Anna Poce – Città del Vaticano
“Il numero di giornalisti detenuti a causa del loro lavoro non è mai stato così elevato da quando RSF ha iniziato a pubblicare il suo bilancio annuale nel 1995”. È quanto si legge sul portale di Reporter Senza Frontiere, in occasione del lancio del rapporto che raccoglie dati, dall’1 gennaio all’1 dicembre di quest’anno, su violenze e abusi perpetrati contro giornalisti – professionisti e non – e operatori dei media.RSF rileva una eccezionale ondata di detenzioni arbitrarie – il 20% in più rispetto all’anno scorso -, principalmente in tre Paesi: il Myanmar, dove l’esercito ha ripreso il potere con un colpo di Stato l’1 febbraio 2021; la Bielorussia, che ha vissuto una grave repressione in occasione della contestata rielezione di Alexander Lukashenko nell’agosto 2020; la Cina, per la sua stretta su Hong Kong con l’introduzione della legge sulla sicurezza un anno fa, che ha scatenato rivolte.
Le cifre del rapporto
Il bilancio registra anche un aumento delle giornaliste in carcere, 60 – mai così tante -, il 33% in più dello scorso anno. Ad avere il maggior numero di detenute – 19 – è la Cina, che risulta essere, con 127 giornalisti reclusi, il Paese con più operatori dell’informazione privati della loro libertà personale, per il quinto anno consecutivo. La classifica dei Paesi con più di giornalisti in carcere vede, dopo la Cina, il Myanmar (53), cui seguono Vietnam (43), Bielorussia (32) e Arabia Saudita (31). Secondo il segretario generale di RSF, Christophe Deloire, questo numero così elevato di reporter in detenzione non è che “un riflesso del rafforzamento del potere dittatoriale in tutto il mondo, di un accumulo di crisi e della mancanza di scrupoli da parte di questi regimi”. Deloire aggiunge che “potrebbe anche essere il risultato di nuove relazioni di potere geopolitico in cui i regimi autoritari non sono sottoposti a pressioni sufficienti per frenare le loro repressioni”.
Cala il numero di giornalisti uccisi
Tuttavia, grazie al calo dell’intensità dei conflitti in Siria, Iraq e Yemen e alle campagne delle organizzazioni per la libertà di stampa – tra cui RSF – che si sono adoperate per l’attuazione di meccanismi internazionali e nazionali volti a proteggere i giornalisti, il bilancio dei reporter uccisi mentre svolgevano il loro lavoro è più basso: nell’arco di quest’anno sono 46 assassinati. Una cifra per la prima volta sotto i 50, negli ultimi 20 anni. Il rapporto di RSF sottolinea, infine, che Messico e Afghanistan restano i due Paesi più pericolosi per gli operatori dell’informazione, rispettivamente con 7 e 6 omicidi. Yemen e India condividono il terzo posto con 4 giornalisti uccisi.