Nell’incontro di Francesco con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e i seminaristi del giovane Paese africano, nella cattedrale di Giuba, il ricordo di suor Mary e suor Regina, cadute in un agguato a ferragosto del 2021 e la testimonianza di un sacerdote locale: la Chiesa di qui ha poco ma siamo vicini ai nostri fratelli e sorelle
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
I sogni di due religiose sudsudanesi uccise a ferragosto del 2021, mentre tornavano dal centenario della parrocchia di Nostra Signora dell’Assunzione, di realizzare un ostello per finanziare l’istruzione delle ragazze salvate dalla violenza della guerra civile, e una clinica ostetrica a Giuba, vengono ricordati da una consorella davanti a Papa Francesco. Quella di suor Regina Achan è la seconda delle due testimonianze portate al Papa durante l’incontro con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, e i seminaristi del Sud Sudan, nella cattedrale di Santa Teresa a Giuba. Prima di lei parla don Luka Hassan Arnu, della diocesi di El Obeid, in Sudan, rilanciando la preghiera a Dio che, grazie alla storica visita di Francesco, “tocchi i cuori di tutti i sudanesi e ci porti una pace duratura”.
Nell’agguato all’autobus, cadono le due suore e due fedeli
Suor Mary Daniel Abut e suor Regina Roba Luate, racconta suor Achan, sono state uccise il 16 agosto 2021 in un’imboscata di banditi al loro autobus, a 30 chilometri da Giuba, mentre stavano rientrando nella capitale da Loa, città della Missione di fondazione della loro Congregazione, quella del Sacro Cuore. Con loro sono morti anche Leon Zozimo e Taban Caesar, che erano sullo stesso autobus attaccato dai banditi. Suor Mary aveva quasi 68 anni e suor Regina 67. Entrambe nate in Sud Sudan, “avevano trovato la loro vocazione mentre erano rifugiate in Uganda” ricorda suor Regina Achan. Insieme avevano emesso la prima professione il 7 gennaio 1973 nel convento di Moyo, in Uganda, dove avevano anche pronunciato i voti perpetui il primo gennaio 1979. E avevano celebrato insieme il 25.mo anniversario di professione religiosa nel gennaio 1998 a Khartoum, in Sudan.
Suor Mary, un ostello e una biblioteca da costruire
Nel ricordare la figura di Suor Mary Abut, suor Regina, che parla a nome delle 218 religiose professe del Sud Sudan, sottolinea che era stata eletta due volte superiora generale, tra il 2006 e il 2018. “Come educatrice, era stata direttrice della scuola primaria di Usratuna, a Giuba, e al momento della sua morte risiedeva presso la comunità di Kator”. Nei 12 anni semplicità da superiora generale, aveva servito, in grande semplicità, “come sacrestana nella chiesa di San Michele, lavando, spazzando e pulendo la chiesa con l’aiuto di un solo assistente”. I suoi sogni per la congregazione prevedevano “la creazione di un ostello come fonte di reddito” per sostenere attività come l’istruzione delle ragazze salvate, “i nostri orfanotrofi e la loro amministrazione”. I lavori, spiega suor regina, “erano iniziati ma non sono ancora terminati per mancanza di fondi”. Suor Mary “voleva anche costruire una biblioteca per gli alunni nella scuola primaria di Usratuna, a Juba. Ci auguriamo che tutto questo venga realizzato in sua memoria”.
Suor Regina e il sogno di una clinica ostetrica
Suor Regina Roba, ricorda poi suor Achan, si era formata come infermiera prima a Kampala, in Uganda e poi a Khartoum, in Sudan, e “aveva lavorato come infermiera e ufficiale sanitario in diverse località del Sudan meridionale. Al momento della sua morte, era tutor e formatrice di infermiere presso il Catholic Health Training Institute di Wau”. Il suo sogno, racconta “era quello di costruire un centro per la maternità a Giuba. Speriamo, con l’aiuto di buoni samaritani, di costruire una clinica ostetrica in sua memoria”. Per onorare le suore, l’Arcidiocesi di Giuba ha dichiarato la chiusura di tutte le istituzioni ecclesiastiche per una settimana, celebrando messe quotidiane per loro. Le suore sono state sepolte nel cimitero di Rejaf, a sud di Giuba.
Dal Sudan don Luka: un unico popolo di Dio
Il sacerdote sudanese don Luka Hassan Arnu, della diocesi El Obeid, che parla al Papa prima di suor Regina, ricorda di essere venuto a Giuba insieme ad altri confratelli “per adorare il Signore e per celebrare l’unità del popolo di Dio di questi due Paesi fratelli”. E assicura a Francesco che in Sudan e in Sud Sudan “nonostante la convivenza con la guerra civile e con tutti i danni conseguenti, la Chiesa non ha mai smesso di svolgere il suo ruolo sacerdotale, profetico e pastorale”. Attraverso le istituzioni pastorali, sanitarie ed educative, “la Chiesa coordina e offre servizi al prossimo, nonostante le risorse limitate”.
“Dio tocchi i cuori per una pace duratura”
Don Luka ricorda le molte sfide che affronta la Chiesa dei due Paesi fratelli, unita in un’unica conferenza episcopale, la Scbc (Sudan Catholic Bishops’ Conference), guidata dal vescovo della sua diocesi, monsignor Yunan Tombe Trille Kuku Andali. “L’ateismo sistemico, l’indifferenza verso le pratiche religiose – scandisce il sacerdote – i conflitti tribali e gli scontri per le terre e le altre risorse naturali, la fame, i servizi sociali scadenti a causa della carenza di cibo, i prezzi elevati, la mancanza di lavoro e i salari inadeguati”. Tutto questo, sottolinea, “è dovuto alla prolungata guerra civile e alla mancanza di volontà da parte dei nostri leader politici di collaborare per la pace”. E chiude la sua testimonianza con una preghiera al Signore, perché possa “con questa storica visita, toccare i cuori sudanesi e portarci una pace duratura”. E invoca l’intercessione della Santa Vergine Maria, Regina della Pace, e di Santa Giuseppina Bakhita, nata nel Sudan occidentale e morta a Schio, nel vicentino.