Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Il terrorismo torna a colpire in Somalia e mette in evidenza le debolezze di una situazione sociale e politica da almeno tre decenni fortemente instabile. Ieri un attentatore suicida si è fatto esplodere vicino ad un gruppo di reclute che erano in fila davanti ad un campo militare a est di Mogadiscio per essere arruolate. Si trattava di tutti giovani di età compresa tra i 20 e i 27 anni.
Un Paese ancora nel caos
Finora non c’è stata alcuna rivendicazione per l’attentato, il più sanguinoso compiuto nella capitale somala da 18 mesi. La pista più probabile è quella degli Al-Shabaab, il gruppo armato jihadista vicino ad Al Qaeda, che da tempo imperversa nel Paese contro civili, obiettivi sensibili e sedi istituzionali. I miliziani anche in passato hanno preso di mira alberghi e posti di blocco. 81 persone hanno perso la vita a causa dell’esplosione di un’autobomba suicida proprio in una postazione di controllo del centro di Mogadiscio nel dicembre 2019, mentre l’ultimo grande assalto ad un hotel risale all’agosto 2020. In quell’occasione vennero uccise 11 persone. Gli Al-Shabaab hanno iniziato la loro attività armata nel 2006 e tutt’ora controllano una vasta parte del territorio somalo.