Solo per grazia di Dio non sono al suo posto

Vatican News

di Dale S. Recinella

La incontro per la prima volta a Louisville, in Kentucky, nei pressi del mio vecchio college. Sono lì per l’assemblea annuale della Coalizione Nazionale Contro la Pena di Morte negli USA. Sto ancora radunando le mie carte e gli appunti sul palco, dove ho appena concluso una conferenza di tre ore sul rapporto tra pena di morte nella Bibbia e negli Stati Uniti, quando lei si avvicina silenziosamente dal fondo della stanza.

“Grazie, Fratello Dale, per andare a far visita al mio uomo.”. È vestita con buon gusto e modestia, ha un’aria professionale e sorride calorosamente.

“Prego, signora, e grazie per aver voluto condividere la vostra storia con questo pubblico. Il suo discorso è stato avvincente.”, ricambio il suo calore.

“Permetta solo che le dica che sono al corrente di tutte le limitazioni a cui deve sottostare per avere l’autorizzazione a far visita ai condannati.”, continua, “Grazie della sua accettazione di tutto questo pur di riuscire ad essere lì per loro.”

“Sì”, rido piano, “e lo stato mi sorveglia come un falco. Il fatto che sono un avvocato li innervosisce.”

“Ma lei non esercita diritto penale, vero?”

“Di fatto, non esercito più alcun tipo di diritto. Ho un patto in essere con lo stato della Florida: non dovrò esercitare la professione di avvocato in alcun campo, fino a quando andrò a far visita ai condannati a morte.”

“E questo le sta bene?”, sembra un po’ stupita da questa trattativa sbilenca a cui sono stato assoggettato.

“Nessuno mi ha chiesto se mi andava bene. Mi hanno chiesto se l’avrei messo in atto nella vita. Se dicessi ‘no’ sarei espulso dalle prigioni.”

“Beh, certamente non vogliamo che questo accada. Quegli uomini hanno bisogno di lei.”

“Grazie per le sue parole, e ancora di più, grazie per il sostegno consistente e costante che dà al nostro uomo.” Capisco dalla sua risposta timida ma visibile, che nessuno tranne il suo uomo le ha mai riconosciuto questi meriti. È davvero difficile essere innamorati di un condannato a morte.  Per lo più il mondo non ha idea di come sostenerti emotivamente nel tuo amore.

Molti anni dopo, in una fredda mattina di autunno nel nord della Florida, rispondo al telefono di casa. È la signora gentile con cui avevo parlato a Louisville. Adesso è sposata con il suo uomo condannato a morte, che va a trovare ogni mese. Mi chiama per darmi orribili notizie.

Suo marito ha continuato gli incontri pastorali con me nel braccio della morte. È stato battezzato e cresimato, come lo era stata sua moglie da giovane. Oltre ad approfondire la sua spiritualità, cerco di prepararlo alla sua probabile esecuzione o alla morte per cause naturali. Sua moglie è stata fedele alla promessa di non contattarmi se non per una questione di vita o di morte. Adesso mi chiama a casa. Questa sarà una telefonata difficile.

“Buongiorno, Fratello Dale”, sussurra dolcemente. Scambiamo alcune parole di circostanza, ma sto preparandomi a sentire che lui è morto nella notte. Invece, il motivo della sua chiamata è ancora più scioccante.

“Sarei dovuta andare a trovarlo questo fine settimana, ma non sto abbastanza bene per viaggiare.”

“Ma certamente riprenderà a fargli visita appena starà meglio, vero?”

C’è una lunga pausa mentre cerca di raccogliere il coraggio per dirmi la verità. Quando riprende a parlare, lo fa tra lacrime e singhiozzi.

“Non ci sarà nessun miglioramento, Fratello Dale.” Mi descrive la sua diagnosi terminale. Riconosco dalla descrizione che si tratta di un male estremamente aggressivo. Adesso tocca a me soffocare la mia emozione per riuscire a parlare.

“Quanto tempo? Quanto tempo di vita le danno i medici?”

“Tre settimane, forse quattro. Ma più probabilmente tre scarse. È arrivato così in fretta.”, mi spiega. “La scorsa settimana ero andata a lavorare lunedì. Martedì non mi sentii bene. Entro giovedì non riuscivo ad alzarmi dal letto. Il giorno dopo mi ricoverarono in ospedale. Adesso sono a casa con l’ossigeno, per poter morire nella mia abitazione, nel mio letto.”

“Oh Signore!”, sto già lottando con l’impatto devastante che tutto questo avrà su suo marito. “Oh Signore! Cosa posso fare per lei e per lui?”

“Non c’è nulla che nessuno possa fare, Fratello Dale. I dottori mi dicono che entro la prossima settimana probabilmente non sarò più in grado di parlare. Già non riesco più a scrivere. Il direttore e il cappellano del carcere hanno organizzato le cose in modo che domani mattina possa parlare con lui al telefono e dirgli addio.” Non ci sono parole, non ci sono urla a riempire il silenzio, mentre tace per consentirmi di assimilare queste notizie.

“Per favore, Fratello Dale, potrebbe fare in modo di andare a trovarlo domani davanti alla sua cella nel braccio della morte? Deve già affrontare tanto dolore riguardo alla sua condizione terminale, che le catene e le manette necessarie per una visita pastorale sono una tortura. Il mio medico sta inviando un fax con la diagnosi al direttore del carcere perché possa verificare l’autenticità della mia situazione, così sapranno che è tutto legittimo. Il cappellano ha detto che se lei può chiamarlo per organizzare questa visita speciale davanti alla cella di mio marito, lui inoltrerà la richiesta al direttore per l’approvazione, ma solo dopo che avranno ricevuto il fax dal mio medico.”

“Glielo chiederò immediatamente.”

“Grazie, Fratello Dale, e grazie per tutto ciò che ha fatto per noi e per gli altri.” Prima che possa rispondere, continua: “Addio per ora. Spero di rivederla in Paradiso.”

“Addio per ora, ma mi permetta di recitare una preghiera per lei e per lui prima di chiudere la telefonata.” Mentre guido questa santa donna nella mia ultima preghiera con lei, sento la mia voce come se provenisse da una stanza lontana.

Decido che è meglio presentare la mia richiesta al Cappellano del carcere di persona. Il percorso in auto di 25 chilometri mi consente di raccogliere le mie idee e di pregare per riuscire a sentire anche le idee di Dio. Non ci sono distrazioni lungo il nastro di strada a due corsie chiamato Autostrada 121. Parte da un isolato a est di casa nostra e passa a 3 chilometri dal carcere sull’Autostrada 16. Lungo tutto il tragitto ci siamo solo io, le mucche e i pini. E, mi auguro, una scorta di angeli che accompagnano i viaggiatori, scorta per la quale io e Susan preghiamo ogni mattina.

Il momento in cui viene notificata una morte a un detenuto può essere molto precario, e, in alcuni casi, pericoloso. Bisogna essere preparati a tutto, perché nessuno può prevedere come reagirà un uomo all’orribile notizia che una persona amata è scomparsa. Quando si tratta di un trapasso improvviso e non previsto, il trauma del messaggio è tanto più devastante.

Il Cappellano sta aspettandomi. Lo incontro nell’edificio dell’amministrazione e ci accomodiamo insieme nell’ufficio del Vice Direttore del carcere, che supervisiona tutto ciò che riguarda la cappella del braccio della morte. Entrambi mi raccontano spontaneamente la loro esperienza riguardo alla signora che avevo incontrato a Louisville.

“E’ una persona super e molto brillante”, il cappellano scuote il capo come se questo movimento potesse aiutarlo ad assorbire il colpo. “Non ha mai dato il benché minimo problema. Anzi chiede sempre come può essere di aiuto.”

“E suo marito è uguale,” anche il direttore scuote il capo. È incredibile che entrambi stiano morendo e che nessuno dei due possa viaggiare per stare con l’altro.” Mi guarda: “Fratello Dale, la notifica al detenuto della morte imminente e della telefonata è programmata per le 11 del mattino. La sua visita davanti alla cella del detenuto dovrà avvenire dopo questo, ma prima dovremo svuotare i carrelli del pranzo.”

“Nessun problema signore. Mi presenterò alla sicurezza del Cancello 5 alle 13. La guardia al cancello mi conosce bene e può lasciarmi stare lì fino a quando il Comandante del Braccio della Morte le dirà che posso andare.”

“Il marito si trova nell’ala 4 al piano di sotto, quarta cella del corridoio.” Smette di parlare e scuote nuovamente il capo. “Il Cappellano ed io gestiremo la telefonata con la moglie in una stanza delle interviste nel braccio della morte. Non sarà piacevole per me, ma francamente, Fratello Dale, non vorrei essere nei suoi panni. Entro le 13 lui avrà avuto tempo di capire fino in fondo l’orrore della notizia. È sicuro di essere pronto per questo?”

“Per favore ditegli che verrò alle 13. L’ultima cosa di cui quest’uomo ha bisogno dopo che lo incontrerete domani è di avere altre sorprese.”

Il giorno dopo supero i controlli, e il cappellano mi scorta, attraverso il tunnel circondato di filo spinato, fino all’edificio del braccio della morte. Di solito ci sono scambi di battute con ogni persona che incontro e persino saluti urlati dalle celle d’isolamento le cui finestre si affacciano sul tunnel. Oggi niente. Persino i muri dell’edificio sembrano silenziosi. Anche gli uccelli non riescono a trovare l’energia per cantare o cinguettare. L’intero posto è in lutto, penso tra me e me. Quella donna mancherà molto a tutti.

Superiamo i controlli dell’edificio con il braccio della morte. Le guardie sono particolarmente meticolose nel perquisirmi, proprio come quando si va in visita a un condannato nella casa della morte, in attesa dell’esecuzione. Lo capisco. L’ultima cosa che occorre qui è che un volontario religioso fuorviato contrabbandi qualcosa che permetta a un condannato a morte emotivamente sconvolto di suicidarsi.

“Non abbiamo mai avuto problemi con suo marito e abbiamo molto apprezzato la signora.” Il sergente della sala offre parole profonde per questo edificio. “Sono brave persone. Abbia cura di lui, cappellano.”

“Farò del mio meglio, signore.”

Supero il controllo nella sala centrale e vengo scortato al controllo dell’ala dove aspetterò all’ingresso fino a quando non sarò ammesso nel corridoio. Ogni guardia che mi passa davanti offre parole di cordoglio per il detenuto e di ammirazione per la moglie. I chiavistelli elettronici che bloccano la porta di metallo dell’ala 4 al piano di sotto di destra vengono aperti con un rimbombo che risuona dalle profondità delle pareti di cemento. Guardo immediatamente la stazione di controllo al centro dell’ingresso per avere la conferma che il rumore è per me. La guardia all’interno della scatola di vetro antiproiettile mi fa segno di “Sì” con un pollice alzato e un cenno del capo. Apro la porta e metto piede sul corridoio di cemento dell’ala 4 al piano di sotto.

Di solito a quest’ora del giorno la passerella di questo piano è rumorosa di trambusto. Discussioni sulle squadre sportive, battute su star dei media e politici, aspirazioni condivise e amare delusioni sul cibo. Oggi non c’è un suono. Nessun televisore o radio a tutto volume. Nessuna presa in giro. Solo silenzio assoluto mentre la guardia di servizio annuncia la mia presenza.

“Fratello Dale nell’ala!”

Già mentre la porta di metallo pesante si chiude dietro di me, sento un uomo in agonia gridare dalla sua cella: “Fratello Dale… padrino… padrino… Aiutami! Per l’amor di Dio, ti prego, aiutami!”

I detenuti nelle prime tre celle sono ciascuno in piedi in silenzio davanti alla rete nera della loro porta sbarrata. Nessuno parla. Al mio passaggio, abbassano la testa con un rispettoso piccolo cenno del capo. Non è per me, ma per il loro vicino e compagno di lunga data nella quarta cella. Anche qui, all’ombra della casa della morte, la carne consapevole di fronte all’intensa sofferenza di un altro può rendersi conto che ‘solo per grazia di Dio non sono al suo posto’.

Mentre mi avvicino alla sua cella, è prostrato sul pavimento di cemento con la testa che preme contro il fondo della porta. Quando lo incontrai per la prima volta, più di un decennio fa, la sua testa era ricoperta da onde fitte di capelli neri, bruni come i miei. Da allora i miei sono diventati completamente grigi e i suoi molto più radi.

“Oh Dio, fratello Dale, la mia cara moglie sta morendo. Ho dovuto salutarla al telefono e non la rivedrò mai più. Oh mio Dio, oh mio Dio, cosa farò?”

Senza pensarci, mi posiziono istintivamente per essere il più possibile vicino a lui, compatibilmente con questo ambiente tanto restrittivo.

Mi corico sul pavimento del corridoio davanti alla sua cella. La mia statura è abbastanza bassa da consentirmi di sdraiarmi con la faccia davanti alla sua e le suole delle scarpe contro la parete di sbarre d’acciaio sull’altro lato della passerella. E posso allungare le braccia attraverso lo spazio tra le sbarre al di sotto della rete metallica.

Senza scambiare parole, lui accoglie le mie mani tra nelle sue. Il pavimento di cemento è già bagnato di lacrime.

“Preghiamo, caro fratello mio. Preghiamo per la tua amata, preghiamo per noi e perché la grazia e la misericordia di Dio ci permettano di affrontare questa agonia.”

“Non posso pregare! Fa troppo male!”

“Pregherò io ad alta voce per entrambi e tu unisciti a me con il cuore.”

“D’accordo”, soffoca i singhiozzi asciugandosi le lacrime con la manica dell’uniforme carceraria arancione, senza mai lasciare le mie mani.

“Cominciamo con la preghiera che ci ha insegnato Gesù. Padre nostro…”

È stato detto che le preghiere più sincere sono le grida di abbandono a Dio per chiedere aiuto in circostanze terribili. Le nostre preghiere sincere risuonano lungo il corridoio 4 e, attraverso i microfoni e le telecamere nel soffitto, arrivano alle stazioni di controllo della prigione, all’ufficio regionale di Gainesville e all’ufficio centrale di Tallahassee. Non è noto se la carne ascolti le nostre preghiere, ma le Scritture garantiscono che Dio le ascolta e risponde.