Spagna, la Giornata dell’infanzia missionaria nel segno della luce

Vatican News

Roberta Barbi – Città del Vaticano

“Luce nel mondo”: quella che portano i bambini nascendo, ma anche quella che portano i missionari, con la loro opera, ai piccoli più fragili che vivono nei Paesi poveri, i territori di missione in cui da anni la Chiesa è presenza materna e costante. Ed è, quest’anno, anche il motto della Giornata dell’Infanzia missionaria che in Spagna si celebra oggi, domenica 16 gennaio, proprio per aiutare il proseguimento del lavoro dei missionari accanto ai bambini.

Infanzia missionaria: strumento della Chiesa in missione per i bambini

“L’Infanzia Missionaria non è una ong che fa cose belle per i bambini, è lo strumento della Chiesa per i territori di missione per avere i mezzi per curare i bambini nelle missioni”, ha spiegato José María Calderón, il direttore in Spagna delle Pontificie Opere Missionarie (Pom). Questa iniziativa, nata nel 1984, è stata una sorta di pioniere nella difesa dei bambini: è arrivata, infatti, prima della Dichiarazione di Ginevra sui diritti dell’infanzia. “La Chiesa è avanti, l’attenzione ai bambini è sempre stata molto importante”, ha detto ancora il direttore. Calderón ha, poi, spiegato che grazie ai fondi raccolti da Infanzia missionaria è possibile sostenere progetti di evangelizzazione, educazione e salute rivolti ai più piccoli e alle loro madri, affinché possano nascere, crescere con dignità, mangiare e studiare. Dalla Spagna, lo scorso anno, sono stati inviati quasi due milioni di euro che hanno raggiunto più di 300mila minori in 34 Paesi. “Per molti bambini, l’unico posto dove trovano una casa è la Chiesa”, ha concluso.

Infanzia rubate: la testimonianza di una missionaria

A presentare la Giornata dell’infanzia missionaria 2022 e a spingere a donare, anche la testimonianza di Sofía Quintans, che si occupa delle migliaia di minori rifugiati venezuelani che arrivano in Spagna e trovano accoglienza, sicurezza e futuro nei missionari. La missionaria, francescana della Madre del Divin Pastore a Boa Vista, da tre anni dove nell’Operazione Benvenuto risponde all’emergenza umanitaria, ha raccontato come la Chiesa accompagni i rifugiati venezuelani che arrivano in Brasile, molti dei quali sono bambini. La missione si svolge in coordinamento con lo Stato, l’Onu e le varie ong che si occupano di migranti e rifugiati. A Boa Vista ci sono 13 campi, con 700-1000 persone ciascuno, dove i rifugiati sono temporaneamente ospitati in modo che possano integrarsi nella vita normale. “I venezuelani portano uno zaino carico di molta sofferenza – ha spiegato – i bambini sono appesantiti dallo stress dei loro genitori, sono spugne. Vivono un’infanzia rubata, vogliono giocare ma non possono. Per questo motivo cerchiamo di creare spazi sicuri per loro in modo che possano continuare a giocare e imparare”.

Le storie di Michelle e di Iscar

La missionaria Sofía Quintans ha raccontato la storia di Michelle, una ragazza che voleva studiare, ma non poteva perché doveva lavorare a un semaforo. Tuttavia, c’è anche una speranza: Iscar, una ragazza arrivata da sola all’età di 16 anni, che ha potuto laurearsi per iniziare una nuova vita e perdonare il fratello che l’aveva maltrattata. “Per noi non sono un numero, l’essere umano è al centro, Dio non dimentica nessuno”, ha ricordato. Ai drammi legati al traffico di bambini, ai rapimenti di minori finalizzati al traffico di organi e allo sfruttamento sessuale, ora si è aggiunta la pandemia. Dopo la chiusura delle frontiere a causa del Covid, però, i venezuelani hanno continuato a passare illegalmente ed è molto difficile documentarli e accoglierli. Ma il Covid è solo uno dei problemi: “La gente arriva con la tubercolosi, malnutrizione – spiega Quintans – ci sono così tante situazioni che fanno altrettanta paura”.