volta la gravità della questione delle inondazioni. Il Paese sta sperimentando forti piogge al momento e ciò può provocare inondazioni, che spesso si verificano nei mesi di settembre e ottobre.

Gli effetti delle alluvioni in Sud Sudan

Lei è il primo Nunzio residente, sarà fisso a Juba ed è la prima volta che questo avviene …

Ovviamente non mi aspettavo la nomina, ma ne sono molto contento perché ora siamo passati da un nunzio che risiedeva a Nairobi e seguiva da lì, ad un nunzio residente qui, il che ovviamente spero aiuterà questa Chiesa locale. Io farò del mio meglio per essere la presenza del Papa in questo Paese che è molto caro al cuore del Pontefice, come sappiamo. La Chiesa in tutti i Paesi, in tutte le condizioni, deve sempre predicare il Vangelo che è l’opera della Chiesa in situazioni di povertà materiale, in situazioni anche di povertà spirituale. Io farò del mio meglio qui per appoggiare il lavoro essenziale della Chiesa e anche per aiutare, in tutti i modi possibili, materialmente, ma la nostra missione ovviamente, come ha detto il Papa con la costituzione apostolica Praedicate evangelium, è la sfida principale in tutte le società.