Parte la regata di kitesurf sulla costa della regione tanzaniana. L’evento sportivo no profit riunisce 20 atleti di 9 nazionalità diverse che si sfideranno tra le onde dell’Oceano Indiano con un obiettivo: la conoscenza tra i popoli
Gianmarco Murroni – Città del Vaticano
Affrontare le onde come si affrontano le difficoltà della vita: con decisione, fermezza, sperando sempre che il vento sia a favore. E se i venti sono forti come i monsoni che soffiano sulle acque di Kiwengwa, è necessario essere ancora più concentrati. Tutto pronto in Tanzania per la Zanzibar Cup 2024, la regata di kitesurf che sabato 10 febbraio riunirà 20 atleti provenienti da 9 Paesi diversi, con età compresa tra i 17 e i 77 anni. In una gara all’insegna della competizione sportiva, ma, soprattutto, della fratellanza. Come racconta Stefano Conte, medico chirurgo infantile per anni volontario in Africa e tra gli organizzatori dell’evento: “Lo scopo è un incontro tra popoli in terra d’Africa, una commistione di persone che arrivano da tutto il mondo, accumunati dalla passione per lo stesso sport. La manifestazione, in qualche modo, rappresenta un messaggio di pace”.
Il kitesurf
Sport recentemente inserito tra le discipline olimpiche, il kitesurf consiste “nel farsi trascinare in mare mentre si è in piedi su una tavola – spiega Conte – Questa può essere monodirezionale o bidirezionale ed è trainata da una sorta di aquilone, collegato a 20 metri di distanza con delle corde al corpo degli atleti. Questo tipo di sport può essere suddiviso in varie specialità: il freestyle, dove i ragazzi si dilettano a fare dei salti spettacolari, assumendo delle figure di vario tipo; la specialità della velocità; e poi c’è la possibilità di fare delle gare, come questa, in perfetto stile velistico. Sarà una regata con un classico triangolo olimpico per vedere chi alla fine arriverà primo”.
Sport in Tanzania
L’evento è organizzato ufficialmente dallo Sports Council di Zanzibar, patrocinato dal Governo di Zanzibar, Ministero per il Turismo, Ambasciata d’Italia in Tanzania e Ambasciata di Tanzania in Italia. “Io do una mano perché sono esperto del settore – specifica Stefano Conte – Aiuto a dirigere la manifestazione per fare in modo che la regata raggiunga la massima risonanza”.
Volontariato in Africa
Ma l’aiuto del chirurgo non si ferma all’organizzazione della Zanzibar Cup: “Nel mio piccolo ho sempre cercato di dare una mano a tantissime persone, tant’è che sull’isola mi conoscono tutti come ‘il dottore’, anche se attualmente non esercito. Mi reco in Tanzania soprattutto per passare del tempo in maniera gradevole, ma se c’è bisogno io sono sempre a disposizione. Ho vissuto tante situazioni diverse: ricordo, ad esempio, l’episodio di un bambino che si era presentato con un’ustione alle gambe perché la madre l’aveva lasciato troppo vicino al fuoco. Lo curai, successivamente rimproverai in maniera decisa la madre: lì i bimbi hanno una libertà maggiore rispetto a Paesi come il nostro, ma è importante anche la sorveglianza. I bambini sono la cosa più importante e devono essere salvaguardati”.