Andrea De Angelis – Città del Vaticano
L’Hotel Afrik, preso d’assalto ieri pomeriggio, si trova sulla strada per l’aeroporto internazionale di Mogadiscio ed è un popolare luogo di incontro per politici, legislatori e membri dei servizi di sicurezza. Secondo il portavoce del ministero dell’Informazione somalo, Ismael Mukhtar Omar, durante l’attacco sono stati uditi numerosi colpi d’arma da fuoco e alcune esplosioni. Almeno nove le vittime, di cui cinque civili. L’attacco è stato rivendicato dagli integralisti somali al Shabaab.
Il bilancio dell’attentato
Secondo le autorità, sono cinque i civili ad aver perso la vita e 18 i feriti. Fonti locali parlano però di almeno 9 vittime, di cui 4 militari, mentre, secondo l’agenzia spagnola Efe, il bilancio quest’oggi è salito a 15 morti e una decina di feriti. Tra le vittime figura Mohamed Noor Galal, un ex alto generale dell’esercito, mentre tra i feriti ci sarebbero alti funzionari del governo federale e regionale insieme con agenti di sicurezza. Ad evitare che i numeri fossero più drammatici è stata l’evacuazione degli ospiti della struttura alberghiera.
Le elezioni
Il mese di febbraio era già dallo scorso autunno segnato in rosso. Le elezioni in Somalia erano previste inizialmente a novembre 2020, ma sono state rimandate per la difficoltà a trovare un accordo tra il governo federale e gli Stati regionali. Alla fine di una lunga trattativa tra le parti, è arrivata una decisione che ha lasciato però perplessi diversi esperti del Paese: le elezioni si svolgeranno partendo dalla vecchia legge elettorale, su base clanica e non sempre garante di trasparenza e reale rappresentatività. A non nascondere preoccupazione e perplessità, nell’intervista a Vatican News, è anche Angelo Masetti, portavoce del Forum Italia-Somalia. “Stiamo assistendo da mesi – afferma – ad una sorta di tutti contro tutti”.
Le sfide
Il Paese è alle prese con la pandemia di Covid-19, ma è stato afflitto di recente anche da alluvioni, siccità e dall’invasione di locuste. Sono circa un milione i rifugiati presenti sul territorio nazionale che hanno cercato riparo in altri Stati. Oltre due milioni e mezzo sono gli sfollati interni, mentre 850 mila bambini sotto i 5 anni hanno bisogno di supporto nutrizionale. Secondo Masetti, il problema è però innanzitutto politico. “Oggi abbiamo un governo centrale che ha difficoltà a dialogare con gli stati autonomi di cui è composta la federazione somala. Le prossime elezioni presentano difficoltà di svolgimento e questo – sottolinea – va molto al di là delle sfide poste dalla natura”.
Il contesto geopolitico
Ad incidere sulla minaccia terroristica, secondo Masetti, è anche il recente contesto internazionale. L’ex presidente statunitense Donald Trump negli scorsi mesi ha annunciato il ritiro dei soldati americani presenti in Somalia, mentre le vicine forze etiopiche sono sempre più concentrate sui problemi interni ad Addis Abeba, a cominciare dal conflitto nel Tigray. “Questo incide moltissimo: avere 700 soldati americani e 4 mila militari etiopi in meno sul terreno significa – conclude – indebolire la capacità del governo somalo di contenere la forza del terrorismo”.