Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Sono almeno dieci i civili rimasti uccisi nell’attacco all’Hotel Hayat di Mogadiscio in Somalia. L’azione è stata rivendicata già la scorsa sera da al-Shabaab, gruppo terrorista legato ad al-Qaeda. Gli assalitori hanno cercato di impossessarsi della struttura alberghiera, finendo però asserragliati in una delle camere sotto l’assedio delle forze di sicurezza somale, che sono riuscite a portare in salvo decine di ospiti dell’albergo. Tra i feriti risulterebbe anche il capo dei servizi segreti somali. Si tratta dell’attentato più grave dall’elezione ai primi di maggio del nuovo presidente somalo, Hassan Sheikh Mohamud.
L’attacco all’Hotel Hayat
Le forze di polizia somale assicurano di avere ripreso il controllo della struttura alberghiera, ma fino all’alba di oggi testimoni riferivano di esplosioni e sparatorie ancora in corso. Il numero delle vittime come sempre in questi casi è da considerarsi provvisorio. Di certo c’è che una delle principali esplosioni all’inizio dell’attacco è stata provocata da un kamikaze lanciatosi contro la struttura esterna dell’albergo. Di seguito l’assalto lanciato dai miliziani con granate e fucili d’assalto. Immediata la reazione delle forze di sicurezza somale che sono riuscite a circoscrivere l’area dell’attacco e ad evacuare l’Hotel Hayat.
Governo somalo e USA alleati contro il terrorismo
Nonostante la sconfitta del 2011, che ha costretto il gruppo qaedista a ritirarsi da Mogadiscio e a riparare nell’entroterra della Somalia, al Shabaab è ancora fortemente radicato nelle aree rurali del Paese e si è reso responsabile alcuni mesi fa di diverse operazioni al confine con l’Etiopia. Un’attività terroristica diretta a destabilizzare una regione già sottoposta a forti tensioni per il conflitto in corso in Tigray e i massicci flussi di profughi che questo ha generato. Di qui la decisione da parte del governo somalo e di quello statunitense di bombardare mercoledì scorso alcune basi di al-Shabaab a nord di Mogadiscio; e l’attentato contro l’Hotel Hayat può essere letto come una possibile risposta all’offensiva antiterroristica. A maggio, il presidente Biden ha deciso di rafforzare la presenza militare in Somalia su richiesta del Pentagono proprio per contrastare il rafforzamento del terrorismo nella regione.
Tentativi di dialogo
La ripresa delle violenze avviene nonostante il presidente Mohamud e il primo ministro somalo alla fine di luglio si siano detti pronti al dialogo con al-Shabaab nel momento in cui abbandoneranno la lotta armata che da 15 anni conducono contro lo Stato somalo. Per il presidente Hassan Cheikh Mohamoud, al-Shabaab non potrà essere sconfitto con un approccio esclusivamente militare, anche se ha specificato che il suo governo non intavolerà nessun negoziato formale con il gruppo armato fino a quando i tempi non saranno maturi. Tuttavia, già all’inizio d’agosto il primo ministro Hamza Abdi Barre ha nominato come ministro per gli affari religiosi proprio uno dei fondatori del gruppo islamico radicale di al Shabaab, dal quale si era pubblicamente dissociato nel 2017.