Marco Guerra – Città del Vaticano
Importante passo in avanti per il ritorno degli Stati Uniti nell’accordo sul nucleare con l’Iran siglato nel 2015. Martedì prossimo a Vienna, una delegazione dell’amministrazione Usa parteciperà ai colloqui, in presenza, di tutti i Paesi firmatari. Secondo le diplomazie internazionali coinvolte la strada è quella giusta, ma è ancora lunga da percorrere. Ci sono inoltre da superare le resistenze interne di Washington e Teheran.
Una svolta importate
La presenza di una delegazione americana è stata accettata da tutti i partecipanti firmatari dell’intesa, ovvero Cina, Francia, Germania, Russia, Regno Unito e Iran. Tuttavia Teheran ha precisato subito che non ci sarà alcun colloquio diretto con gli americani. L’ipotesi, quindi, è che si procederà con negoziati indiretti e multilaterali, con Mosca già propostasi come mediatrice. Si tratta comunque di una svolta importante. Bisogna infatti ricordare che la precedente amministrazione statunitense nel 2018 era uscita da questo accordo firmato appena tre anni prima e aveva ripristinato tutte le sanzioni contro l’Iran, che ha sua volta aveva iniziato a liberarsi di molte restrizioni sul suo programma nucleare.
Il ritorno agli impegni del 2015
In Austria si inizierà quindi a parlare di una possibile road map coordinata verso il ritorno graduale di Stati Uniti e Iran ai rispettivi impegni. Due gruppi di lavoro studieranno gli aspetti pratici della revoca delle sanzioni e del ritorno dell’Iran alla piena attuazione dei suoi obblighi sul nucleare. Parallelamente saranno condotte discussioni indirette tra Stati Uniti e Iran attraverso il team del capo della diplomazia UE, Josep Borrel, il quale ha dichiarato che “l’obiettivo è un accordo per il ritorno degli Stati Uniti nei prossimi due mesi, prima delle elezioni presidenziali in Iran”. Secondo alcuni analisti sul cambio di strategia degli Stati Uniti ha pesato l’avvicinamento cinese all’Iran, dopo la recente firma di un accordo di cooperazione per 25 anni tra Pechino e Teheran.