Esce domani il nuovo numero del mensile de L’Osservatore Romano dedicato alla ricorrenza dell’8 marzo. In una intervista la scrittrice italiana chiede più scuole per tutti, più ricerca, più consapevolezza storica: “Da sempre sono questi gli strumenti per l’emancipazione, anche di quella femminile”
Donne Chiesa Mondo
Dacia Maraini, quale è il diritto umano più violato, negato, meno rispettato, delle donne africane?
È difficile parlare di diritti in società tribali dove i diritti si misurano sulla tradizione. Ma intanto comincerei col dire che non si può parlare delle donne africane in senso generale. Nei paesi africani in cui esistono delle leggi, una Costituzione riconosciuta, un sistema di Istituzioni che bene o male funzionano, i diritti negati alle donne sono simili a quelli di tanti altri paesi del mondo, ovvero mancanza di parità sul lavoro, mancanza di accesso agli studi superiori, mancanza di rispetto e di considerazione durante i processi, mancanza di cure appropriate negli ospedali.
La violenza sulle donne in Africa assume diverse forme: stupro, maltrattamenti fisici e psicologici, matrimoni forzati, combinati o precoci, morti a causa di parto, negato accesso allo studio, mutilazioni genitali femminili. Quale è secondo lei lo strumento peggiore di sottomissione?
Direi che lo strumento di repressione più grave sta nelle mutilazioni genitali, perché avvengono su bambine non ancora consapevoli e perché è irrimediabile. Ma tutte le altre forme di repressione sono odiose e gravissime per la crescita e la libertà femminile. Per secondo comunque metterei l’impedimento agli studi che toglie alle bambine la possibilità di prendere coscienza dei loro diritti. Non a caso in tutti i paesi dittatoriali si nega il diritto allo studio alle donne. Una donna che acquisisce strumenti di giudizio e di analisi è più difficile da controllare.
A quali strumenti internazionali e nazionali si può fare riferimento per l’eliminazione della mutilazione genitale femminile?
Come sempre le leggi nascono dalla cultura. La mutilazione genitale è una usanza antichissima, precedente alla religione mussulmana. E nasce da un bisogno di assoggettare le donne a un potere patriarcale. Andrebbe fatta una campagna che punti sulla conoscenza storica del problema e poi sui diritti civili. Ma è un gatto che si mangia la coda, perché se non c’è consapevolezza, saranno le donne stesse, come succede anche ora, a pretendere di applicare le antiche regole repressive nei confronti delle donne. Alcune amiche australiane mi hanno raccontato di una rete di donne africane immigrate che praticavano la mutilazione genitale sulle bambine, considerandolo un dovere ancestrale. Per fortuna qualcuna ha protestato e così il caso è venuto fuori.
Quali sono le sfide dell’uguaglianza di genere in Africa?
Come ho detto, è difficile parlare dell’Africa in generale. L’Africa è fatta di tanti paesi e non tutti sono uguali. C’è una Africa mussulmana che spesso ha preso e riprodotto le antiche usanze tribali trasformandole in leggi, c’è un’Africa cristiana che sta più attenta ma non si esime dal sincretismo che spesso fa danni. C’è una Africa pagana che si appropria della tecnologia più avanzata senza però rinunciare alle antiche usanze repressive, non solo nei riguardi delle donne ma anche degli uomini, come la schiavitù, il commercio di corpi umani, ecc.
In che modo la cultura influisce sulla disuguaglianza di genere in Africa?
Come ho già detto il male viene dall’idea che ci si possa appropriare dei progressi tecnologici senza tenere conto e senza puntare su una educazione al rispetto dell’altro, alla pratica della democrazia e al rispetto dei diritti civili per tutti. Queste sono conquiste culturali e troppo spesso vengono trascurate ritenendo che la modernità venga dal possesso di denaro, di armi e di potere
Cos’è il femminismo afro?
Sinceramente non saprei. Non conosco abbastanza le situazioni dei vari paesi. Ma direi che tutte le donne, quando sono private dei loro diritti se ne rendono conto, anche se non lo esprimono a parole. Il disagio è riconoscibile nelle loro malattie dello spirito. Ma chi si occupa dei mali spirituali delle donne?
Si può parlare di un femminismo diverso a seconda delle regioni geografiche?
Il femminismo non dovrebbe dividere ma unire. Ciò che fa la differenza naturalmente sono le condizioni storiche e sociali. Ma la libertà non conosce né religioni né ideologie. Una donna che non dispone di libertà di pensiero, di parola, di movimento lo sa. Perfino un uccellino in gabbia sa cos’è la libertà: uscire da quella gabbia che non dà diritto di volo. L’uccellino non sa dirlo perché non ha la parola, ma lo sa. Così anche la donna più ignorante e più inconsapevole, sa quando le viene impedito di essere libera nel pensiero, nella parola, nel movimento.
Quali sono i principali problemi che il movimento africano per i diritti delle donne sta cercando di risolvere?
Credo che sia un grande carico culturale che si è preso sulle spalle. E io sono grata al movimento che affronta questi problemi con generosità e intelligenza storica.
Che impatto ha avuto il colonialismo sui ruoli delle donne nella società africana?
Il colonialismo è stato un male perché era finalizzato ad appropriarsi dei beni dei paesi ricchi di materie prime. E ha peccato gravemente nel non occuparsi di creare condizioni di vita accettabili, come strade, pozzi, scuole, ospedali. Eppure, senza volerlo, attraverso i suoi intellettuali qualcosa delle conquiste sui diritti civili sono passati per via culturale. Ripeto: io non credo che ci siano paesi civili e altri non civili. Credo che le vicende della emancipazione vadano viste in senso storico. Non c’è dubbio che la storia dell’umanità comincia in Africa e nei tempi preistorici l’Africa era all’avanguardia in tutti i sensi. Poi è caduta in una specie di sonno storico che l’ha portata verso la povertà, lasciando che le nuove conquiste avvenissero in altri paesi. E bisogna dire che i paesi più ricchi e avanzati tecnologicamente ne hanno approfittato per depredare le ricchezze africane.
Quali erano, prima, i diritti delle donne in Africa?
I diritti cambiano secondo le condizioni di vita. In una tribù che per sopravvivere deve cacciare e praticare il nomadismo, i diritti saranno quelli stabiliti dalle dure leggi della sopravvivenza. Nonostante questo penso che le donne africane nei tempi precedenti al colonialismo avevano più diritti di quanti ne abbiano eliminati i regimi di potere venuti da fuori. In molte società africane c’era una forma di matriarcato, basato sulla forza simbolica della maternità. La donna dava la vita e quindi era considerata sacra e divina. Questo certamente si perso con l’ingresso del colonialismo.
Come si può ridurre la disuguaglianza di genere in Africa?
Solo con la cultura. Più scuole per tutti, più ricerca, più consapevolezza storica. Sono questi da sempre gli strumenti della emancipazione dei popoli. Anche di quel popolo considerato di minoranza ma non lo è, che è il popolo femminile.
Cosa scriverebbe in una lettera a una bambina africana?
Scriverei così: Cara bambina africana, vorrei che tu fossi felice e per questo direi che prima di tutto devi essere libera dalla fame e dalla miseria. Se riuscirai a liberarti dalla miseria, ti dico: insisti per il tuo diritto all’istruzione. Perché studiando e informandoti capirai meglio i tuoi diritti e saprai combattere per ottenerli. Fidati della tua forza morale e intellettuale, non ti fare influenzare da chi ti dice che sei inferiore, che non sei capace di pensare con la tua testa o di chi ti dice di coprirti perché il tuo corpo, i tuoi capelli sono fonte di tentazione. Pensa che la tua libertà è la libertà di tutti. Non avere paura, se lo vuoi, sei capace di imporre la tua dignità e il tuo bisogno di giustizia. Il futuro è tuo, bambina cara, non te lo lasciare strappare dalla mani. Con tutto il cuore. Dacia Maraini.