Nella Freedom Hall di Giuba si è vissuto uno dei momenti centrali della tappa sudsudanese del viaggio apostolico: Francesco ha ascoltato tre giovanissimi e, in un video, le parole di una coordinatrice Onu nel Paese
Vatican News
Testimonianza di un bambino del campo Malakal
Mi chiamo Johnson Juma Alex. Appartengo alla Chiesa episcopale del Sud Sudan. Ho 14 anni. Vivo nel blocco B, settore 2 del Campo di Protezione dei Civili di Malakal (PoC).
Frequento la terza elementare. Vivo nel PoC con mia madre e mio padre. Non hanno lavoro, ma uno dei miei zii manda loro degli aiuti da Juba. Quando mi manda un po’ di soldi, posso comprare dei vestiti.
Sono arrivato nel PoC nel 2014 a causa delle distruzioni verificatesi nella città di Malakal. La pace è un bene, i problemi no. Vogliamo la pace perché le persone possano tornare nella città di Malakal, nelle proprie case. La vita nel PoC non è buona perché l’area è piccola e affollata. Non c’è abbastanza spazio per giocare a calcio. Molti bambini non vanno a scuola perché non ci sono abbastanza insegnanti e scuole per tutti.
Voglio avere un buon futuro, dove regni la pace e i bambini possano andare a scuola. La vita nei PoC non è buona, ma ringraziamo le Nazioni Unite perché ci danno protezione e cibo.
Vogliamo che nella Chiesa si preghi affinché Dio ci dia pace e si possa tornare nella città di Malakal.
Grazie!
Johnson Juma Alex
Testimonianza di un bambino del campo Bentiu
Innanzitutto, ringrazio il Signore Gesù che mi ha dato la possibilità di presentarmi a voi, ai nostri capi religiosi e ai cristiani che sono venuti per questa visita spirituale.
Mi chiamo Joseph Lat Gatmai. Sono un cristiano della Chiesa presbiteriana dell’Alto Nilo nord-occidentale. Ho sedici anni. Sono arrivato nel Campo di Protezione dei Civili di Bentiu con i miei genitori nel maggio 2015 e vivo nel campo da più di otto anni. Ho completato la mia istruzione primaria e il mio sogno è di continuare gli studi fino all’università, nel nome di Gesù.
Sono entrato nel campo PoC all’età di otto anni, dove sono cresciuto. La mia vita nel campo non è piacevole e mi preoccupo di come sarà in futuro, anche quella degli altri bambini. In questi anni, io e i miei genitori, così come altre famiglie sfollate, siamo sopravvissuti grazie agli aiuti umanitari. Se ci fosse stata la pace, sarei rimasto nella mia casa d’origine, avrei vissuto una vita migliore e mi sarei goduto l’infanzia.
Perché soffriamo nel campo per sfollati? A causa dei conflitti in corso nel nostro Paese, il più giovane Paese indipendente. Dal 2020 siamo stati colpiti anche da inondazioni e migliaia di famiglie sono state sfollate dai loro villaggi e città, perdendo il bestiame e i raccolti.
Pertanto, mi rivolgo ai nostri leader di questa grande nazione del Sud Sudan affinché portino pace, amore, unità e prosperità durature nel nostro Paese. Chiedo a voi, nostri leader religiosi, di continuare a pregare per una pace definitiva in Sud Sudan.
Che Dio ascolti le nostre preghiere!
Joseph Lat Gatmai
Testimonianza di un bambino del campo Giuba
Caro Papa Francesco,
Mi chiamo Nyakuor Rebecca. Sono una parrocchiana della Santissima Trinità e abito nel campo di Juba. Sono molto felice di incontrarLa ed è un onore essere qui con Lei. A nome dei bambini del Sud Sudan, voglio ringraziarLa per la visita. Sappiamo che Lei è una brava guida perché, nonostante il suo ginocchio dolorante, è venuto per stare con noi, portando speranza e un messaggio di pace. Sappiamo che vuole bene i bambini e che dice sempre che noi siamo importanti per il nostro Paese e per la Chiesa. Papa Francesco, anche noi Le vogliamo bene. Grazie per l’amore che ha per noi.
A noi, bambini del Sud Sudan, piace molto ballare e cantare. È così che lodiamo Dio che è sempre con noi.
Continua a insegnarci a essere amici di Gesù e continua a parlare al nostro popolo affinché possiamo convivere tutti in pace.
Nel nome di Gesù, voglio chiederLe di darci una benedizione speciale per tutti i bambini del Sud Sudan, per poter crescere insieme in pace ed amore.
Grazie di essere un grande messaggero di Dio. Non dimenticheremo mai questo giorno.
Papa Francesco, ti vogliamo bene. Grazie per amare il Sud Sudan.
Ti ringraziamo molto.
In un video il commento della rappresentante Onu
Santità, Papa Francesco, sono onorata di essere qui oggi con Lei, con l’Arcivescovo di Canterbury e con il Moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, con le vostre stimate delegazioni e con il popolo del Sud Sudan. Tutti i protocolli sono stati rispettati.
È un’occasione importante per attirare l’attenzione del mondo sul Sud Sudan, in un momento in cui stanno emergendo simultaneamente numerose crisi umanitarie.
Il contesto umanitario del Sud Sudan è preoccupante. Per oltre un decennio, il popolo sudanese ha subito conflitti, instabilità sociale e politica, cambiamenti climatici, violenza, sfollamenti, insicurezza alimentare, mancanza di opportunità di istruzione e di accesso ai sistemi sanitari.
Oggi, in Sud Sudan, oltre due milioni di persone sono sfollate nel Paese e altri due milioni sono rifugiati al di fuori di esso. Il Sud Sudan è al quarto posto nella lista di crisi degli sfollati più trascurati al mondo e rappresenta anche la più grande crisi di rifugiati in Africa.
Livelli estremi di incertezza alimentare e malnutrizione colpiscono due terzi della popolazione del Paese. Questa situazione rende il Sud Sudan una delle peggiori emergenze alimentari a livello globale. Si stima che nel 2023 circa otto milioni di persone soffriranno a causa della crisi alimentare.
Inoltre, l’insicurezza, incrementata dalla violenza intercomunitaria, dalla criminalità e dall’impunità, continua ad ostacolare l’impegno per la pace del Sud Sudan. Le donne e le ragazze sono facili vittime di violenza sessuale e di genere e rischiano di essere abusate mentre svolgono le attività quotidiane. I bambini rischiano il rapimento, il reclutamento nei gruppi armati locali, o di essere vittime della tratta. L’accesso alla giustizia e allo Stato di diritto è limitato per molte persone che subiscono crimini e violazioni.
L’impatto di quattro anni consecutivi di precipitazioni superiori alla norma ha contribuito a distruggere e a danneggiare la vita e i mezzi di sussistenza di molti. Questi shock climatici aggravano una situazione già di per sé difficile.
Mentre i bisogni delle persone aumentano, le risorse disponibili per sostenerle si riducono. Nel 2023, gli operatori umanitari avranno bisogno di 1,7 miliardi di dollari per rispondere ai bisogni di 6,8 milioni di persone. Data la mancanza di risorse, ogni giorno devono fare scelte difficili per dare priorità solo a coloro che hanno le necessità più urgenti. Questo processo decisionale è straziante, data la gravità della situazione e dei bisogni.
Santità, dal mio arrivo in Sud Sudan all’inizio del 2022, ho viaggiato attraverso il Paese e ho assistito in prima persona alle sofferenze della gente. Ho visitato i luoghi di accoglienza degli sfollati e delle persone colpite da inondazioni e conflitti. Ho avuto conversazioni a cuore aperto con donne, giovani e leader delle comunità. Ho visto bambini che vivono in condizioni terribili. Ho guardato negli occhi le loro madri e ho visto il dolore che provano per la situazione dei propri figli. Nonostante tutto questo, mi hanno accolto con gentilezza, con sorrisi ed espressioni di speranza.
Durante le mie visite, le donne raccontano le proprie esperienze di violenza di genere, i problemi di salute cronici e la mancanza di istruzione. Invocano il ritorno della pace e delle opportunità per i figli. Santità, posso testimoniare che sono le donne, i bambini, gli anziani e le persone con disabilità a soffrire di più.
Al di là di tali storie dolorose, penso sia opportuno sostenere le comunità colpite nel raggiungimento del loro potenziale. Il bisogno di pace è una richiesta costante di tutte le persone che incontro. Che si tratti di gruppi di donne a Wau, che lavorano sulla coesione comunitaria e sull’agricoltura, o di uomini e donne sfollati a Bentiu o Malakal, la richiesta di pace è palese.
Se le donne del Sud Sudan avranno la possibilità di evolversi, di avere spazio per produrre, il Sud Sudan si trasformerà. Le donne sono la chiave della trasformazione e possono guidare le comunità verso un futuro migliore.
Solo quando ci sarà la pace, i bambini potranno raggiungere il pieno potenziale e si potrà vivere una vita dignitosa, uniti nella coesistenza e nella condivisione, pur rispettando le differenze.
Bisogna anche rispettare i principi umanitari e il Diritto Internazionale Umanitario. Gli operatori lavorano 24 ore su 24 per rispondere ai bisogni urgenti delle comunità colpite. Tuttavia, le sfide sulla sicurezza spesso costringono il personale umanitario a trasferirsi e a sospendere le attività fino a quando la situazione non migliora. Il Sud Sudan continua a essere il contesto più pericoloso per gli operatori, seguito da Afghanistan e Siria.
Nel 2022, sono stati segnalati oltre 390 incidenti contro il personale umanitario. Nove (9) di essi hanno perso la vita in servizio. Invito tutte le parti interessate a rispettare il Diritto Internazionale Umanitario e la Legge sui Diritti Umani e a garantire agli operatori umanitari un accesso sicuro e senza ostacoli alle popolazioni colpite.
Nonostante le sfide da affrontare, continueremo ad intensificare l’impegno con i nostri collaboratori in tutti gli ambiti umanitari, di pace e di sviluppo, per sostenere la popolazione del Sud Sudan nel suo cammino verso la prosperità e la pace. Continueremo inoltre a lavorare a stretto contatto con il governo del Sud Sudan per potenziare i nostri sforzi congiunti ed avere un impatto positivo sulla vita delle persone.
Questo non è solo il nostro lavoro, ma anche il nostro obiettivo. Siamo qui per servire il popolo del Sud Sudan, consapevoli dei nostri limiti ma consci delle opportunità.
Santità, Lei rappresenta un simbolo di speranza per milioni di persone in tutto il mondo e porta con sé un messaggio di pace per il Sud Sudan. La Sua visita rinnova la mia speranza che, lavorando tutti insieme, il popolo del Sud Sudan potrà raggiungere la pace e sviluppare il potenziale di questo incredibile Paese.
La ringrazio.